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Il viaggio del primo ministro canadese Justin Trudeau in Senegal ha portato i suoi frutti: il presidente del paese africano, Macky Sall, ha promesso il suo voto favorevole per assegnare a Ottawa un seggio nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Strette di mano, sorrisi calorosi, scambi di battute dai toni confidenziali: l’atmosfera in conferenza stampa era delle migliori. Poi è arrivata la domanda sui diritti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), in un paese in cui gli “atti impudichi o contro natura con un individuo del proprio sesso” sono condannati con il carcere fino a 5 anni.

I due politici, però, erano preparati. Trudeau ha ribadito che difende i diritti umani e per questo ha “parlato brevemente” (wow, che eroe!) delle minoranze sessuali: in fondo basta poco per rimanere il santino dei progressisti di tutto il mondo. Sall ha fatto un discorsetto il più vago possibile, con un colpo al cerchio e uno alla botte: “Il Senegal è uno stato di diritto che rispetta i diritti umani, ma il codice vieta l’esibizione, le relazioni contro natura. Non si può chiedere al Senegal di dire che domani l’omosessualità sarà legale, che domani ci sarà un Gay Pride, eccetera. Sono cose impossibili, perché la nostra società non le accetta. La società deve evolvere, ed evolverà: ci vorrà il tempo che ci vorrà“. E così erano convinti di essersela cavata brillantemente.

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Interpretazioni divergenti

E Trudeau, in effetti, se l’è cavata proprio bene, con tanti bei titoli di giornale che osannano la sua coraggiosa lotta per i diritti, anche se dietro il fumo rosa non c’è traccia di arrosto. Molto meno bene è andata per Sall, accusato da più parti di aver rinunciato alla battaglia contro il “vizio”. Ecco per esempio la dichiarazione dell’Association Sénégalaise pour le Suivi et l’Assistance aux Malades Mentaux (Associazione senegalese per la cura e l’assistenza dei malati mentali; ASSAMM): “Dicendo che queste minoranze non si preoccupano mai in Senegal, il presidente Macky Sall ha legalizzato l’omosessualità. Ora il lavoro che gli resta da fare è trascinare il nostro paese in questo mondo satanico che alcuni dirigenti vogliono imporre all’umanità“.

Altre organizzazioni hanno interpretato le parole di Macky Sall in senso diametralmente opposto, ma condividendo in parte il quadro complottista. Per esempio, il Cadre Unitaire de l’Islam au Sénégal (Quadro unitario dell’Islam in Senegal) “nota con soddisfazione la coerenza [del presidente; ndr] nelle dichiarazioni a proposito di questo importante problema che costituisce una delle basi della resistenza della nostra società a una globalizzazione sfrenata che cerca di universalizzare tanto i modelli familiari e gli stili di vita occidentali quanto la loro visione del mondo“.

senegal ragazzi lotta spiaggiaLe reazioni della stampa

Nella stampa si notano le stesse tendenze. Ecco Baba Gallé Diallo che denuncia che “gli omosessuali vogliono prendere il potere politico” e preannuncia “il mondo al contrario, la fine della famiglia. Peggio: la fine della civiltà. Un big bang sociale che farà sparire tutti i valori di civiltà che l’umanità ha impiegato tanti millenni a costruire“. L’editorialista si schiera  a fianco del “coraggio del presidente Macky Sall” di fronte al tentativo di “seppellire le nostre convinzioni religiose, culturali e sociali nelle profondità abissali dell’omosessualità e del matrimonio per tutti“. E conclude: “La storia ricorderà che Sall non si è arreso e ci ha salvato dall’instaurazione di un mondo al contrario in cui i nostri figli non si riconoscerebbero“.

Al contrario, Gondiel Ka accusa il presidente di aver nascosto la legalizzazione dell’omosessualità negli obiettivi dell’azione per la parità dei sessi. Anche questo articolo è un concentrato di assurdi complottismi, ma conviene leggerlo con attenzione: “L’Africa nera è una terra di omicidi, di omicidi mirati, di genocidi, di guerre, di massacri, di dirigenti che sono i più grandi assassini di questo mondo libero. Insomma, una terra di calvario e d’inferno. E i nostri dirigenti obbediscono ancora ai macabri ordini di alcuni occidentali che sono sanguisughe e vampiri, che rubano, saccheggiano e sequestrano con la forza delle armi le risorse degli africani poveri, malati e terrorizzati dai potenti, nelle mani di cannibali che bevono il sangue dei loro compatrioti in miseria“.

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La coerenza della lotta

Dietro ai toni apocalittici, dietro all’apparenza delirante, emerge una cupa verità: la lotta per i diritti delle minoranze sessuali non avrà nessuna credibilità, e anzi alimenterà ancora di più la diffidenza delle popolazioni, finché sarà portata avanti dagli stessi governi che accettano e spesso incentivano la violazione di altri diritti umani. Il leader occidentale che si fa paladino della comunità LGBTQIA mentre ignora il resto della popolazione e contribuisce alla devastazione ambientale, mentre addirittura pone sempre più ostacoli persino alle persone LGBTQIA che chiedono protezione nel suo paese, sta solo girando uno spot per i propri elettori, mentre contribuisce a rappresentare le minoranze sessuali come corpi estranei e ostili.

Una seria politica di difesa dei diritti delle persone LGBTQIA può esistere solo all’interno di una politica più ampia di difesa dei diritti di ogni essere umano. Il punto di vista intersezionale, insomma, non permette solo di considerare l’individuo in tutti i suoi aspetti, ma è anche l’unico punto di vista che garantisce un’azione efficace e sensata a livello globale. Altrimenti la lotta si riduce all’elemosina avvelenata con cui il più fortunato si fa bello della propria inutile pietà verso la massa indistinta degli sfortunati.

Pier Cesare Notaro
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Steve Jurvetson (CC BY 2.0) / da Yoann Gauthier (CC BY-NC 2.0)

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