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Rifugiati in Italia: il 15% chiede asilo perché omosessuali
Governi africani  contro le “ingerenze inglesi” gay-friendly
Serbia, parlamentare anti-Pride condannato per omofobia
I pinguini gay trovano casa: ma i cristiani gay insorgono

MOI Uno dei problemi quotidiani più comuni per un musulmano omosessuale è quello che la sua stessa esistenza venga messa in dubbio dalla gran parte della comunità omosessuale, da quella religiosa e – ovviamente – da tutti coloro che si cibano di stereotipi secondo i quali esistono solo colori e mai sfumature. Giunge particolarmente opportuno quindi il rapporto (oltre 70 pagine di articoli, conversazioni con teologi, religiosi, accademici e laici, attraverso conversazioni discrete in diverse città, per uno spettro di età compreso tra i 19 e i 68 anni, per metà nativo e per metà originario da 13 stati esteri) che descrive la condizione degli omosessuali islamici negli Stati Uniti (Religion Dispatches). Accanto a dati prevedibili (gli intervistati sono in maggioranza progressisti e acculturati, il 40% ha frequentato o finito l’Università, il 60% ha raggiunto il grado di post-graduato, vale a dire un master o un diploma di pari grado) può stupire il fatto che solo il 5% degli intervistati giudichi poco importante la religione (più o meno la stessa quantità che afferma che il Corano non è la Parola di Dio) a fronte del fatto che oltre il 52% consideri l’omosessualità incompatibile con il Corano, o comunque sbagliata, anche se solo il 18% la considera un peccato. La ricerca, condotta da Intersections nel corso dei primi dieci mesi del 2011, si spinge anche a qualche domanda sui transgender, raggiungendo il 75% circa di consenso rispetto al fatto che i diritti che all’interno della comunità musulmana dovrebbero essere concessi a gay e lesbiche siano estesi anche alle persone transessuali.

Certo, in molti casi i dialoghi che hanno reso possibile la ricerca si sono svolti lontano dalla moschea e senza rivelare troppi particolari personali delle persone omosessuali delle comunità, ma la fotografia finale é quella di una forte evoluzione dei costumi. Anche se il percorso è ancora lungo. Munir Shaikh, studente, spiega infatti che i musulmani LGBTQ* “devono lottare su due fronti: combattere l’omofobia all’interno della propria comunità religiosa, che è per ironia il prodotto della modernizzazione della civiltà islamica, e combattere d’altro canto l’islamofobia della comunità omosessuale” (segui MOI Musulmani Omosessuali in Italia).

CRONACA A fronte degli omosessuali musulmani del nord America, che sono avviati sulla lunga e difficile strada dell’accettazione, c’è chi ancora deve riuscire a sopravvivere e a sfuggire le persecuzioni che colpiscono le persone omosessuali in diversi paesi del mondo e per farlo non ha altre strade che fuggire: e infatti il 15% dei richiedenti asilo nel nostro Paese lo fa per problemi di orientamento sessuale (omosessualità maschile). E’ quanto emerge da uno studio di Università Cattolica del Sacro Cuore, Croce Rossa Italiana e Associazione “veDrò” presentato nei giorni scorsi a Milano (Stranieri in Italia), che evidenzia anche come il 75% dei soggetti soffra di disturbi psichici mentre l’82% ha subito torture, in molti casi mentre era in carcere. E sebbene non stupisce che il 62% degli intervistati confessi di aver valutato l’idea di suicidarsi, il dato forse più sconcertante é quello del 70% che ha ormai mancanza di fiducia nel prossimo e rassegnazione: sebbene siano persone in attesa di ricevere un sì o un no che può accettarli in un paese libero o restituirli all’inferno da cui sono fuggiti, l’accoglienza avuta in Italia non deve averli granché incoraggiati.

MONDO Di certo i perseguitati (che sia per omosessualità o per qualunque altra ragione) in nazioni dove anche le libertà minime di espressione sono negate non solo hanno diritto di ricevere aiuto quando fuggono, ma dovrebbero ricevere anche supporto mentre sono nel loro Paese. Per questo il “boicottaggio economico” agli stati omofobi proposto dal Regno Unito (Il grande colibrì) continua a far discutere e a generare reazioni: dopo la bocciatura da parte delle organizzazioni LGBTQ* africane, preoccupate di nuove e più dure persecuzioni, e dei leader religiosi cristiani e musulmani, preoccupati che l’omosessualità diventi legale (Il grande colibrì), arrivano alla spicciolata anche una serie di critiche da parte di governi “interessati”. Il presidente ghanese John Mills, attaccando la pretesa del governo inglese di ingerire negli affari di stati stranieri, assicura che non favorirà in alcun modo gli omosessuali (Ghana News Agency), subito imitato dal consigliere presidenziale ugandese John Nagenda, che ha accusato il premier britannico Cameron di trattare gli altri stati “come fossero bambini“, assicurando però che a suo parere il parlamento ugandese non voterà la pena di morte per alcuni atti omosessuali (BBC). Non diversa la posizione del Presidente del Senato nigeriano David Mark, che ha confermato di voler proporre leggi per proibire unioni tra persone dello stesso sesso (UsAfrica on line). Più complessa e in parte controcorrente la posizione dello Zimbabwe: a fronte del Presidente Mugabe, fiero oppositore dell’omosessualità, considerata come un abominio (Zimbabwe Metro), il Primo Ministro Morgan Tsvangirai si oppone (forse strumentalmente in funzione interna, forse proprio per non perdere gli aiuti inglesi) affinché l’omosessualità non sia perseguitata nel Paese (Zimbabwe Metrov. anche il rapporto su alcuni di questi Paesi su Il grande colibrì).

MOVIMENTO Poiché tuttavia la grettezza non ha confini, ci è ben noto che l’omofobia della politica alberga anche alle nostre latitudini. Tuttavia, quella di oggi è una buona notizia, poiché dopo la cancellazione del Pride a Belgrado, lo scorso 2 ottobre è arrivata una piccola, modesta, ma comunque significativa condanna per Dragan Markovic, primo parlamentare condannato (di fatto censurato: la sua pena consiste infatti nel semplice pagamento delle spese processuali) per aver attaccato l’annunciato corteo dell’orgoglio LGBTQ* come una “manifestazione di malati che vogliono farsi passare per normali“. Positivo il commento della sentenza da parte della Gay-Straight Alliance, che attraverso i suoi legali aveva promosso la causa: apprezzata perchè sancisce che un politico ha la responsabilità di promuovere tolleranza, democrazia, nonviolenza e diritti umani, oltre che per la grande celerità del processo (Focus Information Agency).

CULTURA E buone notizie arrivano anche per i pinguini gay e per tutti gli animali che manifestano interesse ai propri simili dello stesso genere: nella città più omosessuale del mondo, San Francisco, aprirà infatti all’inizio della prossima estate anche il primo zoo dedicato agli animali gay. La notizia sarebbe già discretamente surreale se non fosse accompagnata dalle ultime urla dell’invasata di turno, Keith Norton, che è presidente dell’Associazione nazionale etica, un gruppo di fondamentalisti cristiani: “Ci opponiamo a che le tasse dei cittadini finanzino qualcosa di offensivo, sacrilego, innaturale e certamente traumatico per i bambini: davvero volete che i vostri figli guardino due zebre maschio mentre hanno un rapporto carnale?” (Huffington Post). La Norton, che evidentemente porta invece i bambini a vedere gli accoppiamenti di zebre eterosessuali, ci dimostra che la strada da fare, per tutti (per tutti i luoghi, per tutte le religioni ma anche, ogni giorno, per ciascuno di noi) è ancora assai lunga. Però è bello sapere che gente così esista: ci si sente subito migliori.

 

Michele
Copyright©2011MicheleBenini

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