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Noi siamo quelli contro natura, quelli ossessionati dal sesso, quelli che amano farlo strano, quelli che si vestono in modo appariscente, gli uomini col polso cascante, i tizi stravaganti che mandano baci con la mano. Oggi sentiamo di possedere tutti gli epiteti che ci avete lanciato addosso, pensando che ce ne saremmo scappati per la vergogna. Invece oggi vediamo le nostre libertà ripristinate e siamo orgogliosi di declamare il nostro nome. Abbiamo vinto“. Come avrebbe potuto Harish Iyer, attivista indiano per i diritti delle minoranze sessuali, non scegliere parole indecorosamente favolose per celebrare il trionfo di ieri?

Una sentenza storica

Finalmente la Corte suprema di Nuova Delhi ha deciso con voto unanime di cancellare la vergogna della sezione 377 del codice penale: in India i rapporti sessuali “contro natura” (leggi: omosessuali) non sono più un reato. La sentenza ristabilisce un principio fondamentale per una democrazia: le preferenze morali di alcuni non possono mai giustificare una limitazione della libertà di altri, neppure quando gli “alcuni” sono maggioranza e gli “altri” sono una “minuscola minoranza” o persino una singola persona. Per questo ogni discriminazione basata sull’orientamento sessuale viola i diritti fondamentali dell’essere umano.

L’articolo di legge che vietava i rapporti omosessuali, scrive la corte, era “irrazionale, arbitrario e incomprensibile, dal momento che impediva il diritto all’uguaglianza per la comunità LGBT“. Ma il testo va ben oltre: “La storia deve scusarsi con chi appartiene a questa comunità e con le loro famiglie per il ritardo con cui dà risarcimento all’ignominia e all’ostracismo che hanno subito nei secoli. Questa comunità è stata costretta a vivere una vita piena di persecuzioni per colpa dell’ignoranza della maggioranza che non riconosceva l’omosessualità come una condizione completamente naturale“.

La sentenza è anche una sostanziale ammissione della vergogna rappresentata dalla sentenza del dicembre 2013 della stessa Corte suprema: allora la massima istanza giuridica indiana aveva annullato la decisione di depenalizzare i rapporti omosessuali presa quattro anni prima dall’Alta corte di Delhi per vizi di forma, ristabilendo di fatto una durissima discriminazione contro quella che denigrava come “minuscola minoranza“. Oggi quell’errore viene finalmente condannato e cancellato.

La discriminazione continua

Purtroppo la lotta non è comunque finita: la discriminazione continuerà a sopravvivere a livello sociale, anche se non avrà più l’avvallo della legge. Persino molti politici importanti continuano a seminare odio per le minoranze sessuali. Un esempio è Yogi Adityanath, monaco indù fondamentalista, influente esponente del partito di governo Bharatiya Janata Party (Partito del popolo indiano; BJP) e governatore dell’Uttar Pradesh, lo stato più popolato dell’India: per lui “l’omosessualità è un pericolo per la moralità pubblica” ed è del tutto equiparabile alla zoofilia.

Ed è quasi paradossale che a difendere la sezione 377, introdotta dai colonizzatori britannici per diffondere la morale cristiana in questa grande terra di “infedeli”, ci siano sempre stati esponenti delle principali religioni nazionali, un tempo giudicate “dissolute”. Baba Ramdev, uno dei più famosi e ricchi guru yoga del mondo, ha promesso di “guarire” l’omosessualità (che giudica un disordine mentale contro natura) con le sue tecniche di meditazione, mentre Zakir Naik, considerato da molti come il telepredicatore salafita più influente del mondo, ritiene l’omosessualità addirittura contro la genetica (sic!) e per questo meritevole di morte.

In ogni caso la sentenza di ieri segna una svolta fondamentale per la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) in India. E non solo: la legalizzazione dei rapporti tra persone dello stesso sesso in un paese con oltre 1,3 miliardi di abitanti (circa un quinto di tutto il pianeta) avrà ovviamente ripercussioni in tutto il mondo. Lo si vede persino in un paese che ha quasi esattamente un millesimo degli abitanti dell’India: la sentenza della Corte suprema di Nuova Delhi ha dato una nuova carica agli attivisti di Mauritius, che ora chiedono la depenalizzazione dell’omosessualità anche nello stato insulare.

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì a partire da marla66 (CC0)

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