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È inutile, una lotta vana, non riesco a sottrarmi da lei nei miei scritti. Poi, soprattutto oggi, 8 marzo. Ho la netta sensazione di vivere questo giorno – ogni anno – come un déjà vu. Mia madre non ha mai brillato di femminismo, ma non posso certo fargliene una colpa.

Credo fosse la seconda media o la terza, non ricordo bene, ma ho ben chiaro il suo volto. Si affacciò come suo solito in camera mia e, pur avendo consapevolezza del suo analfabetismo, mia madre non si sottrasse mai alla frase: “Posso aiutarti nei tuoi studi? Hai bisogno di qualcosa, ti posso colorare qualcosa?”. Mia madre era ben consapevole che ormai le schede delle elementari da colorare non le avevo più da tempo, ma non si è mai sottratta a questo suo rito, a questo suo “umanesimo”.

Le immagini colorate, sotto ai miei e ai suoi occhi, questa volta erano ben diverse. Scienze: apparato riproduttivo femminile. Non ci fu né imbarazzo né scandalo, mia madre mi ha sempre parlato di sesso, liberamente. Mi disse sempre tutto ciò che sapeva. Mi chiese di tradurle ciò che studiavo. Fu per lei una rivoluzione. L’apparato riproduttivo femminile, tutti quei meccanismi del corpo, il clitoride, il tessuto nervoso. Non disse nulla, ben poco sapeva, ascoltava silenziosamente ciò che le dicevo, fin quando…

La sterilità. Qui ebbe da ridire: “No, solo le donne posso essere sterili, non gli uomini”. Le spiegai la situazione. Ci fu un po’ di silenzio. Non lo sapeva. Mia madre ha pensato, per tutta la vita, che la sterilità fosse una “colpa” tipicamente femminile. L’uomo, in virtù della sua posizione privilegiata, non potrebbe mai essere sterile. Perché gli Uomini sono Uomini e le donne sono solo donne. Rimase in silenzio per un po’. La perdita di una certezza. Mia madre si sentiva “più donna” rispetto alle altre, perché non aveva addosso questa “colpa”.

fecondazione

Allora non è colpa di tua zia se non può avere figli. L’uomo, suo marito… No, non è possibile, ci hanno sempre detto il contrario… Non può essere!“. Frastornata, mia madre si ritirò su sé stessa e sul suo senso di colpa. La colpa di aver pensato male, di aver additato, fin dalla sua gioventù, chi a differenza di lei non poteva procreare. Mia madre scoprì la visione maschilista della storia. Non la comprese pienamente, sia chiaro, ma fu scioccante. Mi madre scoprì così gli altri, o meglio… le altre.

Non è che fosse cambiata: la sua purezza di bambina, la sua visione tenera, dolce e inconsapevole del mondo poteva farle attraversare ancora una volta una guerra, senza che lei sentisse il minimo sparo, il minimo urlo. Ma, per un momento, mia madre emerse dal suo perenne essere bambina all’età adulta. Vide chiaramente le cose del mondo e credo che disse a sé stessa questa frase: “Va bene così, va bene così“.

Analizzando ora il microcosmo in cui viveva mia madre, un Marocco rurale, fatto di miti, tradizioni popolari e stregoneria, dove il valore di una donna era misurato in figli, onore e verginità, capisco che la possibile e la più grande paura di mia madre, durante la sua adolescenza, fu quella di poter essere una donna sterile. Visto che solo lei, e le altre, potevano avere addosso questa colpa.

La mia nascita è stata per lei un motivo più che valido per sottrarsi a quel timore, a quello spettro, a quella lettera scarlatta che non dovrà mai vedersi appiccicata addosso, sottraendosi così a un possibile divorzio, a un allontanamento, a una vita sola.

Chi ha scatenato questo complotto mostruoso contro le donne? Il più delle volte, non c’è che da guardarsi allo specchio.

specchio rotto

Mia madre si alzò e se ne andò in salotto, a contare i pensieri della sua gioventù in Marocco. Quante cose ancora non sapeva ? E quante le cose non appositamente dette? La sentinella della conoscenza era dietro all’angolo. Ma, educatamente, mia madre si alzò e con la sua mano si tirò dietro la porta alle spalle. “Va bene così, va bene così“.

L’ingenuità, l’allegria spezzata, la consapevolezza dell’insostenibile pesantezza di ciò che potrebbe essere il mondo, quello vero.

Quello di mia madre non è un caso isolato. La storia di una donna arabo-berbera, musulmana, educata dai figli. Passata dalla sua visione del passo breve delle cose al più comprensibile alto utilizzo di ciò che potrebbe essere una lente. La civiltà, Madre mia.

Delle scoperte fatte da mia madre, durante la formazione scolastica dei suoi figli, che fu anche la sua di formazione, credo che questa sia quella che più la scosse.

Lo sguardo di mia madre fu la mia miccia verso un più approfondito e consapevole senso di femminismo. E per questo devo dire ciò che per voi potrà risultare strano, ambiguo, visto il consapevole assassinio di mia madre verso quella sentinella della conoscenza. Ma mia madre, la mia bambina, con la sua visione dolce del mondo, è stata per me una scuola di femminismo.

Anas Chariai
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Bryan_T (CC) / da Nevit (CC BY-SA 1.0) / da anaterate (CC0)

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