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L’Iran è certamente uno dei Paesi meno consigliabili dove si possa manifestare la propria omosessualità: una cifra tra i 400 e i 5mila morti “giustiziati” per la colpa di essere (o di apparire) gay dall’avvento della rivoluzione khomeinista ad oggi è la più chiara cartina di tornasole possibile per chiarire la situazione (Il Grande Colibrì).

Lo conferma l’annunciato studio condotto dalla Fondazione Small Media che è stato presentato la scorsa settimana a Londra e che mette in rilievo come oltre alla pena capitale sia diffuso il bullismo nei confronti di chi è sospettato di essere gay e siano frequenti i suicidi tra le potenziali vittime di questo regime omofobico (The Guardian). A poco giova notare che per le donne omosessuali le pene siano minori (cento frustate, ma se il “delitto” è ripetuto quattro volte si può arrivare alla pena di morte anche per le lesbiche) o che il cambiamento di sesso sia stato legalizzato nel 1987: comunque anche le persone transessuali sono discriminate di fatto, a causa di una transfobia che come l’omofobia affonda nel consenso popolare la propria forza.

Tuttavia non tutti gli iraniani la pensano allo stesso modo. L’associazione che riunisce studenti e diplomati liberali, che si giova comunque di una rete di collaboratori espatriati, ha infatti diffuso la propria adesione alla giornata internazionale contro l’omofobia (IDAHO), riconoscendo che l’omosessualità non è una malattia, non è modificabile e che non è una caratteristica presente solo in individui della società occidentale, né un’aberrazione umana, essendo riscontrabile in circa 1500 altri tipi di organismi naturali. Ne consegue che ogni tipo di discriminazione nei confronti delle persone omosessuali andrebbe rimossa dalle leggi iraniane (Bamdadkhabar).

Nel sito del Centro iraniano del liberalismo è inoltre presente un articolo che ripercorre la storia della condizione omosessuale e transessuale post khomeinista con l’auspicio finale che “un giorno in Iran, tutte le minoranze religiose, etniche, di genere e orientamento sessuale possano avere accesso ai diritti umani fondamentali” (Bamdadkhabar).

La giornata contro l’omofobia ha ricevuto qualche attenzione anche da altre persone in Iran e in altri stati del Medio Oriente (Il Grande Colibrì), tra cui anche gli esponenti delle associazioni LGBT degli Emirati Arabi Uniti, un insieme di sette regimi dove nel migliore dei casi l’omosessualità è punita con fustigazione e carcere. Le persone che fanno parte di queste associazioni devono chiaramente agire nell’anonimato, ma nel giorno contro l’omofobia hanno comunque voluto trasmettere un messaggio di speranza, augurandosi “che anche negli Emirati le persone LGBT non debbano più vivere nella paura, che vengano varati programmi contro il bullismo a scuola e che l’omosessualità non sia più trattata come un disturbo ma come una variante dell’amore e della sessualità” (Gay Star News).

Purtroppo l’auspicio è chiaramente rivolto al futuro, visto che ancora pochi giorni fa due gay sono finiti in carcere per presunte effusioni in pubblico nei pressi della spiaggia di Jumeirah (The National).

Michele Benini
©2012 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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