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La feticizzazione delle donne asiatiche è ben documentata: per fare solo un esempio tra tanti, in un articolo per The Sydney Morning Herald Jessie Tu descrive il feticcio degli uomini che si aspettano che lei sia “sottomessa, docile, compiacente, accomodante, dolce in cucina, tigre in camera da letto“. Allo stesso modo, uno studio condotto da Bitna Kim, una ricercatrice coreano-americana, ha scoperto che, anche se i maschi non asiatici spesso percepivano le donne asiatiche come intelligenti, istruite, di successo, attente alla famiglia e belle, “quasi tutti gli intervistati hanno iniziato con un frase che riduce le donne asiatiche a individui sottomessi”.

Ma questo non riguarda solo le donne. La comunità gay ha un serio problema di feticismo dell’asiatico. Un ragazzo, commentando una foto del mio abbigliamento nemmeno lontanamente allusiva, mi ha detto: “Io vado assolutamente pazzo per le femminucce asiatiche“, e ha aggiunto che io stavo implorando di starmene a 90 sulla sua scrivania. No, non mi aspetto che gli uomini sulle app di appuntamento si comportino da gentleman, ma con lui ormai chattavo da un po’. A dirla tutta, non ero neppure sorpreso: non era certo la prima volta che venivo sessualizzato a causa della mia etnia, e so che non è stata l’ultima. Mi scrivono anche quelli che feticizzano le donne trans (altra questione problematica) per dirmi che io potrei essere un valido sostituto.

Pregiudizi orientalisti

La femminilizzazione delle persone asiatiche, compresi gli uomini, in particolare, non è una novità; è un pilastro dell’orientalismo. “Delle arie, le acque e i luoghi” dello scrittore greco Ippocrate (460 – 377 a.C.) è probabilmente il primo testo che descrive gli abitanti dell’Asia come delicati, attribuendo questa caratteristica all’influenza del clima e della monarchia. In tempi più recenti, la dominazione e la conquista globale che ha caratterizzato le nazioni europee negli ultimi secoli hanno promosso processi di stereotipizzazione di genere e di negazione della mascolinità degli uomini asiatici.

“Imperial Leather: Race, Gender, and Sexuality in the Colonial Contest” (Pelle imperiale: razza, genere e sessualità nel contesto coloniale; Routledge 1995, 464 pp.) di Anne McClintock esplora questo concetto nel contesto dell’imperialismo britannico e sostiene che, per comprendere il colonialismo e il postcolonialismo, dobbiamo riconoscere che razza, genere e classe non sono elementi distinti, ma vengono strutturati in modi contrastanti.

storia matrimoni gay asia deviazione colonialeUn esempio è l’opera teatrale del 1988 “M. Butterfly” di David Henry Hwang. Conversando con un diplomatico francese che ha creduto per quasi vent’anni che Song Liling, il protagonista, fosse una donna, Song pronuncia la frase iconica: “Sono un orientale. Ed essendo un orientale, non potrei mai essere completamente un uomo“. Il diplomatico pensa che la sua convinzione si basi sul fatto che Song si veste da donna per esibirsi come cantante dell’opera cinese, ma il punto della battuta è che “proprio perché gli uomini asiatici sono femminilizzati nella mente occidentale, la mente occidentale non è in grado di vedere nient’altro che una femmina quando guarda il corpo maschile ‘orientale’“.

Modelli occidentali

Forse la manifestazione più recente della femminilizzazione dell’asiatico è il kkonminam, il modello di ragazzo effemminato diventato centrale nell’immaginario pop coreano. Sono sicuro che conosciamo tutti l’aspetto dello stereotipo maschile della star del k-pop: ha tratti delicati e infantili, è ben curato e si trucca. Anche se gli idoli k-pop rompono la rappresentazione di genere convenzionale, secondo me sono comunque molto maschili e rappresentano un ideale maschile nella cultura popolare coreana. Ma non in Occidente, dove solo uomini come Ryan Renolds, Chris Hemsworth e Zac Efron vengono etichettati come “virili”.

Come scrive Chong-suk Han, professore associato di sociologia al Middlebury College, negli Stati Uniti, “la mascolinità bianca, praticata nella sua forma egemonica, si basa in gran parte su nozioni omofobe, razziste e sessiste riguardo a chi non si adatta al modello. E si perpetua in particolare definendo gli altri come femminili, costruendoli come se fossero l’opposto del maschile o come se non fossero riusciti a raggiungere la norma maschile“. Solo negli ultimi anni, con star come Harry Styles e Timothee Chalamet, una forma diversa di mascolinità è diventata di moda, e comunque si continua a discutere molto su una connessione tra la loro femminilità percepita e la loro sessualità.

giovane ragazzo asiatico celesteSotto pressione

Razionalmente, so di essere una persona che esiste al di là dell’espressione del mio genere, della mia identità sessuale e della percezione che gli altri ne hanno. Eppure, negli ultimi due anni, mi sono ritrovato ad assecondare uno sguardo maschile prevalentemente bianco, una nozione di me stesso come effeminato, sessualmente promiscuo e sottomesso. Per quanto mi addolori scriverlo, spesso mi trovo sotto pressione per realizzare una fantasia particolare perché è quello che ci si aspetta da me e perché qualsiasi altra cosa porterebbe al fallimento. Ho imparato che altre persone possono notare questa auto-disumanizzazione e che a volte non rispettano il non consenso di un non umano.

È difficile spiegare fino a che punto questa idea pervade la mia vita, in parte perché io stesso non ne sono pienamente consapevole: metto in discussione tutto, dai miei modi di muoversi alla scelta dell’abbigliamento, fino alla mia vita sessuale. Suppongo che il paragone più vicino che potrei fare sia con qualcuno che acquista un iPhone, ma poi si rende conto che in realtà non lo voleva e che l’ha comprato solo perché ha visto ininterrottamente per un mese la sua pubblicità.

E però nel mio caso sono consapevole che potrei davvero non divertirmi in questo rapporto sessuale con questo partner sessuale e che questo è il culmine di vent’anni di aspettative interiorizzate. È l’annosa questione del rapporto tra natura ed educazione, ma fondata su quello che gli altri pensano della mia etnia e della mia sessualità.

Vorrei chiarire un’ultima cosa: essere gay non ci rende meno uomini. Essere asiatici non ci rende meno uomini. Essere effeminati non ci rende meno uomini. E – ripetilo con me – nemmeno essere gay asiatici ed effemminati ci rende meno uomini. Mi sembra che con il tempo abbiamo deciso di accettare gli uomini effeminati e addirittura di celebrarli (un bel progresso, va detto), ma dando per scontato che in qualche modo hanno rinunciato a una parte della loro identità maschile. È tempo di riconoscere le radicali coloniali di questo discorso e di rendersi conto che è falso.

Ray Cheung per The Oxford Student
traduzione di Pier Cesare Notaro
©2020 The Oxford Student / Il Grande Colibrì
immagini: elaborazione da miapowterr (CC0) / Il Grande Colibrì

One Comment

  • A.P. ha detto:

    Ottimo articolo che descrive perfettamente quanto i nostri immaginari erotici non siano affatto de-colonizzati. Ho avuto una relazione per lungo tempo con un uomo giapponese che mi ha insegnato quanto sbagliato fosse questo sistema di oggettificazione dell’etnia, e gliene sono grato.

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