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Circa una nuova persona nata ogni 60 è intersex, cioè ha genitali, caratteri sessuali secondari, cromosomi e/o ormoni che non rientrano completamente nella suddivisione convenzionale di femminile e maschile. La condizione intersex è molto spesso vituperata, tanto perché non rientra nel binarismo di genere che tanto ossessiona gran parte delle nostre società, quanto e forse ancor di più perché dimostra quanto questo binarismo sia falso e per nulla “naturale”. E così, di fronte a una nuova vita intersex, in alcuni paesi i neonati vengono addirittura uccisi, in quasi tutti gli altri sono subito sottoposti a interventi di riassegnazione del sesso.

La svolta in India

Questi interventi e altre “cure” non risolvono un problema (l’intersessualità in sé non ha nulla di problematico, al contrario del pregiudizio che la colpisce), ma ne creano molti durante la crescita dei bambini “normalizzati”, che soffrono spesso di disturbi fisici e mentali. Per questo da tempo, grazie all’avanzamento delle ricerche scientifiche e all’azione di gruppi di attivismo intersex, si chiede di non intervenire sui corpi delle persone intersessuali senza il loro consenso: Malta e il Portogallo hanno già proibito gli interventi di riassegnazione del sesso sui neonati intersex e ora anche il Tamil Nadu, uno dei più grandi stati federati dell’India, ha preso la stessa decisione.

In aprile l’Alta corte di Madras, il massimo tribunale di questo stato di quasi 65 milioni di abitanti, aveva ordinato di vietare gli interventi di riassegnazione del sesso sui neonati, tranne nei casi in cui sia in pericolo la sopravvivenza stessa della persona (per esempio, se la conformazione dei genitali impedisce di urinare). E il governo del Tamil Nadu ora non solo ha obbedito, ma ha deciso di andare anche più in là di quanto richiesto.

Consapevole che l’indicazione legale sul pericolo di sopravvivenza potrebbe trasformarsi in molti casi da eccezione ragionevole a sotterfugio al servizio del pregiudizio, soprattutto in un contesto in cui – come ammettono fonti della stessa Direzione dell’educazione medica – perfino i dottori mancano di conoscenze e competenze sull’intersessualità, l’esecutivo del Tamil Nadu ha deciso di creare un comitato che studi la questione e crei linee guida precise per cercare di evitare ogni abuso. Nella commissione, oltre a un chirurgo, un endocrinologo e un rappresentante del governo, potrebbe sedere anche qualche attivista intersex.

Una lotta ignorata

Le riforme del Tamil Nadu sono sicuramente “un passo importante nella protezione dei diritti umani delle persone intersex”, per usare le parole del gruppo italiano Intersexioni, ma dall’India l’importante attivista intersessuale Gopi Shankar dipinge un quadro ancora fosco: “È solo un piccolo avanti, c’è ancora molto da fare. Bisogna sensibilizzare le persone, a partire da genitori, medici e legislatori. Dovrebbero arrivare delle linee guida chiare e, a tempo debito, ci potranno essere altri emendamenti”.

Ma Gopi Shankar riserva le parole più amare al movimento arcobaleno, che, a livello tanto locale quanto globale, non ha celebrato questa vittoria e soprattutto continua a non capire l’importanza della battaglia contro gli interventi di riassegnazione del sesso sui neonati intersex. Eppure è spesso letteralmente questione di vita e di morte. “Siamo una minoranza persino in una comunità minoritaria – commenta deluso l’attivista – Le persone LGBTQ ci discriminano più del resto della società”. Se il senso letterale di questa affermazione è probabilmente un’esagerazione, il senso politico dovrebbe risvegliare le nostre coscienze.

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Sukanto Debnath (CC BY 2.0)

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