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Oggi il premier Matteo Renzi sbarcherà in Senegal e sentirà aria di casa: nel paese africano, infatti, stanno spopolando teorie del complotto e feroci polemiche che ricordano l’allarme sulla “ideologia gender” lanciato in Italia dall’integralismo cattolico e dall’estrema destra. Se a Roma si protesta contro la proposta di legge Cirinnà, a Dakar ci si indigna per una vignetta satirica, dopo aver fatto fuoco e fiamme contro la borsa “da donna” portata in un video musicale dal cantante Wally Seck [ilgrandecolibri.com]. Il giovane artista, probabilmente esasperato dalle critiche spietate, durante un concerto ha preso un paio di forbici, ha tagliato davanti ai fan in delirio l’accessorio incriminato e si è scusato con tutti: “Sono con tutto il mio cuore dalla parte del Senegal, voglio che la pace regni in Senegal. Che nessuno mi strumentalizzi per attaccare la mia guida spirituale!“.

ATTO PRIMO: OFFESE, INSULTI E MINACCE

Il riferimento alla “guida spirituale” è presto spiegato: jeuneafrique.com, autorevole giornale francese dedicato all’Africa, ha pubblicato una vignetta del caricaturista franco-burkinabè Damien Glez in cui un europeo osserva la fotografia di cheick Ahmadou Bamba, fondatore della Muridiyya (confraternita islamica che riunisce circa un terzo dei senegalesi), in caftano e chiede: “Ma perché indossa un abito da donna, questo qua?“. La vignetta ha fatto subito il giro del web, offendendo e indignando molti senegalesi, che sui social network hanno inondato il disegnatore di insulti e minacce: “Non sai in che casino ti sei ficcato facendo la caricatura del nostro venerato cheikh: lo rimpiangerete, tu e la tua famiglia, figlio di puttana” [koaci.com].

La polemica, come previsto dall’allerta lanciata dai vertici della Muridiyya al presidente senegalese, è montata sempre più: i giornali nazionali pubblicano le parole di politici e religiosi che sembrano fare una gara a chi si dichiara più indignato e arrabbiato. Per esempio, l’ex premier Idrissa Seck, leader del partito liberale Rewmi (Paese) ha dichiarato che “la libertà d’espressione non giustifica quella di essere blasfemi, di ferire l’altro nella sua fede e nelle sue credenze” [sen360.fr], mentre leral.net pubblica un editoriale dove si equipara la pubblicazione della vignetta allo scatenamento del genocidio in Ruanda.

ATTO SECONDO: CANCELLAZIONE E SCUSE

Alla fine jeuneafrique.com ha prima modificato la vignetta, sostituendo la fotografia di cheick Ahmadou Bamba con un anonimo uomo in caftano [v. immagine accanto], poi ha deciso di cancellare tutto, presentando le proprie scuse: “Con questo disegno non volevamo ferire nessuno e ancora meno colpire la figura venerata da molti fedeli di cheick Ahmadou Bamba, ma denunciare la stupidità di chi non coglie la differenza tra un caftano e un vestito da donna, con tutte le deduzioni facili e infondate che ne possono derivare. Una semplice analogia umoristica con lo ‘scandalo Wally Seck’, insomma. Comunque capiamo perfettamente che questo disegno ha potuto scioccare e presentiamo le nostre sincere scuse a tutti coloro che sono stati offesi“.

Le scuse non hanno soddisfatto quasi nessuno – e d’altra parte suonano davvero poco convincenti. La battuta era chiara: un paese è andato in delirio per un oggetto giudicato inadatto al sesso maschile (ecco la presunta “confusione gender” tanto odiata anche in Italia) e il disegnatore ha semplicemente ricordato come le aspettative nel comportamento e nell’abbigliamento legate al genere sono semplici prodotti culturali, tanto è vero che cambiano da una cultura all’altra (ecco l’europeo che interpreta il caftano maschile per un abito femminile). Coinvolgere un personaggio religioso, però, ha facilitato il compito di chi ha rifiutato questa riflessione e ha gridato a un inesistente assedio alla fede.

ATTO TERZO: CACCIA ALL’EFFEMINATO

In ogni caso, si impone una riflessione: se le stesse forze spese per difendere l’immagine di cheick Ahmadou Bamba da un fantomatico attacco fossero spese anche per difendere il suo insegnamento di pace, tolleranza e rispetto sarebbe meglio per tutti. E invece nelle ultime settimane il Senegal è investito da una preoccupante ondata di intolleranza e di irrazionalità, come dimostrano anche le manifestazioni a Ziguinchor contro un centro che effettua test HIV per gli uomini gay e bisessuali [sudonline.sn].

Un tempo – scrive preoccupata l’assistente sociale Salimata Sall su xalimasn.comgli omosessuali, o coloro che affermavano il proprio orientamento sessuale tramite gesti considerati effeminati dalla società senegalese, vivevano comunque in pace, al riparo dal disumano linciaggio pubblico. Oggi non è più così: ormai si dà la caccia a qualunque uomo che non metta in evidenza la propria virilità“. E, denunciando l’assurdità di definire come “occidentale” e quindi estranea alla cultura africana la richiesta di diritti umani, tuona: “Guardiani della morale, siete in tanti a usare la religione musulmana per rafforzare la vostra posizione di maschi eterosessuali dominanti, ma sappiate che troverete sempre sul vostro cammino le donne e chi ha sete di giustizia sociale“.

 

Pier
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