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Malgrado la civiltà sembri avanzare, almeno sul piano dei diritti delle persone, ci sono argomenti che restano tabù, specie in alcuni contesti: tra questi, nonostante i dibattiti, l’eutanasia; tra questi, nel tacere generalizzato, l’incesto. Basti pensare a quanto polverone sollevò tra i cattolici integralisti come Paola Binetti (UdC) la norma che, equiparando finalmente figli e figliastri, non faceva più distinzioni nemmeno per quelli nati da una relazione incestuosa (ilfattoquotidiano.it). A rompere il muro del silenzio, nei giorni scorsi, ci ha pensato il Consiglio etico tedesco, che ha proposto – con ovvie limitazioni legate alla mancata consensualità del rapporto o al rapporto che includa un bambino o un adolescente – la depenalizzazione di un reato che, al di là della cultura tradizionale, non ha davvero nessuna ragione di esistere.

Nonostante questo, l’intero panorama dei media italiani, nel riportare (ma senza troppa evidenza) la notizia, l’ha bollata come “proposta choc“. Invece, attraverso una lunga disanima che considera i diversi aspetti della vicenda, i contesti, le leggi tedesche e quelle di altri paesi e le possibili modifiche degli articoli di legge che rendono illegali i rapporti sessuali con altri componenti della famiglia, il Consiglio etico ha proposto la sua opinione (ethikrat.org) che, qualora adottata, donerebbe legalità a centinaia di relazioni più o meno clandestine che intercorrono tra fratelli e tra genitori e figli (maggiorenni) nel solo territorio germanico.

E’ peraltro interessante notare come, a dispetto di quante resistenze continui a trovare anche il solo affrontare l’argomento, molti paesi abbiano già abrogato dal codice penale il reato di incesto, sulla scorta della Francia che lo cancellò nel 1810: tra gli stati che non prevedono punizioni ci sono molte nazioni europee (tra cui Belgio, Olanda, Spagna e Portogallo) e sudamericane (come Argentina e Brasile), ma anche alcuni paesi che ci aspetteremmo più oscurantisti, come Cina, Giappone, Russia, Turchia e Costa d’Avorio. In alcune di queste realtà, tuttavia, rimane reato il rapporto tra familiari dello stesso sesso, qualora siano in vigore norme che proibiscono più o meno esplicitamente l’omosessualità.

Naturalmente ci sono paesi che, lungi dal depenalizzare o dal non applicare le previste leggi punitive in vigore, puniscono ancora severamente le relazioni tra consanguinei: è il caso, per esempio, dello Zambia dove un fratello e una sorella sono finiti ieri davanti al giudice per aver avuto una relazione incestuosa, proibita dal codice penale e parzialmente ammessa dagli stessi imputati (lusakatimes.com).

E l’Italia? Nel nostro paese non è più tempo di processi sensazionalistici, ma i rapporti tra fratelli o tra genitori e figli sono tuttora punibili, secondo quanto previsto dall’articolo 564 del Codice penale, con la detenzione in carcere fino a otto anni nel caso in cui sia dato pubblico scandalo e il rapporto sia continuato (nanopress.it). Del resto l’Italia è anche la patria di tanti bigotti, come i Cristiani per la nazione, che – con la logica ferrea delle loro menti di ghisa – vedono la “deriva” verso l’incesto come immediata conseguenza del matrimonio gay (presentando peraltro la notizia in modo truffaldino) e considerano sia l’accettazione dell’incesto che quella dei diritti per le persone LGBT come concessione a “malati mentali“, che un tempo “si curavano, ora si assecondano” (cristianiperlanazione.it).

Ma ovviamente non siamo i soli ad avere persone con questa apertura mentale: anche nei Balcani non scherzano. La Chiesa ortodossa serba è infatti intervenuta sul recente primo Pride svoltosi senza violenze, proponendo anch’essa un parallelo tra i diritti delle minoranze sessuali e i rapporti tra familiari: “Se l’orientamento omosessuale è giustificato e deve essere promosso, perché lo stesso non si applica alla pedofilia, che è diffusa nel mondo occidentale, o all’incesto?” si chiede il patriarca Irinej nella sua riflessione (inserbia.info). Davvero un buon modo di affrontare la realtà.

Michele
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