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In Turchia la democrazia è finita da tempo e il paese sprofonda giorno dopo giorno sempre più in una situazione di piena dittatura, ma i governi europei sembrano accorgersene poco e male. Il patto stretto con il presidente autoritario Recep Tayyip Erdoğan appare sempre più chiaro nelle sue implicazioni non dette, eppure già evidenti fin dal primo giorno: la Turchia si tiene i profughi che vorrebbero raggiungere l’Europa e l’Europa chiude entrambi gli occhi sulle gigantesche violazioni della democrazia e dei diritti in Turchia.

“La nuova repubblica non è altro che un regime definito dal culto della personalità del presidente Erdoğan che per i suoi sostenitori incarna non solo la volontà nazionale, ma anche una missione storica e religiosa. Per questo l’accettazione o il rifiuto della sua volontà definiscono chi sia amico o nemico della nazione” denuncia Nuray Mert su Hürriyet Daily News.

La giornalista sintetizza gli ultimi decenni della storia turca per capire come si è arrivati alla situazione attuale: “Era destino che prima o poi fallisse il progetto di stato-nazione kemalista, basato su una concezione rigida della laicità e dell’unità nazionale. La sfida era rimpiazzarlo con una repubblica più democratica, ma anche questo sogno è fallito, perché la sparizione dello status quo ha lasciato un vuoto che è stato riempito dalla forza emergente del nazionalismo di destra e dell’islamismo, o – per meglio dire – di un nazionalismo islamista”.

Dal fallito colpo di stato del 15 luglio oltre 115mila persone sono state licenziate, più di 75mila sono state fermate e quasi 35mila sono state arrestate perché sospettate di legami con i golpisti o, più spesso, semplicemente perché sgradite al presidente e ai suoi alleati. Tra gli ultimi a finire in carcere, c’è l’avvocato Levent Pişkin, arrestato ieri mattina dalla polizia per il reato di “propaganda terroristica”. Le forze dell’ordine accusano l’uomo di avere trasmesso a un giornale tedesco un messaggio di Selahattin Demirtaş, il leader dell’Halkların Demokratik Partisi (Partito Democratico del Popolo; HDP), che Pişkin aveva visitato in prigione [AnsaMed].

La vicenda di Levent Pişkin è particolarmente significativa non perché l’avvocato fosse un personaggio molto importante, ma perché quest’uomo rappresenta quasi la sintesi perfetto del “nemico della nazione” secondo la retorica proposta da Erdoğan: è vicino all’HDP, un partito di sinistra favorevole alla democrazia e alla minoranza curda [Il Grande Colibrì], massimo nemico di un regime di destra che vorrebbe resuscitare l’impero ottomano; è un componente dell’Ozgurlukcu Hukukcular Dernegi (Associazione degli avvocati per la libertà; OHD), un’organizzazione che difende i diritti umani così spesso calpestati dallo stato; è un esponente del movimento LGBQTI (lesbiche, gay, bisessuali, queer, transgender e intersessuali), mentre Erdoğan propone una morale machista sempre più ispirata a una visione oscurantista dell’islam.

Intanto il ministero degli interni ha già chiuso, oltre a 2.100 scuole e a quasi 200 giornali, anche 370 associazioni, di cui alcune LGBTQI, femministe o attive nella difesa dei bambini: per tutte l’accusa paradossale è di sostenere il terrorismo.

Nonostante questi tentativi evidenti di intimorire la società civile e il mondo delle organizzazioni indipendenti, il movimento arcobaleno continua a tenere alta la testa: per esempio l’Istanbul LGBT Onur Haftası (LGBT Pride Week di Istanbul) non esita a scrivere sulla propria pagina Facebook che l’arresto di Pişkin “è una violazione deliberata del diritto alla difesa e a un giusto processo. Facciamo appello a tutti per resistere, unirsi e denunciare con più forza. Levent Pişkin non è solo, seguiremo il suo processo!”.

E anche la musica diventa una forma di resistenza: il videoclip della canzone “Ses Etme” (Non far rumore) del gruppo turco Athena denuncia con forza l’ipocrisia della società turca e la violenza contro le persone transgender attraverso la storia di una drag queen picchiata per strada dallo stesso gruppo di uomini che prima l’aveva corteggiata. Onur Gokhan Gercek, la drag queen protagonista del video, spiega: “La visibilità è fondamentale. A volte le persone restano nell’ignoranza e noi volevamo che prendessero coscienza”. E per ora ben tre milioni di persone hanno visto il video online e sentito il messaggio: speriamo che in molti lo abbiano anche capito nel paese che registra il più alto numero di persone trans uccise in Europa.

Pier
@2016 Il Grande Colibrì

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