Skip to main content

Netsweeper è un’azienda privata con sede a Waterloo, in Canada, che si occupa di creare sistemi per filtrare i risultati di ricerca sul web. L’agenzia collabora con diversi stati tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia. Recentemente è finita sotto i riflettori perché i suoi prodotti informatici sono stati accusati di violazione dei diritti umani, tramite la censura di siti web, in dieci paesi asiatici e africani (Afghanistan, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, India, Kuwait, Pakistan, Qatar, Somalia, Sudan e Yemen).

Censurati i contenuti LGBTQIA

L’inchiesta – condotta da Ronald Deibert, professore di scienze politiche all’Università di Toronto, e dalla piattaforma online Citizen Lab – ha fatto emergere le gravi violazioni dell’azienda canadese, che avrebbe utilizzato sistemi di filtraggio preimpostati (chiamati “alternative lifestyles”) per censurare siti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) e di prevenzione contro l’HIV/AIDS.

La censura avveniva categorizzando i siti come pornografici e bloccando automaticamente l’accesso a chiunque tentasse di accedervi. Tra le vittime della censura negli Emirati Arabi, ad esempio, troviamo il sito dell’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association (Associazione lesbica, gay, bisessuale, trans e intersex internazionale; ILGA). Nel mirino della Netsweeper, purtroppo, sono finiti anche contenuti di tipo politico e religioso contrari alla fazione più conservatrice di paesi come Pakistan e Afghanistan.

A causa di questi filtri sono state arrestate anche diverse persone, tra cui Ahmed Mansoor, un’attivista degli Emirati Arabi Uniti, spiato, minacciato e arrestato per aver raccontato le continue violazioni dei diritti umani nel suo blog online.

Al servizio di chi viola i diritti

L’azienda, criticata anche dai suoi partner economici occidentali, si è difesa sostenendo di non poter controllare le modalità di utilizzo dei propri prodotti. L’inchiesta di Deibert, però, ha dimostrato che la Netsweeper forniva prodotti con pacchetti preinstallati volti a censurare automaticamente contenuti politici, religiosi e soprattutto a tema LGBTQIA.

Così, come le aziende che vendono armi ai paesi in guerra, anche la Netsweeper sta sfruttando una violazione dei diritti umani per arricchirsi, contribuendo ad arrecare anche danni fisici, come nel caso di Ahmed Mansoor. I filtri online non solo danneggiano le libertà di parola e stampa, ma creano anche un vuoto d’informazione in paesi dove molto spesso il web è l’unico luogo in cui la comunità LGBTQIA può esprimersi liberamente e ottenere un’adeguata informazione ed educazione.

Elisa Zanoni
©2018 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

Leggi anche:
Dal web la primavera araba LGBT – 1. Boom di internet
Sotto il petrolio niente: i diritti non sono solo LGBTQ*

Leave a Reply