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Chi ha una certa età si ricorderà di quella che, a suo tempo, veniva definita come l'”invasione degli albanesi”. Tra il 1991 e il 2017 sono arrivati in Italia 700mila albanesi e, per contrastare quella che veniva considerata un'”invasione”, il 28 marzo del 1997, quando il ministro degli interni era Giorgio Napolitano, si arrivò addirittura a fare una cosa che nemmeno in questi ultimi due mesi è stata presa in considerazione: una corvetta della Marina militare italiana, per impedire l’attracco di una nave carica di circa 120 disperati che fuggivano dall’Albania, la speronò facendo morire quasi cento persone.

A distanza di vent’anni c’è per caso qualcuno che grida più all’invasione da parte degli albanesi? Eppure gli albanesi in Italia sono ancora tantissimi: tra immigrati regolari e naturalizzati sono ancora più di 600mila, la comunità albanese è la seconda comunità straniera in Italia (dopo quella rumena) e il numero degli albanesi presenti in Italia è più di un quinto di quelli che stanno in Albania.

Perché allora, nonostante numeri così importanti, non parliamo più di un’invasione da parte degli albanesi? Perché ormai, tra l’Italia e l’Albania, ci si muove senza nessun problema e non c’è nessuna emergenza.

Unico obiettivo: fuggire dalla Libia

Quello che capitava negli anni ’90 con l’Albania sta capitando ora con l’Africa e, in particolare, con la Libia. Dalla Libia arrivano persone molto diverse tra loro: ci sono senz’altro persone che scappano dalla guerra e dalla violenza che c’è nei loro paesi così come ci sono persone che cercano di trasferirsi in Europa per trovare un lavoro. Pochi però ricordano che moltissimi di questi “profughi”, in realtà, in Libia c’erano già e che, quindi, hanno come unico obiettivo quello di scappare dalla Libia.

Nel 2011, quando ancora Mu’ammar Gheddafi era al potere, in Libia c’era un milione e mezzo di lavoratori stranieri che provenivano dall’Africa subsahariana. Col crollo del regime di Gheddafi molti di questi lavoratori sono praticamente diventati ostaggi delle bande armate che si contendono la Libia: ostaggi redditizi, perché permettono di scucire soldi sia ai loro parenti nei paesi d’origine sia ai governi occidentali che tendono a sovvenzionare chiunque impedisce loro di salire su un barcone.

Il fatto è che, nonostante le parole che i nostri ministri degli interni ci hanno ripetuto negli ultimi due anni, la vita delle persone di colore in Libia è così grama che l’unico obiettivo che hanno è quello di andarsene.

Normalizzare le comunicazioni

È vero che il traffico dei migranti attraverso il Mediterraneo è un’attività che foraggia i criminali e che minaccia la sicurezza di tutti. È però altrettanto vero che l’unico modo per evitare un'”invasione” che alimenta la criminalità è quello di imparare la lezione che ci viene dagli errori che a suo tempo aveva fatto Giorgio Napolitano con l’Albania e impegnarsi fin da subito per normalizzare le comunicazioni tra Nord Africa ed Europa.

Altre strade non ce ne sono. Lo dimostra il solenne “no” che ha dovuto incassare il ministro Salvini quando ha chiesto ai governanti di quel paese di aprire in Libia dei centri di identificazione gestiti dai paesi europei. La risposta, d’altra parte, era scontata, perché quello della gestione degli stranieri provenienti da altri paesi è una delle attività più redditizie che, al momento, la Libia ha a disposizione.

Ma per normalizzare le comunicazioni tra Africa del Nord ed Europa occorre anche superare la distinzione tra chi scappa da una guerra e chi, invece, semplicemente, scappa dalla Libia. Certamente i primi potranno richiedere la protezione che viene data ai rifugiati, ma anche i secondi, se non si vogliono ripetere gli errori del passato, vanno gestiti nell’ottica di una loro permanenza e integrazione.

Una cosa comunque è sicura: tra vent’anni qualcuno un po’ più giovane di me, di fronte a qualche altra emergenza umanitaria, di sicuro scriverà: “Ti ricordi quando, tra il 2011 e il 2018, si parlava di dell’invasione dall’Africa?“.

Gianni Geraci
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Luca Turi (pubblico dominio)

Errata corrige del 1° agosto: per errore, nella frase “occorre anche superare la distinzione tra chi scappa da una guerra e chi, invece, semplicemente, scappa dalla Libia” mancava il verbo “superare”.

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