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La sera di mercoledì 23 agosto, il bar Om di Beirut è stato attaccato mentre ospitava uno spettacolo di due drag queen libanesi. Una ventina di uomini, appartenenti all’organizzazione fondamentalista cristiana “Soldati del Signore” (Jnoud al-Rab), ha circondato il locale e aggredito le persone che erano uscite per capire cosa stesse succedendo.

“Questo è un luogo di Satana! Promuove l’omosessualità! È proibito sulla terra del Signore!”, gridavano gli aggressori.

Fortunatamente, lɜ clienti sono riuscitɜ a rientrare, chiudere la porta e barricarsi dentro. Sono restatɜ rinchiusɜ dentro il bar per almeno cinque minuti, mentre gli aggressori tentavano di spaccare la porta, fino a quando la polizia è venuta a disperderli. Secondo uno degli attivisti presenti, però, le forze di sicurezza hanno poi perlustrato il locale alla ricerca di elementi in grado di incriminare i partecipanti all’evento. Inoltre, nessuno degli aggressori – conosciuti da tempo dalle forze di sicurezza – è stato arrestato.

L'esterno del bar Om a Mar Mikhaël, Beirut, dopo l'attentato subito il 23 agosto 2023

L’esterno del bar Om a Mar Mikhaël, Beirut, dopo l’attentato subito il 23 agosto 2023. © Foto di L’Orient Today

Niente solidarietà, dunque, da parte delle istituzioni, anzi: le vittime vengono trattate come colpevoli. Il ministro uscente della cultura Mohammad Mortada ha affermato:

“Se il bar ospitava davvero uno spettacolo che promuove l’omosessualità, perché i servizi di sicurezza non hanno fermato la rappresentazione? Perché non ne hanno chiesto conto a quelli che l’hanno autorizzata e non hanno chiuso il bar?”.

Intanto, benché non ci siano stati feriti gravi, le persone che erano nel bar, ma anche il resto della comunità LGBTQIA+ libanese, sono profondamente scosse, provano rabbia e paura.

I “SOLDATI DEL SIGNORE”

Ma chi sono questi “Soldati del Signore” dietro l’attacco? Il gruppo armato è stato fondato nel 2019, auto-proclamandosi una forza di difesa cristiana in opposizione al partito sciita Hezbollah, unico partito libanese autorizzato ufficialmente a mantenere una sua milizia. Animati da un’ideologia retrograda, i Soldati del Signore considerano il Covid, la crisi economica e i tagli di elettricità che ha vissuto il Libano come una punizione divina. Il loro simbolo: uno scudo con la croce bianco e rosso, le ali di San Michele e la Bibbia.

Soldati del Signore

Se questi uomini armati provengono dalle classi popolari cristiane, numerose fonti ufficiose hanno rivelato il loro legame con il banchiere Antoine Sehnaoui, presidente della Société Générale de Banque au Liban (SGBL). La comunità LGBTQIA+ sottolinea il paradosso di un Paese in cui, mentre la classe dirigente e le banche sono responsabili di una delle crisi finanziarie più gravi della storia contemporanea ma prosperano nell’impunità, le persone emarginate come lesbiche, gay, trans, bisessuali e queer, sono prese di mira e diventano un capro espiatorio.

I Soldati del Signore se la prendono con i musulmani, con i rifugiati siriani e palestinesi, ma ingaggiano anche una battaglia all’interno degli stessi quartieri cristiani, alcuni dei quali – per esempio, Mar Mikhael e Ashrafieh a Beirut – accolgono molti locali, serate ed eventi culturali destinati alla comunità LGBTQIA+. L’organizzazione aveva già perpetrato una serie di atti vandalici e intimidatori contro la comunità LGBTQIA+, che negli ultimi anni mostra sempre più visibilità e dinamismo nello spazio pubblico.

LA CAMPAGNA D’ODIO DA TUTTI I FRONTI

Questa maggiore visibilità incontra l’ostilità e la repressione di tutte le autorità religiose e le forze politiche tradizionali. Nell’ultimo anno, i discorsi d’odio e le misure anti-LGBTQIA+ hanno proliferato, attraversando le frontiere confessionali che sembrerebbero di solito dividere il Libano.

Un anno fa, il ministro dell’interno aveva fatto proibire gli eventi del Beirut Pride, con l’approvazione dell’autorità pubblica sunnita Dar al-Fatwa. Lo sheikh Hassan Merheb, vice-ispettore generale della stessa Dar al-Fatwa, ha ringraziato giorni fa i Soldati del Signore per aver “bloccato una festa di persone sessualmente devianti”.

Sostenitrici della causa LGBTQ+ sventolano l'iconica bandiera arcobaleno durante la marcia delle donne a Beirut, 8 marzo 2020

Sostenitrici della causa LGBTQ+ sventolano la bandiera arcobaleno durante la marcia delle donne a Beirut, 8 marzo 2020. © Foto di João Sousa

Nel mese di luglio, Hassan Nasrallah, il leader sciita di Hezbollah, ha esortato a boicottare tutti i prodotti con il simbolo dell’arcobaleno e ha dichiarato che l’omosessualità dovrebbe essere punita con la pena di morte. Sempre nel campo sciita, ma con il partito Amal, il ministro della cultura Mohamed Mortada ha richiesto l’interdizione del film Barbie, sostenendo che promuoverebbe l’omosessualità, e ha presentato, insieme ad altri, un progetto di legge per criminalizzare esplicitamente l’omosessualità – proprio mentre altri deputati proponevano l’abolizione dell’articolo 534 del codice penale, che criminalizza le relazioni “contro natura”.

Tra i drusi, invece, il ministro dell’istruzione Abbas Halabi (Partito socialista progressista) ha fatto confiscare il gioco da tavola Scale e serpenti, per il suo logo arcobaleno. Gebran Bassil, leader cristiano maronita del Movimento patriottico libero, ha detto dal canto suo che il movimento LGBTQIA+ sta tentando di “disintegrare la famiglia” e “manipolare la natura umana, cambiandola rispetto alle intenzioni del Creatore”.

UNA DICHIARAZIONE DI SOLIDARIETÀ

L’attacco al bar Om non è quindi un episodio isolato, l’iniziativa di qualche cane sguinzagliato, ma il risultato di ripetute istigazioni all’odio e di un’omobitransfobia istituzionale.
Per questo, il sindacato alternativo della stampa ha lanciato un appello firmato da una ventina di media libanesi, che condannano senza riserve i discorsi omofobi ed esortano la stampa ad astenersi dal linguaggio discriminatorio (per esempio, dall’espressione “devianza sessuale”). L’appello ricorda che la difesa dei diritti LGBTQIA+ interessa tutta la società, e non solo il gruppo in questione, perché rientra in una lotta più ampia per le libertà civili e personali, che si trovano minacciate da qualsiasi atto di discriminazione e di censura.

 

Simone Spera
©2023 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di L’Orient Today

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