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Una cinquantina di studenti di psicologia, in maggioranza ragazze, tra le quali una mezza dozzina con il velo, si è presentata alla sede del ministero dei Diritti umani in Tunisia  per partecipare alla tavola rotonda dal titolo “L’omosessualità: il ruolo della famiglia nel determinare l’identità sessuale dell’individuo”. Nessuno di loro sapeva bene cosa aspettarsi: da un lato l’incontro era organizzato dall’associazione studentesca “Campanella Club”, guidata da Chaïma Trabelsi, una ragazza il cui abbigliamento e il cui vistoso trucco raccontano una forte volontà di emancipazione e di ribellione al sessismo, con il centro “Doctor Sexology” del noto sessuologo Hisham Sharif, ma dall’altro il ministero è retto dall’islamista Samir Dilou, secondo il quale non esisterebbe alcun diritto di vivere liberamente il proprio orientamento sessuale e, anzi, l’omosessualità sarebbe una perversione da curare in ospedale (ilgrandecolibri.com).

Il primo intervento, tenuto da Moez Cherif, pediatra e presidente dell’Associazione tunisina di difesa dei diritti dei bambini, non ha chiarito del tutto quale direzione avrebbe preso il dibattito: il medico ha spiegato come l’orientamento sessuale e l’identità di genere non siano dati assoluti e monolitici, ma caratteristiche personali complesse influenzate da fattori genetici, ormonali, ambientali ed educativi, ma ha anche aggiunto frasi ambigue, ad esempio sostenendo che “alcuni tipi di educazione possono andare contro la costituzione genetica e a volte persino contro gli organi interni di una persona” o che alcune madri desiderose di figlie femmine causerebbero non meglio specificate “conseguenze nel futuro” per i figli maschi. Il pediatra, tuttavia, ha evitato di definire l’omosessualità come una malattia.

Anzi, Cherif ha concluso il proprio intervento dichiarando che “quando capiremo che l’individuo non è responsabile del proprio orientamento sessuale, che dipende invece da numerosi fattori, sapremo che non bisogna accusare nessuno. Se c’è qualcosa da correggere, siamo noi stessi: dobbiamo imparare ad accettarci gli uni gli altri così come siamo“. Ma neppure queste parole hanno soddisfatto attivisti come Karim: “Cherif non ha detto nulla di esplicito contro l’omosessualità, ma non ha neppure ricordato come essa non abbia nulla di sbagliato o di contrario alla natura umana. Non possiamo accontentarci di qualche frase che forse potrebbe non essere negativa, perché non schierarsi chiaramente a favore della libertà sessuale, in un paese come la Tunisia, significa chiudere gli occhi davanti all’omofobia e quindi diventarne complici“.

Se le parole di Karim possono sembrare un po’ oltranziste, quello che è successo dopo nel corso della tavola rotonda gli dà invece pienamente ragione. Perché gli ospiti omofobi hanno proposto teorie pseudo-scientifiche senza che il pediatra abbia mai sentito la necessità di intervenire per smentirli e per dare voce alla scienza vera. Hisham Sharif, ad esempio, ha affermato che l’omosessualità sarebbe spesso causata da violenze sessuali subite nell’infanzia da parte di persone del proprio stesso sesso: il piacere provato dal bambino violentato (!) lo spingerebbe poi a ricercare sempre rapporti omosessuali. A contestare le castronerie anti-scientifiche del sessuologo sono stati solamente gli studenti. Una ragazza, in particolare, ha affermato: “La vera perversione è confondere la libera sessualità con l’abuso sessuale!“.

Ad essere contestato è stato anche un cortometraggio proiettato durante l’incontro e realizzato con finanziamenti pubblici. Tra i protagonisti del video c’era anche il ministro Dilou, capace di dire tutto e il contrario di tutto: il politico ha sostenuto che l’articolo 230 del codice penale, che prevede fino a tre anni di carcere per il reato di sodomia, non deve essere abrogato perché l’omosessualità è contraria alla storia tunisina, alla morale araba e alla religione islamica e, allo stesso tempo, ha aggiunto che non serve combattere l’omofobia perché “in Tunisia nessun cittadino viene discriminato in base alle sue pratiche sessuali“. La replica è stata fin troppo facile, come sintetizza amaramente Karim: “Ci prendono in giro, dicendo che i gay non sono discriminati, ma solo perseguitati penalmente“.

La tavola rotonda di Tunisi, pur non essendo un evento di grande rilevanza in sé, ha offerto però una rappresentazione molto significativa del dibattito sull’omosessualità nel paese (e anche in molti altri paesi arabi e africani): da una parte le autorità omofobiche ripropongono l’immagine dell’omosessualità come vizio esportato dall’Occidente nel mondo arabo (o in Africa, secondo la vulgata dei cristiani negli stati sub-sahariani) e, paradossalmente, cerca di trovare basi scientifiche ai propri pregiudizi ricorrendo a pseudo-studiosi occidentali, a partire da Joseph Nicolosi; dall’altra la gioventù urbana, sempre più istruita, connessa con il mondo attraverso Internet e desiderosa di libertà, cerca di scardinare le assurdità al potere con l’ironia, la fantasia e a volte con la rivoluzione. Per ora con poco successo e con tanta speranza…

 

Pier
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One Comment

  • suk mydick ha detto:

    "alcuni tipi di educazione possono andare contro la costituzione genetica e a volte persino contro gli organi interni di una persona"
    è vero,un gay può diventare seriamente disturbato in seguito ad un'educazione religiosa.La sessualità è una spada a doppio taglio.

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