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Cosa viene insegnato agli imam che si formano alla Grande Moschea di Bruxelles, la più antica della capitale del Belgio? È questa la domanda che ha spinto l’Organe de Coordination pour l’Analyse de la Menace (Organo di coordinamento per l’analisi della minaccia; OCAM) a studiare i manuali in lingua araba utilizzati nell’anno accademico 2016-2017 e a inviare alla commissione parlamentare che si occupa di terrorismo un rapporto in cui non si usano giri di parole: il contenuto della formazione “si basa su idee salafite che incitano al rifiuto di ogni idea diversa, delle libertà e dei diritti fondamentali costituzionali“.

I manuali scelti dai dirigenti della Grande Moschea sono lontani dal sentire comune dei musulmani belgi, ma molto vicini al wahhabismo saudita e al fondamentalismo in generale: un libro, “‘Ahl Al-Sunnat wa-l-Jamaea” (I sunniti e la comunità) di Mohammad Abdel Hadi al-Masri, è stato usato per esempio anche dal gruppo terrorista Al-Qaeda per insegnare ai propri adepti l’importanza del jihad armato e… del rispetto dei propri superiori gerarchici, anche se corrotti.

Un altro volume, “Minhaj Al-Muslim” (La via del musulmano) di Abu Bakr Al-Jaza’ri, spiega, tra gli altri argomenti, le modalità corrette con cui uccidere gli omosessuali condannati a morte. E non mancano frasi fortemente offensive nei confronti degli ebrei, descritti come corrotti, volgari e avidi.

La Grande Moschea di Bruxelles

Non c’è molto da sorprendersi: sono almeno 20 anni che il Centre Islamique et Culturel de Belgique (Centro islamico e culturale di Belgio; CICB), l’ente di gestione della moschea, controllato dall’Arabia Saudita, è accusato, tanto dalle istituzioni quanto da buona parte della comunità musulmana belga, di diffondere una visione fondamentalista dell’islam. Nel 2012 il Belgio ha espulso il direttore del CICB, ma non ha mai cercato seriamente di affrontare il problema, soprattutto perché i leader del Centro hanno agito spesso da canale diplomatico informale tra il governo di Bruxelles e il ricco regno saudita.

Le cose sono cambiate dopo gli attentati di Parigi, nel 2015, e di Bruxelles, nel 2016, quando polizia e stampa hanno puntato più attentamente lo sguardo sul fondamentalismo islamico nel paese ed è emerso con più chiarezza il ruolo della Grande Moschea nella radicalizzazione di molte persone. Due mesi fa, quindi, il governo ha deciso di sottrarre il luogo di culto al controllo dell’Arabia Saudita e di affidarlo invece all’Exécutif des Musulmans de Belgique (Esecutivo dei musulmani di Belgio; EMB), l’organizzazione che rappresenta ufficialmente i musulmani sunniti e sciiti di fronte alle istituzionali statali.

Una comunità aperta e tollerante

Per la comunità musulmana belga, caratterizzata per la stragrande maggioranza da persone tutt’altro che fondamentaliste, il passo avanti non è stato esaltante: se il CICB è apertamente controllato dall’Arabia Saudita wahhabita, l’EMB è boicottato dalla maggioranza dei fedeli da quando, nel 2005, è finito sotto il controllo informale del governo turco, che non è certo progressista. Insomma, l’EMB è decisamente più aperto del CICB, ma non rappresenta davvero una comunità che in maggioranza crede nella laicità e rigetta il conservatorismo religioso, come ha mostrato una ricerca della Fondation Roi Baudouin già nel 2009.

Anche per questo gli insegnamenti proposti dalla Grande Moschea sono da condannare, senza però sopravvalutarne la forza di incidere sulla comunità: non solo nessun imam in nessuna moschea formalmente riconosciuta in Belgio ha seguito corsi di formazione organizzati dal CICB, ma dagli anni ’90 le moschee non riconoscono alcun valore ai titoli di studio prodotti da questo ente. È lo stesso OCAM a precisare, comunque, che in Belgio la nuova generazione di imam si caratterizza per la propria apertura, per l’accettazione della modernità e per il rispetto dei principi democratici.

 

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì

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