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Molte persone fuggono dai propri paesi perché non hanno la libertà di essere quello che sentono di essere. Trans, lesbiche, gay, queer, bisessuali, asessuali o intersex, scappano da famiglie e società che le discriminano perché non sono conformi alle società etero-normative, arrivano in Europa per chiedere protezione e si trovano intrappolate in un sistema ingiusto che non le sa riconoscere né proteggere. Il progetto SOGICA ci parla di loro e, attraverso loro, come il sistema di asilo, con un po’ di volontà istituzionale e politica, potràessere migliorato e migliorare la vita di chi ha bisogno di protezione.

SOGICA (Sexual Orientation and Gender Identity Claims of Asylum) è un progetto di ricerca finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) finalizzato ad analizzare, attraverso un approccio socio-giuridico, il sistema di accoglienza e asilo in relazione alle persone richiedenti protezione internazionale e rifugiate in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere (SOGI). La ricerca ha fatto emergere la realtà vissuta dalle persone nel sistema di asilo in Italia, Germania e Regno Unito. Il risultato delle ricerca verrà pubblicato in un volume entro settembre 2020 e, grazie al contributo di ERC e della rete IMISCOE (International Migration, Integration and Social Cohesion in Europe), sarà accessibile gratuitamente a chiunque.

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I risultati, però, sono presentati anche con alcuni video realizzati con persone rifugiate LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), con una scelta di formato particolarmente innovativa per una ricerca in ambito accademico. SOGICA ha scelto Il Grande Colibrì per presentare il video relativo all’Italia, che racconta la storia di Mazen Masoud e della sua richiesta di protezione internazionale in base alla sua identità di genere. Per la realizzazione del video, si ringraziano, oltre al protagonista, anche il team video dell’Università del Sussex (Flavio Ferrari e Jayne Rowlands) anche il Movimento Identità Trans (MIT), l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e, per la traduzione, Annalisa Napoli.

Abbiamo intervistato Carmelo Danisi, uno dei quattro membri del team di ricerca. Carmelo è autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti umani, immigrazione e non discriminazione. Attualmente insegna Diritto internazionale presso l’Università di Bologna – campus di Forlì.

Prima di SOGICA ci sono state altre ricerche simili alla vostra?

Non ci sono mai state altre ricerche che hanno coinvolto così tante persone richiedenti asilo e rifugiate LGBTQIA a livello europeo. Posso affermare che SOGICA non si limita a esporre i risultati nel tradizionale stile accademico, ma intende fornire raccomandazioni rivolte all’Europa e ai governi nazionali per migliorare il sistema di asilo partendo dalle idee dei più importanti stakeholder del sistema stesso, cioè le persone asilanti e rifugiate. Di fatto, anche attraverso il volume e i video, il lancio dei risultati di SOGICA tenta di dar voce a chiunque abbia beneficiato del sistema asilo e accoglienza LGBTQIA con l’obiettivo di raggiungere un pubblico il più ampio possibile.

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Complessivamente, con quante persone richiedenti asilo e rifugiate LGBTQIA hai interagito?

In Europa sono state raccolte circa 160 partecipazioni tra interviste individuali e persone coinvolte nei focus group che abbiamo organizzato, di cui oltre 50 in Italia, da nord a sud. Hanno condiviso con noi le loro esperienze nel sistema di asilo e fornito pareri su come migliorarlo. Le loro testimonianze sono state vitali per l’elaborazione delle raccomandazioni finali di tutta la ricerca.

Che ruolo hai avuto in questo progetto?

Ho condotto la ricerca sul campo analizzando la situazione italiana. Inizialmente è stato complicato trovare persone da intervistare, ma grazie alla mappa sul sito di Il Grande Colibrì sono riuscito a raggiungere più persone. In principio, è stato fondamentale comprendere i meccanismi di arrivo delle persone richiedenti asilo in Italia: via mare, dalla rotta balcanica o attraverso visti e corridoi umanitari. Ho cercato nel mio piccolo di studiare i canali di arrivo delle persone richiedenti asilo SOGI, soprattutto considerando che nemmeno il diritto europeo dei diritti umani obbliga gli stati a concedere visti umanitari per evitare le sofferenze e gli abusi dei viaggi “forzati” verso l’Europa.

donna asiatica futuroE poi?

La seconda parte della ricerca si è concentrata sulla procedura di asilo coinvolgendo persone richiedenti asilo e rifugiate LGBTQIA, membri delle Commissioni territoriali, giudici, rappresentanti legali e attivisti delle organizzazioni non governative (ONG) attraverso interviste individuali e focus group. Abbiamo cercato anche di guardare oltre le procedure, per capire cosa succede nell’accoglienza e nella vita oltre l’asilo, come per il lavoro, la salute e l’istruzione.

In Italia, negli ultimi anni abbiamo assistito all’attuazione di una serie di politiche anti-immigrazione che man mano hanno stretto sempre di più la cerchia di chi ha diritto all’accoglienza e alla protezione. Com’è cambiato il sistema di protezione nella penisola rispetto a dieci anni fa?

Partendo dalle buone notizie, dalla ricerca è emerso che è stato positivo sostituire gli esponenti delle commissioni territoriali con veri e propri funzionari, perché molti intervistatori della precedente composizione non erano ben formati sulle questioni SOGI. Inoltre, grazie alle formazioni dell’UNHCR, sembra che i nuovi funzionari delle Commissioni territoriali acquisiscano maggiori competenze rispetto al trattamento dei temi SOGI.

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E per quanto riguarda le cattive notizie, invece?

Nonostante i miglioramenti, alcune modifiche apportate all’iter del sistema asilo sono state percepite negativamente, come l’introduzione della registrazione video delle audizioni. L’abolizione del secondo grado di giudizio in caso di rigetto della domanda e la possibilità lasciata ai giudici di non ascoltare le persone interessate se questi decidono di limitarsi a visionare le videoregistrazioni dei colloqui delle Commissioni possono avere un grosso impatto negativo sulle persone richiedenti asilo SOGI. Infatti, tra le altre cose, non è detto che tutte le persone che arrivano in Italia sappiano spiegare alle Commissioni quello che le ha portate a scappare dal proprio paese.

Poi c’è l’abolizione della protezione umanitaria…

L’abolizione della protezione umanitaria teoricamente non dovrebbe avere conseguenze sulle persone SOGI, in quanto queste hanno il totale diritto a ottenere lo status di rifugiato, perché il motivo delle loro richieste non è assolutamente di tipo umanitario. Dico questo perché ho avuto l’impressione che molti decisori confondano ancora il tipo di protezione da riconoscere: più risultano credibili ai loro occhi le sofferenze, gli abusi e il dramma delle persone richiedenti asilo e rifugiate SOGI, più è certo il riconoscimento dello status di rifugiato. In altre parole, sembra che per alcuni valga la regola “se soffri tanto hai lo status di rifugiato, se soffri meno hai un altro tipo di protezione internazionale o niente“.

uomo nero maglia strisceQuindi possiamo dire che, per una persona SOGI, chiedere asilo in Italia è diventato quasi un gioco d’azzardo. Dipende tutto dalla sensibilità di chi ti intervista?

Il fatto che non ci siano delle politiche che incentivino gli accessi legali al sistema di asilo causa già diversi problemi, obbligando le persone SOGI a nascondere per quanto possibile i loro orientamenti sessuali e identità di genere sia durante il viaggio che dopo l’arrivo. Quindi è già un azzardo provare ad arrivare in Italia senza ritrovarsi bloccate alle porte dell’Europa.

Se arrivano, vengono poi spesso abbandonate in contesti discriminatori, senza un supporto adeguato, cosa che non le aiuterà sicuramente a raggiungere la consapevolezza necessaria per affrontare l’audizione in Commissione. Spesso le associazioni si trovano a dover supplire, ma non è detto che siano le persone più adatte a fornire tali servizi o che tutte le persone richiedenti asilo o rifugiate SOGI, per vari motivi, entrino (o vogliano entrare) in contatto con questi gruppi.

In cosa si differenzia il sistema di asilo in Italia rispetto alla Germania e al Regno Unito?

Prima delle ultime riforme in Italia, c’erano diversi aspetti positivi che in Europa mancano. Ad esempio, la posizione della Cassazione sulla persecuzione, sul ruolo del giudice o sulle informazioni sui paesi di origine (le cosiddette “country of origin information”; COI), nonché i meccanismi informali all’interno delle Commissioni per individuare l’intervistatore più adatto, sono tutti aspetti molto positivi potenzialmente da esportare, ove non presenti, in tutta Europa. Le ultime riforme, però, rischiano di portare il nostro paese indietro, creando delle dinamiche errate in materia di protezione internazionale. Pensa alla lista dei paesi sicuri: questo è un esempio su come peggiorare il sistema di accoglienza!

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Nonostante questo il sistema funziona ancora meglio qui in Italia?

L’Italia resta tutto sommato più accogliente se comparata, ad esempio, al Regno Unito che prevede anche la detenzione per le persone richiedenti asilo. Ci sono stati casi di rigetto relativi a persone omosessuali provenienti da stati che criminalizzano l’omosessualità solo perché non ci sono prove di applicazione di tali leggi, con la conseguenza che la persona richiedente omosessuale non è risultata perseguitata e doveva essere rimpatriata. Anche in Germania, poi, la lista dei paesi sicuri rappresenta un ostacolo a chi intende accedere in modo effettivo al sistema di asilo nazionale.

Insomma, è una sfida continua…

Sì, ma sono felice se questo progetto potrà migliorare la vita anche a una sola persona. Oltre agli aspetti scientifici, i rapporti umani sono stati fondamentali. Sì, perché la ricerca SOGICA è una ricerca “umana” e non poteva per me concludersi in modo migliore con un’intervista “al contrario”. Grazie mille a te e a Il Grande Colibrì per questo!

Lyas Laamari
©2020 Il Grande Colibrì
video: ©2020 SOGICA
immagini: Il Grande Colibrì / elaborazione da Pedro Sandrini (CC0) / da Philip Boakye (CC0)

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