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Luglio 2022, Berlino.
Per festeggiare il Christopher Street Day, sulla facciata della moschea Ibn Rushd-Goethe appare una bandiera arcobaleno. Di solito, il pride month si celebra a giugno. Ma a Berlino è a metà luglio che si tengono i due eventi più importanti per i diritti queer. Alla cerimonia in occasione del pride, che si è svolta nella moschea prima delle celebrazioni del venerdì, era presente anche il senatore per la cultura Klaus Lederer. Le persone riunite hanno usato come slogan per l’occasione:

“Love is halal”

L’amore non è peccato, è compatibile con la fede.

Moschea Ibn Rushd-Goethe

Moschea Ibn Rushd-Goethe, © foto di Adam Berry/AFP/Getty Images

La moschea Ibn Rushd-Goethe nasce il 16 Giugno 2017, ospitata nell’edificio laterale della chiesa luterana di San Giovanni, nel quartiere Moabit. Prende il nome dal filosofo arabo andaluso Ibn Rushd e dallo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe.

Viene fondata dall’attivista per i diritti civili Seyran Ateş. È uno spazio inclusivo, il primo in Germania. Un luogo sacro, aperto alle persone di fede musulmana appartenenti a tutte le correnti (sunnita, sciita), di altre religioni e a non credenti. Il velo non è obbligatorio e le persone LGBTQ+ sono le benvenute. Gli spazi non sono divisi per genere: donne e uomini possono pregare insieme. Ed è proprio una donna a svolgere il ruolo, proibito secondo l’Islam tradizionale, di chiamata alla preghiera. Durante la preghiera del venerdì sono presenti, in numero costante, 15/20 persone. Ma la moschea accoglie anche numerosissimi visitatori, a cui viene offerto thè o caffè, mentre possono dibattere su questioni teologiche e conoscere le attività del posto.

SEYRAN ATEŞ E LA REAZIONE DEL MONDO

Seyran Ateş nasce il 20 Aprile 1963 ad Istanbul, per poi trasferirsi in Germania negli anni Settanta con la sua famiglia. Studia legge e ad oggi è un’avvocatessa specializzata in diritto di famiglia. Combatte in prima linea per i diritti civili fin da molto giovane. Nel 1984, davanti al centro delle donne per cui lavora, subisce l’attentato di un nazionalista turco, probabile membro del gruppo di estrema destra Lupi Grigi. I colpi di pistola costano la vita di una sua collega. Ateş viene colpita e impiega molto tempo per rimettersi in salute, ma non smetterà mai di esporsi. È una figura pubblica molto in vista, così come lo spazio della moschea inclusiva da lei creato. In un documentario dal titolo L’altro volto dell’Islam, di Antonio Nasso, Ates dichiara:

«Non voglio vivere una vita nella paura […] Se non credessi nel cambiamento e nel dialogo non avrei mai aperto questa moschea».

Seyran Ateş

Seyran Ateş, © foto di Maximilian Gödecke

La reazione della comunità islamica è stata molto dura, sia in Germania che nel resto del mondo. La Turchia e un centro islamico ad Amburgo la accusano di essere non-musulmana ed estremista. Ha ricevuto una fatwa dal Cairo e numerose minacce di morte, tante da essere messa sotto scorta nel 2006. Lei ribatte affermando che anche Boko haram e l’Isis si ispirano al Corano, ma non per questo si considerano non-musulmani. Secondo lei, è necessario che anche gli esponenti più in vista dell’Islam tradizionale ammettano la presenza di un problema nell’interpretazione delle questioni teologiche e che ci si unisca nella lotta al terrorismo islamico, mostrando il volto spirituale e pacifico dell’Islam. Tuttavia, la moschea gode anche dell’appoggio di diversi studiosi musulmani, le persone che la abitano hanno valide argomentazioni teologiche e non hanno paura del confronto.

L’IMPORTANZA DELL’INCLUSIVITÀ

La presenza di una o più moschee inclusive in Europa e nel mondo è importante da molti punti di vista. In primo luogo, ci ricorda che la religione non è un fenomeno monolitico, bensì è soggetta al cambiamento e può conciliarsi con le vite dellə fedeli, anche con la loro sessualità. La teologia e il Corano sono stati più volte rivisti e interpretati.

Ma il risvolto più importante della moschea inclusiva è proprio la creazione di uno spazio di resistenza. A Berlino non mancano ambienti aperti alla comunità LGBTQ+ ma a causa della mancata apertura dei luoghi di culto, le persone si trovano costrette a rinnegare la propria fede. Oppure, viceversa, nei luoghi di culto nascondono la loro sessualità. Privarsi di una parte di sé causa una dissonanza identitaria che costa molto stress. Per questo, l’esistenza di uno spazio safe, all’interno del quale ci si può confrontare e praticare il proprio credo, senza nascondere la propria sessualità, è fondamentale.

Lunga vita agli spazi religiosi inclusivi! Love is halal.

Molte persone alla moschea indossano questi adesivi con la scritta "Love is halal"

Molte persone alla moschea indossano questi adesivi con la scritta “Love is halal”, © foto di Adam Berry/AFP/Getty Images

 

Elettra Maria Nicoletti (fb|ig)
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Adam Berry/AFP/Getty Images

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