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Dopo le 20 persone arrestate nel semi-autonomo arcipelago di Zanzibar, a maggioranza musulmana [Il Grande Colibrì], ora tocca alla Tanzania continentale, dove prevalgono i cristiani, essere teatro di un arresto di massa di persone sospettate di essere omosessuali: come ha annunciato Lazaro Mambosasa, capo della polizia di Dar Es Salaam, nella più grande città del paese africano le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nel Peacock Hotel e hanno arrestato 13 uomini, tra cui il gestore dell’albergo 3 stelle. Tra gli accusati ci sono anche tre stranieri (due sudafricani e un ugandese).

Due organizzazioni, la sudafricana Initiative for Strategic Litigation in Africa (Iniziativa per le cause strategiche in Africa; ISLA) e la tanzaniana Community Health Services and Advocacy (Servizi sanitari e sostegno per la comunità; CHESA), ci hanno riferito che stavano svolgendo nell’hotel una riunione per discutere di un’azione legale per spingere il governo a tornare a fornire alcune cure mediche per malattie sessualmente trasmissibili che recentemente sono state fortemente limitate. Per questo tra gli arrestati ci sono anche tre avvocati e i direttori delle due organizzazioni, Sibongile Ndashe di ISLA e John Kashiha di CHESA.

“Promozione gay”

Tutte le persone sono state arrestate con accuse generiche di “promozione dell’omosessualità”, come ha dichiarato il capo della polizia, ma sono state rilasciate dietro il pagamento di una cauzione. Il giorno dopo, però, la libertà provvisoria è stata revocata senza nessuna giustificazione e tutti gli accusati sono stati di nuovo arrestati. “Siamo decisamente convinti che non ci sia nessuna base legale per questi procedimenti e che gli arresti siano arbitrari e con motivazioni politiche” dichiarano ISLA e CHESA, secondo cui lo scopo delle autorità è intimidire gli attivisti per i diritti umani. A confermarlo è anche la chiusura di CHESA, annunciata ieri.

[per approfondire: Così la Tanzania è diventata un inferno gay in soli 2 anni]

Bisogna ricordare che la legislazione tanzaniana non prevede nessun reato di “promozione dell’omosessualità”, mentre la sezione 154 del codice penale punisce i “reati contro natura” con estrema severità: gli accusati rischiano una condanna al carcere che può andare da un minimo di 30 anni fino all’ergastolo.

Isteria omofoba

Questa legge assurda non è stata applicata per anni, ma tutto è cambiato nel 2015, con l’arrivo al potere del presidente socialdemocratico John Magufuli, che ha individuato nei gay un capro espiatorio su cui riversare tutti problemi del paese. Il nuovo governo non si è limitato ad applicare una legge che era ormai caduta nell’oblio, ma se l’è presa anche con le organizzazioni non governative che difendono i diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali) [Il Grande Colibrì] e con molte cliniche che curavano le malattie sessualmente trasmissibili e che sono state chiuse, provocando pesanti conseguenze per la salute pubblica [Il Grande Colibrì].

[per approfondire: Le politiche anti-gay aiutano la diffusione dell’HIV]

L’isteria omofoba del governo si riflette ovviamente sulle azioni delle forze dell’ordine. Si spiega così il modo in cui Mambosasa, il capo della polizia di Dar Es Salaam, ha gongolato per la retata (“La legge tanzaniana vieta questi atti tra persone dello stesso sesso, sono una violazione della legge nel nostro paese”). E si spiega soprattutto l’esplicito invito alla delazione: “Invito i tanzaniani a continuare a darci informazioni, come nel caso del Peacock Hotel, in modo da permetterci di agire per tempo”.

Un lascito coloniale

In un comunicato congiunto dal Sudafrica, GaySA Radio e la fondazione Pink Loerie hanno commentato gli arresti in Tanzania con queste parole: “L’omofobia è stata importata durante la colonizzazione dall’Europa in Africa, dove le relazioni omosessuali erano abbastanza comuni. L’omofobia è nata dalle leggi dell’uomo bianco venuto per ‘addomesticare i selvaggi’. Peccato che, in un continente che ha combattuto con le unghie e con i denti contro il colonialismo, ora questo aspetto venga difeso come patrimonio africano e le relazioni omosessuali siano descritte come ‘non africane'”.

 

Pier
©2017 Il Grande Colibrì

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