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Gallerie pubbliche e private, blog personali, pagine dedicate sui social network e le più svariate soluzioni virtuali aiutano davvero a diffondere l’arte veicolandone i contenuti a livello trans-generazionale e trans-sociale? Nonostante lo sviluppo di tante soluzioni alternative per la diffusione dell’arte, questa continua ad apparire spesso poco accessibile e distaccata dal quotidiano. Tuttavia, l’intento costitutivo dell’arte è anche quello di raccontare la bellezza in tutte le sue sfaccettature, ribaltando vecchi paradigmi, sfidando schemi obsoleti.

Per questo, un giovane collettivo di Bitonto ha deciso di rompere gli schemi dell’arte e di portare le opere di un’artista locale, Margherita Ragno, in una mostra urbana che ha coinvolto tutta la città. La scelta di quest’artista, che rappresenta i corpi femminili nella loro naturale bellezza e che spesso non corrisponde al concetto di bellezza odierno, non è casuale. In questa doppia intervista all’artista Margherita Ragno e al collettivo Anestetico Urbano, cerchiamo di capire di più il valore della bellezza del corpo femminile in tutte le sue forme e come l’arte possa parlare di femminismo e andare oltre gli schemi di genere.

Margherita, il soggetto principale delle tue rappresentazioni sono le donne. E le donne che rappresenti sono distanti dal modello di donna che spesso viene pubblicizzato dai media. Tu hai scelto di rappresentare donne “imperfette”, ma donne “normali”. Perché questa decisione?

È una questione di dettaglio che aiuta a riconoscere quella data figura. Poi è anche una questione di gusto personale. A me piace tutto ciò che è ruga, difetto, imperfezione, mi piace davvero. Resto colpita ogni qual volta per strada mi capita di incontrare queste signore dai tratti particolari, dal trucco eccentrico, segnate dal tempo, da un determinato dettaglio. Tutto questo per me è molto più interessante, sia visivamente, sia tecnicamente da disegnare. E poi sono lavori terapeutici, ci rivedi tante cose.

anestetico urbano margherita ragno Sebbene siamo eredi della rivoluzione sessuale degli anni 70, oggi continuiamo ad avere problemi con le rappresentazioni di nudo. Ne sono un esempio le varie forme di censura applicate sui social network. Il nudo non è sempre ben accolto, ma tu ne hai fatto una tematica principale. Quale messaggio vuole trasmettere la nudità dei tuoi soggetti?

Le protagoniste dei miei lavori sono donne ritratte dal vero o trovate sul web, anche attraverso siti un po’ così… amatoriali. Ma quando ricerco mi lascio ispirare dalle signore: forse un volto, una posizione, uno sguardo. Cerco la folgorazione. E mentre cerco il corpo mi perdo nei dettagli. Ovviamente mi è spesso capitato che la gente fosse inorridita da alcuni soggetti e, soprattutto con i nudi, è impressionante come la loro attenzione difficilmente riesca a spostarsi dalla vagina ai restanti mille dettagli presenti. Ma a me va bene, anche quando la gente si dice inorridita, va benissimo. La critica è sempre un’ottima occasione di confronto.

A quali artisti ti ispiri per il tuo lavoro?

Mi piacciono più che altro i fotografi, Erwin Olaf è stato il mio primo amore. Poi ci sono dei pastellisti che ammiro molto soprattutto a livello tecnico, fra cui due o tre italiani, e a cui inevitabilmente mi sono ispirata, come Marco Mazzoni che trovo sublime da tutti i punti di vista.

Come Collettivo Anestetico Urbano, perché avete deciso di appoggiare il progetto di Margherita?

Quando abbiamo deciso di fondare il magazine e avviare le mostre urbane di pari passo, non sapevamo molto di come e quando lo avremmo fatto ma due cose erano sicure: volevamo promuovere artisti emergenti, partendo dalla scena locale pugliese, e desideriamo più di ogni altra cosa spingere, valorizzare e supportare tutti i progetti che si occupassero – direttamente – di “umanità”, in modo diretto, viscerale.

L’idea innovativa del progetto è presentare le opere attraverso una mostra urbana, una mostra che in poche parole vada incontro a tutti i cittadini. Da dove nasce questa idea e che valore aggiunto dà al vostro progetto?

È la riappropriazione di spazi normalmente votati alla pubblicità (e, parliamoci chiaro, spesso e volentieri pubblicità dai dubbi contenuti…) che ci intrigava. E, perché no, con l’appoggio del Comune. La street art è un mondo meraviglioso, spontaneo e irruente che apprezziamo e sosteniamo, ma in questo caso volevamo che l’atto artistico rientrasse nella volontà delle autorità locali di sostenere la diffusione di messaggi sociali importanti. Lo scopo è il cambiamento sociale, spingere la gente a guardare a determinati argomenti in modo sempre diverso, inevitabilmente avvicinandosi a essi.

anestetico urbano margherita ragno Sul vostro sito è possibile visionare i contenuti integrali della mostra, e avete associato a ogni opera una riflessione di diverse femministe della nostra epoca. Che significato ha per voi il femminismo?

Questa è un’ottima domanda che come sempre apre un potenziale flusso di parole e pensieri difficili da riassumere in qualche parola, ma ci proveremo… Il femminismo di oggi non può prescindere dalle questioni di genere e, non meno importante, non può prescindere dal sostenere determinate posizioni scientifiche. Inoltre, come dice spesso la scrittrice Chimamanda Ngozi, che abbiamo riportato in una delle interviste associate alle opere di Margherita, il femminismo senza la partecipazione della comunità maschile è una rivoluzione a metà. Questa è una lotta che va sostenuta da tutta la comunità umana.

C’è ancora bisogno di femminismo, ma solo della sua versione più aperta e comprensiva altrimenti si rischia di cadere nel solito paradosso del “io rispetto questa o quella categoria, ma…”. Oggi il femminismo deve puntare a superare i classici dualismi in cui le donne sono/siamo state costrette fino a oggi e deve dare la possibilità alle diverse marginalità di affermarsi. La difesa della diversità è e deve essere sacra.

Che valore hanno la nudità e la sessualità nella vostra visione artistica e quale messaggio volete lanciare con questo progetto?

Come dice Nadia Waheed, una grande artista pachistana-americana, “the nudity is a symbol for my fundamental acceptance of myself, as I am” (La nudità è un simbolo della mia fondamentale accettazione di me stessa per quella che sono). Le opere ritraenti nudi di donne, è vero, non sempre riguardano la politica del corpo. Tuttavia i ritratti di queste donne e dei loro corpi stimolano costantemente discussioni relative alla “razza”, ai rigidi standard di bellezza, alla sessualità in tutte le sue sfaccettature e, nel caso di Margherita Ragno, alla sessualità in età avanzata, argomento che trova sempre particolare resistenza.

Progetti futuri?

Sicuramente ci piacerebbe portare avanti questo progetto, occupandoci di altri temi e settori che abbiamo a cuore come le questioni di genere, la multiculturalità e l’intersezionalità. Le intersezioni sono infatti i nostri spazi preferiti, dove l’umanità dimentica di appartenere a un settore specifico e riscopre in sé un po’ dell’altro. Parallelamente, un ramo del progetto Anestetico Urbano si sta specializzando in attività di branding e marketing, fortemente indirizzati al cambiamento, con l’obiettivo di orientare enti pubblici e privati verso un tipo di comunicazione socialmente responsabile.

Antonella Cariello
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: Anestetico Urbano / Margherita Ragno

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