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“Quando le nostre persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) non si adeguano abbastanza agli standard eterosessuali di comportamento, ce ne vergogniamo così tanto da sentire il bisogno di controllare le loro scelte e il loro abbigliamento nel corteo del Pride?” si chiede Sukdheep Singh su Gaylaxy. Il riferimento è al Pride di Pune, città di 2,5 milioni di abitanti nell’India centro-occidentale, e al regolamento imposto ai partecipanti dall’ente organizzatore, la Fondazione Samapathik.

Pune: un Pride fieramente conservatore

La prima regola è uno schiaffo alla lotta delle persone LGBTQIA per vivere senza essere giudicate secondo gli schemi del moralismo e dell’eteronormatività: “Indossate abiti decorosi e comportatevi in modo decoroso”. Gli altri tre punti sono tutti divieti: “Non sono permessi petardi, bastoni, fanfare, tamburi e clarinetti”; “Non sono permessi slogan sulla religione, sulle caste, sui partiti, sui politici, sui leader e sulla Corte suprema”; “Non sono permessi cartelli osceni o controversi”. Insomma, il Pride deve essere una festa che non disturba nessuno e che non mette in discussione nulla.

Ma Singh ricorda: “Le persone etero, e in generale la società, hanno problemi con le persone LGBTQIA soprattutto perché tendiamo a sfidare le rigide regole dell’espressione del genere e della sessualità che loro impongono. Per molti etero, gli uomini gay possono essere tollerati o accettati a patto che ‘si comportino bene'”. E poi conclude così: “C’è una ragione se i cortei del Pride in molte città in India e nel mondo parlano sempre più spesso di intersezionalità. Le persone queer subiscono già abbastanza la repressione nella loro vita quotidiana da parte degli eterosessuali, della società, del governo e della polizia, evitiamo che debbano affrontare anche nei cortei del Pride la repressione e il controllo dei loro corpi e dei loro desideri”.

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Altri attivisti hanno deciso di boicottare la manifestazione, anche perché la risposta degli organizzatori è stata di completa chiusura a ogni suggerimento e critica. Il presidente della Fondazione Samapathik, Bindumadhav Khire, ha replicato alle critiche dicendo che “il nostro Pride è di basso profilo e conservatore, e ne siamo estremamente orgogliosi” [The Times of India]. E su Facebook ha scritto addirittura: “Il Pride di Pune organizzato dalla Fondazione Samapathik si svolgerà come tutti gli anni secondo le regole che impongo io!! Chi non apprezza queste regole non deve partecipare!! Questo corteo del Pride andrà anche meglio senza questi seminatori di odio!!”.

Blackpool: trans vietate ai minori

Le polemiche legate alla “sobrietà” non sono comunque caratteristiche solo del Pride di Pune, come ben sappiamo anche in Italia: a Potenza la presidente di Arcigay Basilicata ha addirittura fermato il corteo per bacchettare pubblicamente un’attivista transgender a seno nudo, come ha denunciato Rain Arcigay Caserta. E allora non sorprende neppure che anche altrove le prime persone colpite dalla censura sono proprio quelle trans.

Da questo punto di vista, è emblematico l’avviso apparso al Blackpool Pride, in Inghilterra: “Area solo trans: i minori di 16 anni devono essere accompagnati da un responsabile adulto” [Attitude]. Ovviamente si sono subito scatenate le polemiche, ma almeno in questo caso gli organizzatori hanno riconosciuto il proprio errore. Il direttore del Pride, Shaun Pickup, ha presentato le proprie scuse su Facebook: “Siamo profondamente rattristati per aver ricevuto le lamentele dei visitatori”. Pickup, secondo cui si sarebbe trattato di un avviso vecchio messo per sbaglio e senza la volontà di segregare le persone transgender (sic!), ha anche promesso di coinvolgere le associazioni trans per il Pride del 2018: meglio tardi che mai?

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Milano: orgogliosamente indecorose

La denuncia delle politiche segregazioniste e di esclusione portate avanti con la scusa del “decoro” sarà al centro della partecipazione al Pride di Milano, il 24 giugno, della rete antirazzista Nessuna Persona È Illegale e delle realtà che ne hanno condiviso il percorso politico, tra cui anche Il Grande Colibrì. Si tratta di un tema che evidentemente tocca da vicino le persone LGBTQIA, come ci insegnano la storia e la cronaca, ma che colpisce anche le persone migranti, soprattutto dopo i decreti Minniti e Minniti-Orlando. Le nuove norme permettono ai sindaci di allontanare da alcune zone delle città le persone considerate “indecorose” (in altre parole, poveri ed emarginati) anche se non hanno compiuto reati o semplici infrazioni.

Come recita il manifesto di adesione al Pride della rete Nessuna Persona È Illegale, “sarà un Pride nel quale alla giusta rivendicazione dell’uguaglianza dei diritti si aggiungerà quella che tali diritti non siano solo enunciati sul piano giuridico, ma garantiti nella realtà a tutte e a tutti: diritto alla casa, al lavoro, alla salute, per un’esistenza dignitosa e non schiava del bisogno, per consentire a ciascuno e a ciascuna di vivere la propria identità nella piena autonomia delle proprie scelte anche affettive e sessuali” [Facebook]. E allora ci vediamo a Milano al grido di “Siamo tutte indecorose!” [per maggiori info: Facebook].

 

Pier
©2017 Il Grande colibrì

2 Comments

  • Bob ha detto:

    Io non sento il bisogno di essere “trasgressivo” per sottolineare i nostri diritti, nè mi sento di stigmatizzare chi invece lo fa. Mi spiace però pensare che spesso nei gay pride si rimarcano gli stereotipi (macchiette) che sono patrimonio al più “tollerante” proprio della cultura etero… Lucio Dalla in “Disperato Erotic Stomp” cantava: ” ma l’impresa eccezzionale, dammi retta, è essere normale”….

  • Albert ha detto:

    Insomma per essere LGBTQIA devi essere pacchiano, e pure fieramente pacchiano, altrimenti sei eteronormativo eterodiretto. Ma andate di cuore a fanculo!
    Non va bene se bloccano la trans a seno nudo, se una donna non può andare in topless in città, perché dovrebbe poterlo fare una trans? perché è al gay pride?
    Proprio vero che a voi non frega niente dei diritti, ma solo di dar sfogo al vostro esibizionismo.

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