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Si sa: l’Italia non è (tra l’altro) un paese per i diritti LGBT. Non solo non si riesce ad ottenere una legge sulle unioni civili, ma non si arriva nemmeno alla soglia minima di una norma anti-omofobia.

Non sono passate che due settimane dal drammatico suicidio di Andrea, lo studente romano vessato perché considerato omosessuale o effeminato [la Repubblica], che oggi persone senza ritegno prendono la frase del padre (“Mio figlio non era gay”) e ci costruiscono un’accusa ai media di aver strumentalizzato la tragedia [UCCR]. Come se il fatto che il quindicenne fosse o meno effettivamente omosessuale fosse il nocciolo della vicenda e non si possano avere insulti omofobici anche contro persone non gay. E che gli atti di bullismo dettati dall’aspetto effeminato del ragazzo siano esistiti non è mai stato in dubbio [Il Messaggero], tranne che per la sempre più persa deputata Paola Concia.

E che la scuola si dimostri terreno sempre più fertile per l’omofobia [Il Grande Colibrì] si evince anche da altri episodi di questi giorni: in Val di Vara, provincia di Genova, un insegnante di religione mette una nota a due ragazzi a causa dei loro “atteggiamenti omosessuali”. L’articolo, uscito sul quotidiano ligure “Il secolo XIX” non compare tuttavia in rete sul sito del giornale, alimentando il sospetto di una piccola autocensura.

Ancora più inquietante quanto avvenuto in una scuola dell’Arizona, a Mesa, dove due ragazzi coinvolti in una zuffa sono stati puniti dal preside a sedere in cortile per quindici minuti tenendosi mano nella mano, mentre gli altri studenti li filmavano e li deridevano, chiedendo loro se fossero gay: magari con le migliori intenzioni, infatti, la punizione dell’autorità ha portato i compagni di scuola ad esprimere atteggiamenti omofobici, tanto che il distretto scolastico ha annunciato che convocherà il preside per ascoltare le sue giustificazioni sulla vicenda [ABC 15, via Wayback Machine].

Ma oltre agli insegnanti molto possono anche i compagni, com’è accaduto nel caso del quindicenne romano: a Vicenza, fortunatamente, i genitori di un sedicenne vessato dagli altri studenti perché considerato gay, hanno sporto denuncia e la vicenda è venuta alla luce prima che le conseguenze non fossero più tragiche di un (si spera temporaneo) abbandono scolastico [Il Giornale di Vicenza].

Se non si riesce a varare una legge per punire l’omofobia, è difficile pensare che davvero si arrivi presto ad una legalizzazione delle unioni civili anche per le persone dello stesso sesso, come hanno promesso i due candidati al ballottaggio delle primarie del centrosinistra. Così, per intanto, è meglio far affidamento sui pochi e sporadici pronunciamenti locali: come quello del comune di Bari, che da gennaio istituirà il registro delle unioni gay [Il Fatto Quotidiano].

Ma mentre il mondo occidentale sembra essere avviato decisamente verso il riconoscimento di eguaglianza del matrimonio tra eterosessuali o tra gay, come dimostrano l’avanzamento dei riconoscimenti in Australia [Gay Star News] o il primo matrimonio omosessuale nell’accademia di West Point [ABC News], anche fuori dall’Italia si registrano sporadiche battute d’arresto.

Accade, per esempio, che in Nevada – a differenza di quanto è avvenuto in molti stati americani per pronunciamenti del genere – un giudice giustifichi la legge che vieta il matrimonio omosessuale con la (invero risibile) argomentazione che questo tipo di unione intaccherebbe il matrimonio eterosessuale [BuzzFeed]. E, mentre a Taiwan è attesa una decisione giudiziaria sul diritto a sposare una persona del proprio stesso sesso [Asia One], in Germania, dopo tante promesse, la cancelliera Angela Merkel si è rimangiata la parola data e ha escluso un pari trattamento fiscale per le coppie etero ed omosessuali [Queer]. Tutto il mondo è paese, quindi?

 

Michele
©2012 Il Grande colibrì

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