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Al Nido del Colibrì aiutiamo tante persone che hanno un rapporto con la morte che la media dellə italianə e dellə abitanti della parte “più fortunata” del mondo, non ha. Vengono da Paesi in cui la morte fa parte della quotidianità e quasi tuttə hanno fatto dei viaggi terribili per arrivare qui, vedendo morire le loro compagnə di viaggio e rischiando di morire a loro volta. E comunque sono persone che molto spesso fanno fatica ad esprimere i loro sentimenti.

Per questo la cosa che, forse, impressionava di più durante la funzione funebre del nostro volontario Maurizio Rivioli, era vedere questə ragazzə scappatə da paesi africani, piangere dall’inizio alla fine, in alcuni casi piegatə a terra dal dolore, perché comunque – anche se alla morte ci si può abituare – soffrire per una persona cara è un’altra cosa. Per alcunə di loro Maurizio era stato un amico, per altrə una ventata di allegria in momenti davvero difficili, e per qualcunə altrə era stato davvero come un fratello.

Ad esempio per James, che era stato accolto in casa sua per un anno quando la pandemia non gli dava altre possibilità e quando – nonostante tutte le sue vulnerabilità – l’unica alternativa sarebbe stata la vita in strada in uno dei periodi più complicati della storia recente dell’umanità. Il padre di Maurizio era deceduto da poche settimane, ma lui e sua madre avevano deciso di farsi carico di un ragazzo scappato dalla Nigeria a cui non rimaneva praticamente nulla, e senza pretendere niente in cambio. Così James ha potuto cominciare a studiare italiano e, lentamente, ha iniziato a ricostruire la sua vita.

Se è vero che le persone andrebbero giudicate dai fatti e non dalle parole, già questo basterebbe a spiegare che tipo di persona era Maurizio. Però Maurizio era anche altro. A volte si pensa che per fare grandi cose, e per aiutare gli altri, bisogna avere grandi risorse e grandi possibilità, ma lui era la prova vivente che il più delle volte questa è una scusa. Lui era un semplice correttore di manuali tecnici, che aveva perfezionato il suo inglese da autodidatta. Aveva una grande passione per l’horror e per i videogames, lo disgustava il pesce (e in generale tutto quello che proveniva dal mare) e aveva il suo giro di amicizie che si coltivava da anni e anni. Era un po’ perfezionista, ci teneva sempre a fare bella figura e a fare le cose per bene. Alla fine era una persona assolutamente nella media. Però, a un certo punto, aveva deciso che si era stancato di subire passivamente il fatto che Piacenza fosse così poco accogliente per la gente come lui (tant’è che la sua prima comitiva gay la trovò a Bologna).

Maurizio era gay, e non è che la vita in provincia fosse stata proprio il massimo per chi – come lui – non simulava di essere qualcos’altro. Ogni tanto ricordava quanto fosse stato brutto per lui essere emarginato e bullizzato e quanto ne aveva sofferto. Finché un giorno non ha pensato che invece di passare il tempo a lamentarsi e a incarognirsi, sarebbe stato più sensato darsi da fare in prima persona per cambiare le cose.
Quando io mi avvicinai all’Arcigay di Piacenza, nel 2005, lui c’era già… E quando – pochi anni dopo – l’associazione si sfaldò, eravamo rimasti solo noi due a cercare di tenerla in piedi. All’inizio fu davvero difficile, e se non ci fosse stato lui – ovviamente – non se ne sarebbe fatto nulla. Però lui ci credeva, c’era sempre e c’era sempre di più, man mano che le attività aumentavano. Lui, nel suo piccolo, voleva fare tutto il possibile per cambiare le cose e rendere il mondo un posto migliore. Sempre educato, gentile e determinato.

Alla fine penso che, al di là del suo attivismo, il suo più grande contributo alla comunità LGBT+ sia stato proprio quello di essere un inconsapevole testimonial per la causa: lui era la prova vivente che le persone gay possono essere gentili, educate, rispettose e che sanno farsi amare per quello che sono. E infatti tutti apprezzavano il suo modo di porsi, e il suo modo di farsi voler bene pur rimanendo sempre se stesso.

Poi è successo che, lasciando Arcigay, gli chiedessi di provare a seguirmi in questa idea del Nido del Colibrì, nel 2017. A dire la verità all’inizio era poco convinto e anche un po’ deluso dal mondo dell’associazionismo in generale, ma mi diede una possibilità e, come era solito dire, poco dopo gli si era aperto un mondo. Iniziando a conoscere questə ragazzə e le loro storie, diventando loro amico e iniziando a condividere le loro esperienze, aveva iniziato a vedere il mondo e la vita sotto un punto di vista completamente nuovo. Ricordo che le prime volte che raccoglievamo le storie di queste persone per prepararle alle richieste d’asilo, mi raccontava che spesso piangeva come una fontana tornando a casa perché non si aspettava che quello che facevamo potesse essere così importante. E alla fine, in questa esperienza, siamo cresciuti insieme e abbiamo aiutato sempre più persone, affrontando situazioni sempre più complicate. Però lui c’era sempre, e se a volte i soldi della cassa non bastavano ci metteva anche del suo, perché diceva che “tanto i soldi mica me li devo portare nella tomba”.

I soldi, alla fine non se li è portati nella tomba, ma la nostra bandiera sì e anche l’affetto di tutte le persone che gli hanno voluto bene e che ne sentiranno la mancanza. Al funerale tante persone, etero o gay senza distinzioni, si sono presentate con qualcosa di arcobaleno senza nemmeno mettersi d’accordo o addirittura con la maglietta con la scritta “WHY NOT?” che lui era solito indossare alle manifestazioni. Questo, probabilmente, dimostra quanto sia riuscito a far passare il suo messaggio e quanto adesso sarà importante portarlo avanti.

Sicuramente questo è il modo migliore per ricordarlo, mentre mi piace pensare che in questo momento abbia già avuto la possibilità di scambiare qualche parola con Michael Jackson, di cui era un grandissimo fan.
Riguardo al fatto che, dopo essere deceduto per un’embolia polmonare sia diventato vittima di novax e omofobi della peggior specie, al di là del disgusto resta sempre valido l’aforisma di Oscar Wilde: “Mai discutere con un idiota. Ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza”. E poi a Maurizio piacevano i fatti, non le parole, e i fatti sono che ci vorrebbero più persone come lui, e che lui dovrebbe essere un esempio e un’ispirazione per tante persone… O perlomeno per quelle che vogliono davvero contribuire a cambiare le cose come voleva fare lui.

É stato bello conoscerlo, ed è stata una fortuna averci avuto a che fare. É un peccato che ci abbia lasciato così presto, ma è una grande fortuna che ci sia stato.

Ciao Maurizio, ti ricorderemo per sempre

Valeriano Scassa (Wally)

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