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Il governo di Pechino è decisamente preoccupato per la scarsa “virilità” dei bambini cinesi: educati in scuole in cui le donne costituiscono la maggioranza del corpo docente, i piccoli maschi sarebbero diventati troppo timidi e “delicati” per i gusti del Partito comunista cinese. Per contrastare questa presunta deriva verso l'”effeminatezza”, il ministero dell’educazione ha promesso di aumentare la quantità e la qualità delle ore di educazione fisica: si spera, in altre parole, che i bimbi ritrovino in palestra la propria “mascolinità” perduta.

Vecchi stereotipi

Che esista davvero un problema per moltissimi bambini cinesi è opinione comune, condivisa anche da molte persone serie: la politica del figlio unico, adottata dal regime cinese dal 1979 al 2015, ha avuto come effetto quello di spingere i genitori a coccolare e proteggere oltre misura i bambini, che, non a caso soprannominati “piccoli imperatori”, spesso sono cresciuti tanto viziati quanto incapaci di gestire le relazioni umane e i problemi della vita quotidiana una volta usciti dal nido di bambagia della famiglia. Ma se il problema è reale, è invece sciocco pensare che debba essere interpretato come una questione di virilità ed è assurdo che siano ancora viste come caratteristiche femminili la fragilità emotiva, l’insicurezza, la debolezza psicologica.

Per questo la studiosa femminista Li Jun è arrabbiata: “La proposta ha riproposto alcuni stereotipi diffusi in Cina sulla mascolinità maschile che vanno contro l’uguaglianza di genere e la diversità, per esempio l’idea che l’effeminatezza sia qualcosa di negativo e pericoloso, mentre la virilità sarebbe utile alla nazione cinese“. Di fronte a queste critiche, l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua ha cercato di correre ai ripari con la proverbiale pezza che è peggio del buco, e cioè spiegando che quando il governo dice di voler rafforzare la mascolinità dei bambini non intende enfatizzare le differenze di genere, ma semplicemente sviluppare la vigoria del loro corpo e la forza del loro spirito. Insomma, siamo ancora al concetto di “sesso forte”…

bambino cinese asiatico occhiAllarme virilità

La crisi della virilità, d’altra parte, è un tema ricorrente in Cina. Molti genitori delle classi medio-alte, spaventati da presunti sintomi di “delicatezza” femminea nei loro pargoli, li gettano direttamente dal divano di casa a campi di allenamento militare stile marines che promettono di trasformarli in “veri uomini”. E nel 2017 le scuole elementari di tutto il paese hanno adottato un libro, “Xiaoxiao nanzihan” (Piccolo uomo), pieno zeppo di stereotipi di genere per insegnare ai bambini a diventare bravi maschi capitalisti. L’idea comune, d’altra parte, è che l’economia cinese abbia bisogno di maschia determinazione per assicurarsi un posto stabile nella vasca degli squali del capitalismo globale di oggi.

Ma la mascolinità dei bambini significa ancora di più per la Cina, come scriveva pochi anni fa Tiantian Zheng, docente di antropologia alla State University di New York a Cortland: per la cultura oggi dominante “l’assenza di virilità non è solo una minaccia pubblica e nei confronti della famiglia, ma è anche una metafora di mascolinità passiva e di crisi della nazione”. Ripristinare una fantasmagorica virilità perduta diventa così un elemento cruciale per salvare l’esistenza stessa della Cina. Ma quanto è stabile un ordine sociale fondato sui castelli di carta del pregiudizio?

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Kena Goebel (CC0) / da PxHere (CC0)

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