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Le nubi annunciavano tempesta e invece è arrivato un vero e proprio diluvio: in Brasile la pioggia di voti a favore di Jair Bolsonaro, inquietante candidato presidente di estrema destra, ha inondato il paese e rischia di annegare la sua fragile democrazia. Bolsonaro, che secondo i sondaggi avrebbe dovuto conquistare circa il 30% delle preferenze, al primo turno è volato fino al 46%. Al ballottaggio del 28 ottobre dovrà affrontare il candidato di sinistra Fernando Haddad, che con il suo 29,3% ha ottenuto un risultato migliore del previsto, ma comunque molto lontano dal suo avversario.

Chi è Jair Bolsonaro

Dopo una poco brillante carriera da militare, Jair Bolsonaro esattamente 30 anni fa ha deciso di dedicarsi alla politica, un mondo in cui fino a poco tempo fa non era mai riuscito a emergere se non per le sue dichiarazioni scandalose: cattolico fondamentalista, l’uomo non si è mai fatto problemi a dichiarare la propria nostalgia per la feroce dittatura militare che ha governato il Brasile dal 1964 al 1985. D’altra parte sono poche le cose che Bolsonaro disprezza più della democrazia: le minoranze etniche e sessuali e i diritti delle donne.

In questa campagna elettorale per le presidenziali, in cui corre per il Partido Social Liberal (Partito social-liberale; PSL), non ha fatto nessun passo indietro per apparire più “presentabile”, ma al contrario ha alimentato la polarizzazione dell’elettorato, generando un clima di odio di cui è finito vittima lui stesso quando un uomo lo ha accoltellato.

Bolsonaro e Salvini

Jair Bolsonaro è una specie di Matteo Salvini con ancora meno freni morali: se su alcuni temi, come la rappresentazione dei neri come criminali o la volontà di liberalizzare le armi, le differenze sono poche, su altri il politico brasiliano condivide le stesse idee di quello italiano, ma riesce addirittura a estremizzarle ancora di più.

Se Salvini finge di lasciarsi sfuggire di bocca slogan fascisti senza rendersene conto, Bolsonaro meno ipocritamente manifesta senza esitazioni il proprio disprezzo per la democrazia e la propria nostalgia per la dittatura, a cui rimprovera solo di non aver ammazzato abbastanza persone.

Se Salvini è contrario al reato di tortura perché, dice ambiguamente, le forze dell’ordine “devono poter fare il loro lavoro“, Bolsonaro rimpiange apertamente il colonnello Carlos Alberto Brilhante Ustra, responsabile delle politiche repressive della dittatura e della morte di centinaia di persone, al quale ha persino dedicato la destituzione dell’ex presidente Dilma Rousseff, vittima accertata di atroci torture.

Bigottismo e omofobia

Salvini giura con il rosario in manoprometteun governo con alcune idee chiare, in cui la mamma si chiama mamma e il papà si chiama papà: non voglio sentir parlare di genitore 1 e genitore 2, 3, 4, 5 o fritti misti“, ma non si espone troppo, lasciando che a portare avanti le battaglie più oscurantiste siano i due fondamentalisti cattolici che ha voluto come ministro della famiglia e come presidente della RAI, la principale azienda culturale del paese.

Bolsonaro, invece, gioca in pieno in prima persona il ruolo dell’estremista religioso omofobo. Per esempio, nel 2011 ha dichiarato che preferirebbe che suo figlio morisse in un incidente automobilistico piuttosto che scoprirlo gay, mentre in un’intervista nel 2014 ha negato che gli omicidi di persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), in costante aumento da anni, siano un problema: “Gli omosessuali vogliono essere vittime, vogliono superpoteri. Se un gay muore in Brasile, i media dicono subito che è omofobia. Molti sono uccisi dai loro stessi colleghi, nei luoghi di prostituzione o per overdose“.

Durante la campagna elettorale Bolsonaro è arrivato a sostenere che il governo aveva deciso di distribuire nelle scuole un fumetto per rendere gay i giovani brasiliani. Ci sarebbe quasi da ridere se non fosse che, come ha ricordato Luiz Mott, presidente del Grupo Gay da Bahia (GGB), le campagne omofobe di Bolsonaro e di altri fondamentalisti cristiani si sono tradotte in un aumento delle violenze contro le minoranze sessuali.

Diversi, ma non troppo

Ovviamente tra Bolsonaro e Salvini ci sono anche differenze, che però non sembrano pesare molto. In Brasile i crimini violenti sono davvero in aumento, mentre in Italia calano da anni, ma entrambi cavalcano un clima di paura proponendo soluzioni sempliciste e violente. Bolsonaro si presenta come il candidato onesto in un panorama politico dominato dalla corruzione, mentre Salvini guida un partito condannato per truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali, ma questo scandalo sembra lasciare indifferenti i suoi elettori e i suoi alleati.

Bolsonaro e Salvini nascono in contesti diversi, ma sembrano l’espressione di una stessa svolta globale verso l’estrema destra, in un mondo preda della rabbia e della paura. E tanto in Brasile quanto in Italia i partiti politici tradizionali sembrano incapaci di proporre un’alternativa diversa a una monotona difesa dello status quo, con proposte che concorrono sull’efficacia nel raggiungere determinati obiettivi che, però, non sono messi in discussione. Ma la promessa del capitalismo globalizzato di un miglioramento continuo è ormai disattesa e la frustrazione si traduce nella ricerca di uomini forti e capri espiatori.

Nelle mani di Haddad

Il Brasile ha ancora un’opportunità per non affidarsi a un personaggio pericoloso come Bolsonaro: il ballottaggio del 28 ottobre. La sfida, difficilissima, ricade sulle spalle di Fernando Haddad, il candidato del Partido dos Trabalhadores (Partito dei lavoratori; PT). Haddad, discendente di immigrati libanesi, professore universitario ed ex sindaco di São Paulo, ha un unico punto di forza: è il prescelto dell’amatissimo e mitizzato ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, oggi in prigione. Per il resto è un personaggio poco carismatico ed è sotto inchiesta per corruzione.

È anche vero che Haddad al primo turno è andato molto meglio del previsto: se fino a poco tempo fa i sondaggi lo davano al 6%, è riuscito a superare il 29% delle preferenze. Nel secondo turno dovrebbe riuscire senza grosse difficoltà a raccogliere anche i voti (12,5%) del terzo classificato, Ciro Gomes, del Partido Democrático Trabalhista (Partito democratico laburista; PDT). L’impresa sembra comunque impossibile, ma l’alternativa è affidare il principale paese dell’America latina a uno dei politici peggiori che ci si possa immaginare.

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da Alan Santos/PR (CC BY 2.0)

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2 Comments

  • Alberto ha detto:

    Avrai anche scritto un bell’articolo ma é comunque pieno di imprecisioni, una su tutte il fatto del kit gay che giá si può trovare nelle scuole o biblioteche impiantato dal PT che é il partito di Haddad e per il quale Bolsonaro é completamente contrario.

    • Il Grande Colibrì ha detto:

      Ehm… duole notare che nell’articolo non si parla del “kit gay”, ma solo del fumetto di Titeuf. Insomma, per dirla senza tanti giri di parole, l’articolo è così “pieno di imprecisioni” che per trovarne una bisogna smentire qualcosa che non è scritto.
      E già questo sarebbe divertente, se non fosse che a meritare una bella smentita è la smentita stessa alla “bufala fantasma”. Il progetto del cosiddetto “kit gay”, proposto dal governo Rousseff, non è mai stato “impiantato” nelle scuole o nelle biblioteche, ma è stato bocciato ancor prima di cominciare per le pressioni dei fondamentalisti cristiani.
      Invece è verissimo che Bolsonaro è completamente contrario a una proposta di educazione sessuale e prevenzione del bullismo, osservazione che conferma in pieno il “ritratto” che abbiamo proposto nell’articolo.

      p.s.: i fan di Bolsonaro si sono scatenati sui social network contro la nostra associazione con una valanga di commenti, in genere volgari e/o minacciosi (perché mica è vero che sono contro la democrazia e i diritti, eh?), spesso dicendo che questo articolo sarebbe “tutto falso”, “pieno di bugie” o “solo fake news”. In centinaia di commenti e messaggi, però, nessuno ha smontato o anche solo ha cercato di smontare una singola parola di quanto scritto. Per questo notiamo con piacere che dopo 12 giorni qualcuno prova a spiegare cosa ci sarebbe di “sbagliato” in questo articolo; peccato che la smentita, appunto, avvenga su fatti di cui non abbiamo parlato e fornendo informazioni non corrispondenti alla realtà, ma solo alle campagne di disinformazione di cui Bolsonaro è responsabile, sembra anche violando le leggi sul finanziamento delle campagne elettorali, come denunciato pochi giorni fa dalla Folha de S. Paulo…

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