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Mentre in Italia si discute di una proposta di legge contro l’omobitransfobia, anche il movimento LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale si mobilita contro l’odio. Il 30 giugno una coalizione di 18 associazioni del mondo arabo e 4 alleate (per l’Italia, Il Grande Colibrì) ha scritto a Facebook per chiedere un reale impegno nel contrasto ai discorsi d’odio (hate speech) nelle pagine in lingua araba. La campagna può essere sostenuta da ogni singola persona diffondendo il testo dell’appello e firmando una petizione online.

Basta odio online, firma la petizione

Noi sottoscritti firmatari siamo preoccupati dall’aumento dei discorsi di odio su Facebook contro la comunità LGBTQI+ (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e altre minoranze sessuali). Facciamo appello all’amministrazione di Facebook in Medio Oriente e Africa settentrionale affinché fermi l’utilizzo della piattaforma nella diffusione del bigottismo e dell’odio, soprattutto tra gli utenti arabofoni.

Contesto

Le campagne sistematiche impegnate nella diffusione dei discorsi di odio contro la comunità LGBTQI+ in Egitto sono ulteriormente aumentate negli ultimi giorni, in seguito alla morte di Sarah Hegazi, queer, femminista e attivista per i diritti umani.

Tre anni fa, durante un concerto dei Mashrou’ Leila al Cairo, Sarah ha sventolato la bandiera arcobaleno e questo ha portato al suo arresto da parte delle autorità egiziane. Sarah è stata accusata di “far parte di un gruppo illegale fondato per ostacolare le leggi costituzionali nel paese”. Durante il suo arresto Sarah ha subito varie forme di abuso, discriminazione e tortura. Alla fine la giovane attivista è fuggita dal paese per cercare asilo in Canada, ma questo non ha posto fine ai messaggi di odio che riceveva ogni giorno sui suoi profili social e questo l’ha portata a togliersi la vita sabato 13 giugno 2020.

I social media come strumento di incitamento all’odio

Il recente sviluppo delle piattaforme social e delle comunicazioni digitali ha portato a un’orrenda diffusione dell’hate speech su internet, il che richiede un enorme sforzo per organizzare e trovare modi per contrastare qualsiasi forma di incitamento all’odio e di intolleranza digitale. I social media vengono usati come strumento per condividere odio, bullismo, discriminazione e violenza, soprattutto da chi lancia intense campagne di intimidazione, minacce e ricatto. Coloro che appartengono a più di un gruppo minoritario sono frequentemente il bersaglio delle campagne di hate speech.

Fare il resoconto sui discorsi di odio

Stando agli standard della sua community, Facebook assicura che “non consente l’hate speech perché crea un ambiente di intimidazione ed esclusione e in alcuni casi può promuovere la violenza nel mondo reale”. L’articolo 12 definisce l’hate speech come “un attacco diretto contro le persone, basato su ciò che chiamiamo caratteristiche protette (razza, etnia, nazionalità, orientamento religioso, orientamento sessuale, classe sociale, sesso, genere, identità di genere e malattie gravi o disabilità)”.

Nonostante la comunità LGBTQI+ del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale abbia denunciato migliaia di post di hate speech in arabo, indirizzati generalmente alle donne e in particolare alle persone con un diverso orientamento sessuale, la maggior parte di queste segnalazioni sono state rifiutate, perché il contenuto “non contraddice gli standard della community di Facebook”.

Questo è dovuto alla scarsa implementazione di policies anti-hate speech efficaci nella gestione della piattaforma nella regione e questo non rende la piattaforma sicura per le minoranze sessuali. Mentre il diritto a un trattamento equo e alla non discriminazione è un diritto fondamentale tutelato nei trattati e nelle convenzioni internazionali, dovrebbe essere garantita l’esistenza di un meccanismo che assicuri che le segnalazioni fatte dalle vittime di hate speech nella regione siano esaminate senza violare la libertà di espressione.

Libertà di espressione e hate speech

Non esiste una definizione precisa di hate speech all’interno delle leggi internazionali sui diritti umani, tuttavia esiste questo termine per descrivere qualsiasi discorso considerato negativo e una minaccia alla stabilità e alla pace sociali. Il termine include tutte le forme di espressione che incitano alla discriminazione, all’ostilità e alla violenza.

Di solito gli istigatori d’odio affermano che l’hate speech sarebbe libertà di espressione, ma non hanno il diritto di mancare di rispetto e discriminare altre persone. La libertà di espressione prevede una grande responsabilità e il rispetto dei diritti umani fondamentali. Ognuno ha il diritto di essere protetto dall’intolleranza e dalla violenza, pertanto l’uso di un linguaggio violento e l’incitamento alla discriminazione e all’ostilità non possono essere considerati libertà di espressione.

Hate speech e leggi internazionali

L’articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani assicura che “ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione“.

La Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, al paragrafo 2 dell’articolo 18 dichiara che “nessuno può essere assoggettato a costrizioni che possano menomare la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta”; e al paragrafo 3 che “la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali”.

Sulla base di quanto successo nelle recenti campagne di odio ai danni della comunità LGBTQI+ in Medio Oriente e in Africa settentrionale, campagne che continuano ancora oggi nonostante le nuove policies annunciate da Mark Zuckerberg venerdì 26 giugno “riguardo a qualsiasi pubblicazione che miri a minacciare la sicurezza fisica e la salute delle persone in base a origine, razza, nazionalità, classe sociale, genere, orientamento sessuale, status di residenza o qualsiasi altra, con la garanzia che verranno bannati”,

noi chiediamo all’amministrazione di Facebook di:

  • incontrarsi coi membri e gli attivisti della comunità LGBTQI+ in Medio Oriente e Africa settentrionale per discutere i problemi, convocare incontri di emergenza e garantire approfondimenti attivi e regolari riguardo alle strategie e agli obiettivi di questi incontri
  • attivare una procedura per indagare individualmente tutti i casi di hate speech, nello specifico quelli che riguardano l’orientamento sessuale e l’identità di genere, conformemente agli standard specifici sul rispetto della privacy e senza pregiudizio al diritto di espressione;
  • applicare le stesse policies applicate dall’amministrazione per la sicurezza delle persone LGBTQI+ in tutto il mondo, monitorare l’hate speech a loro indirizzato e prendere seri provvedimenti;
  • formare lo staff e coltivare la conoscenza in merito alle questioni correlate all’identità di genere, all’orientamento sessuale e ai diritti delle minoranze (nello specifico della comunità LGBTIQ+);
  • nominare un esperto nel contrasto all’hate speech all’interno del comitato dei saggi di Facebook, oltre a un rappresentante delle persone LGBTQI+ della nostra regione (questa persona dovrà ovviamente credere fermamente nell’universalità dei diritti umani e dei diritti delle minoranze).

ANKH Rete araba per la conoscenza dei diritti umani – Zona euro-mediterranea
Associazione tunisina per la difesa delle libertà individuali – Tunisia
ATYAF Collettivo per la diversità sessuale e di genere – Marocco
Barra El Sour Initiative – Egitto
Bedayaa – Egitto e Sudan
Collettivo SAQFE – Marocco
Committee For Justice – Svizzera
Forum egiziano per i diritti umani – Egitto
Il Grande Colibrì – Italia
HuMENA per i diritti umani e l’impegno civico – Medio Oriente e Nord Africa
Iniziativa franco-egiziana per i diritti e le libertà – Francia
Lettera mancante T – Egitto
LGBT Arabic – Siria
Mawjoudin Iniziativa per l’uguaglianza – Tunisia
Mesahat Fondazione per la diversità sessuale e di genere – Egitto e Sudan
Nassawiyat – Marocco
Philomela – Russia
Planet Ally – Australia
Rainbow-street – Stati Uniti
Solidarity with Egypt LGBTQ+ – Egitto
Villaggio medico e psicosociale – Marocco
Women’s center for guidance and legal awareness – Egitto

immagine: elaborazione da KyleFinazzo (CC0)

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