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L’unico locale della città dedicato alle persone transgender ha chiuso i battenti. La notizia non sarebbe allegra da nessuna parte, ma è ancor più sorprendente perché arriva da San Francisco, considerata la capitale mondiale della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersex e asessuali). E il locale non era uno qualsiasi, ma il mitico Divas.

Come osserva lo scrittore e fotografo David Steinberg, “il bar, nato come luogo di rifugio e sicurezza per le donne transgender, portava il loro spirito di libertà, verità e indipendenza a chiunque ne varcasse la soglia. Non c’è un altro luogo così né a San Francisco né negli Stati Uniti, oserei dire neppure nel mondo intero”. Al di là del fascino di Divas, elemento che dipende dal giudizio soggettivo, il dato certo, come spiega Alexis Miranda, manager del club, è che ora l’intera California è rimasta senza un locale destinato alle persone trans, mentre in tutti gli Stati Uniti ne sopravvivono appena un paio.

Gentrificazione

Ma Divas andava così male da dover chiudere i battenti? No, tutt’altro. Il problema che ha decretato la fine di uno dei locali trans più importanti del globo ha un nome che sembra – giustamente – quello di una malattia: gentrificazione. Quartieri popolari e operai finiscono nel mirino delle classi più ricche, i prezzi schizzano alle stelle e prima le famiglie più povere, poi quelle della classe media devono abbandonare le proprie case perché non possono più pagarne le spese.

Questa espulsione, a volte più violenta e a volte più “gentile”, non colpisce solo le famiglie, ma anche negozi e locali delle comunità giudicate “indecorose”, come immigrati e transessuali. Sopravvive solo chi ha o fa tanti soldi, il resto finisce spazzato via, e pazienza se erano luoghi favolosi. I proprietari dell’edificio cacciano Divas perché al suo posto nascerà un ristorante chic o una clinica di lusso, comunque un’attività che gli porterà molti più soldi.

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Sesso indecoroso

La stessa sorte probabilmente toccherà anche al più grande sex club per soli uomini di San Francisco, il Blow Buddies, un locale su tre piani aperto nel 1988. In quegli anni lontani il quartiere, South of Market (SoMa), era piuttosto povero, pieno di saune e bar gay. Oggi al loro posto dominano condomini di lusso, musei, centri conferenze. Ora probabilmente atelier e gallerie d’arte prenderanno il posto di glory hole e camerini.

Intanto San Francisco celebrerà la cultura leather e fetish con una piazza a tema, mentre i luoghi dove era possibile incontrarsi per fare sesso e costruire quella cultura chiudono uno dopo l’altro. Dirsi astrattamente a favore di una comunità “alternativa” è tanto chic, ma nel concreto il sesso continua a disturbare il senso del decoro.

E infatti il problema non si limita a San Francisco, ovviamente. Il locale culto della comunità leather e bear del Missouri, il JJ’s Clubhouse di St Louis, dovrebbe presto lasciare il posto a uffici commerciali o forse a una microbirreria artigianale, per la gioia degli hipster.

L’amnesia di Grindr

Poi, sia chiaro, delle trans ci è importato sempre poco e per quanto riguarda i sex club… beh, ora c’è Grindr. La comodità di quest’app ci fa dimenticare che stiamo perdendo pezzi importanti della nostra storia e delle nostre libertà, come della nostra felicità (Grindr sarebbe l’app che rende più infelici al mondo), e del nostro spirito di solidarietà.

Sì, perché facciamo finta di dimenticare che quest’app, anno dopo anno, è finita in scandali pesantissimi che hanno dimostrato come abbia messo consapevolmente in pericolo la vita di migliaia e migliaia di bisessuali e omosessuali nel mondo solo per risparmiare qualche spicciolo. Fosse stata una vodka russa o una marca di spaghetti l’avremmo boicottata subito, ma Grindr… Grindr no, dai, vuoi mettere la comodità? O forse dei gay in Africa o in Asia ci importa anche meno che delle trans?

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì / elaborazione da OpenClipart-Vectors (CCo)

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