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Dopo che lo scorso dicembre un tribunale aveva riconosciuto “per il bene del bambino” la paternità a un 46enne locale che aveva avuto un figlio, insieme al suo compagno, tramite una madre surrogata negli Stati Uniti, il governo di Singapore sembra che stia correndo ai ripari per rafforzare la sua politica “contraria alla formazione di famiglie composte da genitori dello stesso sesso”.

No all’omogenitorialità

Il ministro per lo sviluppo sociale e familiare, Desmond Lee, ha chiarito in parlamento che “la formazione di unità familiari con figli di genitori omosessuali, attraverso istituti come quello dell’adozione”, non è supportata dal governo: “Considerando il giudizio del tribunale, il ministero sta rivedendo le leggi e le pratiche che riguardano l’adozione in modo che vengano adattate per riflettere meglio la politica in corso. Capisco che ci possano essere altre forme di famiglie, là fuori, ma la norma nella nostra società rimane ancora quella che la famiglia è composta da un uomo e da una donna”.

Singapore sta cercando di alzare il proprio tasso di fertilità, al momento piuttosto basso, offrendo dei generosi incentivi alle coppie che vogliono avere un figlio, ma, quasi per ironia, la fecondazione assistita è a disposizione soltanto delle coppie eterosessuali sposate e i servizi che offrono una maternità surrogata non sono alla portata di tutti.

neonato

Norme coloniali

Nonostante sia stata attuata poche volte, a Singapore è ancora vigente una legge che vieta i rapporti tra due persone dello stesso sesso, anche se consenzienti, eredità del passato coloniale britannico, sulla falsariga di quella che è stata recentemente abolita in India. Un sondaggio, effettuato lo scorso settembre, ha mostrato come, per quanto abbiano ancora una lieve maggioranza (55%), siano in realtà sempre meno i cittadini di Singapore che vogliono mantenere in piedi questa legge coloniale.

Ma Singapore è comunque e soprattutto il perfetto esempio di come la discriminazione nei confronti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) possa essere semplicemente il risultato di politiche atte a privilegiare soltanto una parte della società.

Comprare casa

Nel piccolo stato, l’80% dei cittadini è proprietario della casa in cui vive e, di questi, il 90% ha ottenuto la proprietà attraverso l’agenzia governativa Housing and Development Board (Commissione per l’alloggio e lo sviluppo; HDB), che finanzia in modo generoso l’acquisto della casa. Per fare un esempio, se un privato volesse acquistare una casa di due stanze, la pagherebbe l’equivalente di 570mila euro, ma, attraverso l’HDB, il prezzo dello stesso appartamento scende fino a 130mila euro: la differenza non è da poco.

Il problema è che l’accesso al fondo HDB è pesantemente discriminatorio: il governo lo ha creato, infatti, per “aiutare le famiglie” e le coppie eterosessuali sposate che vogliono accedervi possono farlo fino dall’età di 21 anni. Esiste anche un programma simile per le persone single, ma scatta soltanto quando queste compiono 35 anni: si chiama Single Singapore Citizen Scheme (Piano per i cittadini singaporiani single), al quale viene affiancato il Joint Singles Scheme (Piano per single uniti), al quale potrebbero accedere le coppie dello stesso sesso che, al momento, non sono riconosciute come tali.

palazzi

Il problema della casa

Essendo il prezzo delle case inaccessibile per i più sul mercato, per le giovani persone LGBTQIA sorgono i problemi su dove andare a vivere. Se la tua famiglia ti accetta per quello che sei, puoi restare con i genitori, come fanno molti a Singapore (al momento il 97% dei giovani non sposati vive con i genitori), ma cosa succede se la famiglia ti manda via di casa?

L’affitto è una scelta difficile: dato che non esiste nessuna norma contro la discriminazione, la proprietà può rifiutare l’affitto alle persone LGBTQIA senza nessuna conseguenza. E comunque le case disponibili sarebbero poche: la maggior parte sono in vendita e anche chi decide di comprare la casa attraverso l’HDB dovrà comunque aspettare tre anni prima di vedersela consegnare.

I giovani appartenenti alle minoranze sessuali sono quindi spinti all’emigrazione, ma questa soluzione sta avendo costi per i paesi asiatici così conservatori anche dal punto di vista economico: i giovani vanno ad investire il loro impegno e i loro soldi in aree più aperte da questo punto di vista, come la capitale filippina Manila o a Thailandia, con la capitale Bangkok o l’isola di Phuket.

Alessandro Garzi
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da mskathrynne (cc0) e stormy_star5 (cc0) / da pgnimg e pngimg (CC BY-NC 4.0)

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