Skip to main content

Ci sono compleanni che sarebbe bello smettere di festeggiare. E’ il caso delle prime diagnosi di HIV/AIDS, che risalgono a trent’anni fa, quando – per lungo tempo – si diffuse la credenza che il contagio colpisse principalmente gli omosessuali. Solo negli Stati Uniti, in questi trent’anni, circa 600mila persone sono morte di AIDS e circa il doppio vive oggi con il virus HIV (Huffington Post). E il tasso di contagio rimane allarmante, specie tra la popolazione nera e i latinos, più restii ad usare le adeguate protezioni e a testare la propria salute (FoxNews).

Ma se il virus, ancorché combattuto e in molti casi reso curabile, continua a prosperare – specie in alcune realtà – si deve anche e soprattutto alla grettezza e all’inettitudine di alcuni governi. L’omofobia, per esempio, è tra i migliori alleati del contagio: lo dice con chiarezza Michel Sidibé, presidente di UNAIDS, il programma affiliato alle Nazioni Unite per la lotta alla diffusione di HIV e AIDS. “In molti paesi del mondo le leggi e le pratiche punitive contro lesbiche, gay, bisessuali e transgender continuano a bloccare una risposta efficace all’HIV. E’ essenziale riunirsi, parlarne per sostenere insieme la revisione di queste leggi” afferma Sibidé, osservando che molti dei 79 stati che ancora discriminano le persone omo, bi o transessuali negano anche l’accesso alle cure sanitarie (Têtu).

Naturalmente sono in molti a combattere per l’uguaglianza, anche se in alcuni paesi questo può essere estremamente rischioso. David Kuria Mbote, per esempio, in quanto primo candidato alle elezioni apertamente gay in Kenya, sa che, oltre al suo programma, anche la sua stessa identità può mettere a repentaglio la sua incolumità, ma sa anche che l’attenzione mondiale suscitata dalla sua decisione a mettersi in corsa per un seggio al senato di Nairobi è ciò che lo può meglio proteggere, in uno stato che punisce con il carcere anche solo la dichiarazione di omosessualità (Il grande colibrì).

Conscio del fatto che le politiche attuali hanno fatto salire tra gli omosessuali il contagio del virus HIV al triplo della popolazione eterosessuale, Mbote propone un programma di equità di diritti che è il presupposto per combattere la diffusione del virus, anche se il suo progetto non è limitato alle questioni sanitarie e di diritti ma affronta anche gli aspetti economici che tengono oggi metà della popolazione al di sotto della soglia di povertà, malgrado esistano anche ricchezze e potenzialità nel paese (Indipendent).

Per combattere il virus una buona azione di governo può anche essere quella di diffondere medicinali a costi sostenibili: è quello che ha fatto, senza clamore, il governo indonesiano, che ha autorizzato l’accesso ai brevetti di sette medicinali utilizzati nelle terapie di contagio del virus HIV e dell’AIDS, ponendo così le condizioni perché la popolazione possa acquistare tali principi attivi (Reuters).

Naturalmente si può anche credere al presidente del Gambia Yahya Jammeth, che sostiene di aver curato e guarito con una ricetta segreta a base di erbe una settantina di malati, vincendo così il virus e paragonandosi in qualche misura a Maometto che aveva fatto vincere e affermare l’Islam (Reuters). Certo non sarebbe male, se fosse vero: ma perché allora tenere segreto questo rimedio? Forse per applicarlo solo a chi ne è degno? O forse perché questo rimedio è giusto uno specchietto per le allodole, per nascondere l’omofobia di stato che punisce anche il semplice coming out con il carcere fino a quattordici anni (Il grande colibrì)?

Michele Benini
©2012 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

Leave a Reply