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Il portavoce della polizia della Regione del Volta, all’estremo oriente del Ghana, lo ha confermato: durante una retata in un albergo a Ho, le forze dell’ordine hanno arrestato 21 persone (16 donne e 5 uomini) “sospettate di essere lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersex” e di “sostenere attività LGBTQIA“, con l’accusa formale di aver organizzato una riunione illegale. Tra le prove dell’accusa, diversi libri e volantini con titoli giudicati immorali: “Crimini d’odio”, “Musulmani LGBTQ+”, “Coming out”, “Amerò sempre mio figlio”, “Tutto sulla transessualità”… L’avvocato che rappresenta le persone arrestate ha chiesto di farle uscire dietro il pagamento di una cauzione, ma il giudice non ha dato il suo consenso.

Secondo quanto riferisce l’associazione per i diritti umani Rightify Ghana, che ha ricevuto messaggi vocali e video dalle persone sotto accusa, alcuni giornalisti locali hanno fatto irruzione nel salone dell’incontro e hanno tenuto in ostaggio per oltre un’ora chi stava partecipando: in attesa dell’arrivo della polizia, hanno iniziato a scattare fotografie e a impossessarsi del materiale. Le forze dell’ordine, invece di procedere contro chi si stava macchiando dei reati di sequestro di persona e di furto, ha arrestato le vittime di questo assurdo assalto.

Media e politica

Il ruolo dei media nella caccia alle persone LGBTQIA in Ghana, come in altri paesi africani, è sempre più centrale: giornali e siti web veicolano informazioni assurde sulle minoranze sessuali, come l’intervista a un presunto ex gay che racconta come tutti gli omosessuali sarebbero costretti a usare i pannoloni perché avrebbero l’ano sfondato. E diffondono un clima di paura con notizie probabilmente false, come il recente presunto arresto di 22 persone durante un fantomatico matrimonio lesbico a Obomeng, smentito dalle associazioni per i diritti umani.

Alimentando l’omobitransfobia, i media, insieme a molte chiese, sollecitano una risposta della politica, che purtroppo non è tardata ad arrivare: da una parte la sede dell’associazione Rights Ghana ha dovuto chiudere, dall’altra una trentina di parlamentari ha proposto di punire penalmente ogni forma di sostegno ai diritti delle minoranze sessuali, sostenendo che i tre anni di carcere per chi commette “conoscenza carnale innaturale” non sarebbero sufficienti a difendere la moralità.

donna nera fiera orgogliosaUn appello vano

Diversamente dal solito l’opinione pubblica internazionale non è rimasta indifferente, ma ha avuto un sussulto a marzo di quest’anno, grazie a un appello per i diritti delle persone LGBTQIA in Ghana sottoscritto da decine di celebrità britanniche afrodiscendenti, per la maggior parte di origini ghanesi, tra cui l’architetto David Adjaye e la deputata Diane Abbott (la prima parlamentare nera del Regno Unito). La loro lettera aperta ha spinto anche alcuni governi a chiedere il rispetto delle minoranze sessuali nel paese, ma la risposta delle istituzioni dello stato africano è stata negativa.

Alban Bagbin, presidente del parlamento e tra i principali esponenti del partito di centro-sinistra National Democratic Congress (Congresso democratico nazionale; NDC), ha replicato a un appello del governo australiano con queste parole: “Sulla questione LGBTQIA abbiamo già un quadro giuridico all’interno del quale operare. Non approveremo leggi che violino i diritti umani delle persone, ma legifereremo per garantire che la cultura e le tradizioni non siano violate“. Per non lasciare spazio a dubbi, il politico ha ricordato che l’omosessualità “è qualcosa che vediamo come un abominio, che aborriamo, e su questo continueremo a seguire la nostra cultura“.

Quale “cultura”?

Ma che cos’è questa “cultura“? Non è certo il frutto delle tradizioni secolari delle popolazioni autoctone, in cui l’identificazione in un genere non conforme al sesso assegnato alla nascita e i rapporti tra persone dello stesso genere erano accettati. In alcuni gruppi etnici, come gli akan, erano previsti anche i matrimoni omosessuali, celebrati esattamente come quelli eterosessuali e con gli stessi effetti sociali. La “cultura africana” invocata dalle forze omofobe, in realtà, è il frutto del colonialismo britannico, che ha sancito la criminalizzazione dell’omosessualità nel 1860, quando l’odierno Ghana era ancora la colonia della Costa d’Oro.

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazione da Philip Boakye (CC0) / da Matthew Henry (CC0)

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