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Sesso, bugie e videotape. Non è però il film di Steven Soderbergh di cui ci occupiamo oggi, ma l’insieme di alcuni casi in cui lo sport preferito dall’uomo (non la pesca!), la disonestà e una macchina da presa sono quasi sempre gli elementi comuni. A dire il vero il primo è un caso di discriminazione. Un giovane studente della Cocoa High School, in Florida, è stato sospeso per dieci giorni e non potrà diplomarsi: la sua colpa è di aver partecipato ad alcuni film porno della major Sean Cody e di essere stato scoperto (probabilmente grazie ad una soffiata) dal preside. Non si sa quale sia la vera ragione che ha spinto il direttore della scuola ad adottare un simile provvedimento, ufficialmente giustificato con “disturbo del campus”, ma la punizione farà perdere l’anno allo studente, noto con il nome d’arte di Noel (nella foto).

Molti suoi compagni hanno organizzato una protesta silenziosa su Facebook, sostituendo la propria immagine profilo con un messaggio di solidarietà, ma gesti più decisi di sostegno (come indossare t-shirt con messaggi, fare manifesti o striscioni o saltare una lezione) sono stati evitati dopo la minaccia, a quanto pare, di un’espulsione per chiunque vi avesse preso parte (thegailygrind.com).

Ben peggio è quanto combinato da Michael Johnson, studente della Lindenwood University ed ex campione del wrestling, e in questo caso il ruolo della scuola è semplicemente di supporto alle indagini delle autorità che hanno scoperto quante bugie abbia raccontato questo ventiduenne ai suoi partner. Non solo si dimenticava di avvisarli che mentre facevano sesso con lui c’erano delle telecamere a riprenderli, ma, nell’intimità assoluta offerta dal sesso senza preservativo, ometteva di menzionare il fatto di essere HIV-positivo. Nella raccolta di filmati trovata a casa del ragazzo sotto inchiesta, sono stati rilevati 31 partner in quattro mesi, ripresi nel dormitorio scolastico, identificato dai mobili, dove Michael passava le notti (kmov.com).

Johnson è al momento sotto accusa per aver contagiato almeno un partner e per aver rischiato lo stesso destino in almeno altri quattro casi, ma, se gli amanti occasionali dei video venissero identificati, il numero potrebbe salire in modo deciso, benché il giovane abbia sostenuto di aver fatto sesso con solo una decina di compagni nell’ultimo anno. Se l’accusa di contagio verrà provata, Johnson rischia una pena tra i dieci anni e il carcere a vita, mentre se dovesse fronteggiare solo l’accusa di aver rischiato di contagiare altri, la pena si limiterebbe ad un minimo di cinque e un massimo di quindici anni (indystar.com).

Una telecamera nascosta può anche essere usata per un’inchiesta televisiva, ma a volte (come capita anche con alcune trasmissioni delle nostre tv) la scarsa professionalità dei giornalisti e dell’emittente, unite all’assoluta mancanza di rispetto per le persone riprese, rovinano tutto. E’ quanto accaduto in Cina, dove la Southern Television Guangdong, con la scusa di documentare l’aumento dei casi di HIV tra i giovani, ha pensato bene di intervistare un lavoratore del sesso.

Ma anziché porgli delle domande, ha fatto in modo che un suo reporter con una telecamera nascosta lo facesse parlare durante un appuntamento in un albergo: dell’HIV neanche si è accennato, anche perché lo pseudo-giornalista è scappato prima di arrivare al dunque, ma il filmato è andato in onda ugualmente, permettendo al giovane “moneyboy” (peraltro solo alla sua seconda esperienza) di riconoscersi poiché né la sua voce né il suo aspetto (a parte una parziale copertura del volto) erano stati modificati. Di qui le proteste dei gruppi per il rispetto dei diritti LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) che hanno chiesto le scuse dell’emittente, accusandola di aver causato un forte stress nel giovane (scmp.com).

In Cina però sembra che l’attenzione sia stata catturata molto di più da un altro episodio di sesso gay, in cui – ancora una volta – la legge punisce persone colpevoli solo di aver avuto rapporti consenzienti. Che poi, in questo caso, si trattasse di un’orgia di otto uomini in una stanza d’albergo è probabilmente la ragione dell’attenzione popolare, ma scoprire che le norme cinesi vietano – tra le tante cose – anche il sesso di gruppo (l’organizzatore del party è stato punito con cinque mesi di detenzione amministrativa, mentre i partecipanti hanno avuto sanzioni amministrative minori) lascia un po’ stupiti, tanto più che in casi di questo tipo non si corre nemmeno il rischio di violare la legge sui limiti di procreazione stabiliti dallo stato… (ecns.com).

 

Michele
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