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Pensavo di iniziare questo articolo spiegando che sono italiana, cristiana ed eterosessuale, ma poi mi sono detta che non ha nessuna importanza. Non ha nessuna importanza perché detesto le etichette: io, di fronte a me, voglio avere soltanto persone. Certo, questo non significa che non conti il fatto che io sia cristiana, o che qualcuno sia musulmano, ebreo, buddista, ateo, agnostico, omosessuale, bisessuale, transgender, asessuale, bianco, rosso, giallo o blu… anzi. È importante che ognuno possa rispecchiarsi liberamente nella sua religione, nel suo orientamento sessuale, nel suo genere. È importante che queste definizioni siano parte delle persone, ma non ciò che le definisce in toto.

L’incontro con Wajahat

Ho incontrato il regista e attivista per i diritti umani Wajahat Abbas Kazmi (e altre persone meravigliose) e la sua campagna Allah Loves Equality quasi per caso. Ed è stato uno dei casi più belli della mia vita.

Dentro di me ho iniziato da tempo a credere che siamo tutti uguali, che ciò che ci accomuna tutti è il fatto di essere umani, e che tutto il resto, tutto ciò che divide e isola, sono solo apparati sociali che ci portiamo dietro dal passato e che forse avevano un loro senso nel passato, ma ora non più. Ma mi sentivo sola.

Poi ho incontrato Wajahat e il suo progetto e tutte le persone che, con coraggio e dedizione, lo sostengono. Ho capito che è possibile sognare un mondo in cui possiamo guardarci tutti con amore, senza giudicare, senza fermarci agli aspetti esteriori o a tutto ciò che riguarda la vita privata degli altri. Ho capito che ciò che conta di più, per un essere umano, sono i suoi diritti. Ho “litigato” con le mie radici cristiane, con il retaggio culturale di una società che non è di certo di larghe vedute, come quella della realtà veneta in cui vivo. Mi sono interrogata, mi sono chiesta se stessi sbagliando qualcosa nelle mie valutazioni e la risposta finale è stata: “No, non ti sbagli”.

Liberi di essere se stessi

In quanto cristiana, gli insegnamenti più importanti del Vangelo riguardano l’amore: quello per Dio, con tutta la mente, l’anima e il cuore, e quello per il nostro prossimo, che dobbiamo amare come noi stessi. E chi è il nostro prossimo se non chiunque incontriamo nella nostra vita? Se devo amarlo come me stessa, provo allora a mettermi nei suoi panni. Mi metto quindi nei panni di un gay musulmano che non può vivere la libertà di essere sé stesso, senza sé e senza ma, e che quindi non può avere quello che è un diritto, secondo me, basilare, quasi indiscutibile e imprescindibile. Mi chiedo come mi sentirei se, a prescindere da tutto, non potessi essere libera di esprimere il mio essere così come io stessa lo sento.

La “società” impone che una ragazza per bene debba comportarsi in determinati modi, essere discreta, sempre elegante, poco rumorosa, docile, educata. Non sono mai stata così: sono rumorosa, imbarazzante, rido a squarciagola, dico molte parolacce, mi vesto “male” (ma male secondo chi?) e ballo nei mezzi pubblici. Sono fortunata, perché posso farlo. Posso venire giudicata e derisa, certo, e a volte mi farà male e già questo lo sopporto a fatica. Ma non verrò mai incarcerata, torturata, o peggio uccisa, gettata giù da un tetto. Non mi verrà mai detto che devo essere curata, non mi verrà mai imposto di mascherare o rinnegare la mia identità.

L’odio distrugge il mondo

Qualcuno potrà pensare che non stiamo parlando delle stesse cose, e invece io credo proprio di sì: poter vivere liberamente la propria sessualità non è essere se stessi? Qualcun altro invece, potrebbe obiettare che l’omosessualità è contro natura: di quale natura stiamo parlando, visto che è sempre esistita nel mondo animale? E, onestamente, non riesco a immaginare nulla di più connesso alla natura del mondo animale.

Inoltre, sopra a tutti questi discorsi che possono anche essere accartocciati e gettati nella spazzatura, sta un unico concetto, che è lo stesso che sta dietro al progetto Allah Loves Equality: non credo che a Dio interessi con chi andiamo a letto o se sentiamo di appartenere ad un genere diverso da quello del corpo in cui siamo nati. Non credo che gli interessi, perché con l’odio e l’intolleranza stiamo distruggendo il mondo che ha creato per noi, stiamo distruggendo la fratellanza che dovrebbe esserci tra tutto il genere umano, perché dopotutto, siamo tutti figli suoi. Non credo che gli interessi perché il massimo comandamento di Dio, in tutte le sue declinazioni religiose, è misericordia, è amore. Credo che il peccato sia ciò che lede l’amore e che fa del male a qualcuno.

Dio ama l’uguaglianza

Credo che Dio ami l’uguaglianza e che ami l’amore in tutte le sue forme e che accolga ciascuno di noi così come siamo perché è così che ci ha creati. Per quale motivo dovrebbe volerci diversi? Per quale motivo dovrebbe dare l’autorità a qualcuno di giudicare un uomo o una donna per chi e come amano, e ancor di più, dare loro l’autorità di privarli del diritto per eccellenza, che è quello alla vita? Io credo fortemente che Dio, Allah, YHWH (come vogliamo chiamarlo, tanto è sempre lui) ami l’uguaglianza, la fratellanza, l’amore e le persone che lottano e sognano insieme per un mondo migliore.

Io mi sono unita a questo esercito di combattenti e sognatori, per sconfiggere l’intolleranza bombardando il mondo con l’amore. L’amore: l’unica legge che regola l’universo e che viene riconosciuta da tutti, anche da chi non si rispecchia in nessun credo religioso (e che va comunque rispettato).

Se volete farlo anche voi, sostenete il progetto Allah Loves Equality, fate girare le idee e, se potete e volete, c’è la possibilità di contribuire concretamente con una donazione su Produzioni dal Basso per la realizzazione di un documentario sulla condizione delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) in Pakistan.

Non smettiamo di amare. Non smettiamo di lottare. Non smettiamo di sognare.

Elena De Piccoli
©2017 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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