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Nasce un arcobaleno di speranza in Africa? E’ questo che ci si può legittimamente chiedere dopo la sentenza che una settimana fa ha fatto a pezzi la legge omofobica, basata sul diritto coloniale britannico, che condanna la sessualità “contro natura”. Ad emettere il giudizio, tra l’altro, non è stato un tribunale di una remota provincia, ma la corte suprema del Kenya, che era stata interpellata da Eric Gitari dopo che l’ufficio che concede lo status di ONG alle associazioni aveva negato questo riconoscimento alla sua Commissione nazionale per i diritti umani gay e lesbici, nella primavera del 2013. Ma l’Alta corte, riconoscendo il buon diritto dell’associazione ad ottenere lo status richiesto di ONG, è andata oltre ogni più rosea previsione: non solo ha censurato l’ufficio preposto per aver violato la libertà di associazione, ma ha anche suggerito che la costituzione bandisca esplicitamente le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale delle persone.

Un’interpretazione delle norme anti-discriminatorie che escluda le persone a causa del loro orientamento sessuale – hanno motivato i tre giudici dell’Alta corte – sarebbe in conflitto con i principi della dignità umana, dell’inclusione, dell’uguaglianza, dei diritti umani e della non-discriminazione stessa“. Le intere norme che puniscono il sesso “contro natura”, che molti politici suggerivano di implementare seguendo l’esempio (invero non molto riuscito) del vicino Uganda, potrebbero venire spazzate via da questa sentenza, tanto più che i giudici hanno anche osservato che nessuna legge che attacca i rapporti omosessuali chiarisce quale sia l’ordine naturale contro cui questi atti si verificano (buzzfeed.com).

Naturalmente la politica non l’ha presa bene: sia dalla maggioranza che dalle minoranze sono piovuti attacchi alla decisione della Corte ed inviti alla procura generale affinché si appelli contro questo giudizio e a tuonare sono stati tanto i partiti laici quanto i partiti religiosi (the-star.co.ke). E, a proposito di religioni, la Chiesa anglicana del Kenya e l’Alleanza evangelica del Kenya si sono entrambe appellate alla politica affinché venga rovesciato il giudizio dei tre giudici della Corte suprema, riservandosi peraltro di fare ricorso anch’esse (separatamente) qualora il parlamento non intervenisse o lo facesse in modo giudicato insufficiente (standardmedia.co.ke).

Può essere che alla fine quella di Eric Gitari si dimostri una vittoria di Pirro, ma resta il fatto che i giudici del Kenya negli ultimi mesi abbiano registrato, evidentemente, un cambiamento di sentire della popolazione, lo stesso che nelle ultime settimane ha permesso, tra mille difficoltà, a Audrey Mbugua di diventare un’icona per le persone transessuali (ilgrandecolibri.com) o alla cantante keniota Noti Flow di fare coming out sulla sua bisessualità (ilgrandecolibri.com).

Forse è presto per esultare. Ma la possibilità che qualcosa cambi anche in Africa, stavolta, sembra essere più consistente ed ha bisogno di tutto il nostro appoggio, senza ricatti ma con l’aiuto a chi si batte utilizzando il diritto, come ha fatto Gitari.

Michele Benini
©2015 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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