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La ribellione è esplosa a Lagos, la più grande città africana con i suoi 23 milioni di abitanti, poi ha conquistato la capitale Abuja e tutte le principali città della Nigeria: le proteste, partite su Twitter con l’hashtag #EndSARS, hanno spinto migliaia di giovani nelle strade, dando vita a quello che potrebbe essere il più grande movimento sociale della storia recente della Nigeria, mentre alcune voci parlano già di rivoluzione. Tutto ha inizio il 3 ottobre, quando sui social media nigeriani un video diventa virale: nella drammatica scena si vede un poliziotto della Special Anti-Robbery Squad (Squadra speciale contro i furti; SARS) che spara su un ragazzo. È la goccia che fa traboccare il vaso di un paese terrorizzato e disgustato da questa unità di polizia tristemente famosa.

La SARS nasce nel 1992 come risposta a un aumento dell’insicurezza in Nigeria: di fronte a un numero crescente di episodi di criminalità, il governo di centro-destra decide appunto di creare questa squadra che può permettersi maniere più forti. È finita la pacchia per i criminali, o almeno è questo il messaggio lanciato all’opinione pubblica. In realtà, sin da subito la SARS diventa quello che è facilmente prevedibile che diventi una forza di polizia con pochi freni: invece di combattere la criminalità, l’unità speciale ha iniziato a gestirla, caratterizzandosi per una corruzione sconfinata, per i metodi brutali e per un mostruoso curriculum di violazioni dei diritti umani, con innumerevoli casi di ricatti, furti, rapimenti, violenze, torture, stupri…

Polizia omofoba

Tra le vittime preferite della Special Anti-Robbery Squad ci sono anche le minoranze sessuali, come racconta per esempio la scrittrice  e regista queer Uyaiedu Ikpe-Etim: “La SARS mi molesta praticamente ogni sera che esco con i miei amici. Le mie amiche mascoline e i miei amici effemminati sono bersagli facili e io ho assistito con i miei occhi, impotente, a queste prevaricazioni, di tante ne ho sentito parlare. Ora sono in strada a protestare perché queste esperienze di noi persone queer sono uniche“. Uyaiedu Ikpe-Etim è una delle tante persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) che si sono unite alle proteste.

Tra di loro c’è anche l’attivista non-binary Matthew Blaise, diventato improvvisamente popolare per aver postato un coraggioso video su Twitter, in cui durante una manifestazione a Lagos intona lo slogan “Queer lives matter” (Le vite queer contano). Anche lui conosce in prima persona le violenze della SARS: “Scelgono a caso ragazzi effemminati o uomini e controllano i loro cellulari, violando la loro privacy. Quando trovano contenuti queer, picchiano le loro vittime, le ricattano, le aggrediscono, gli fanno outing davanti ai loro cari. È capitato anche a me una volta che stavo andando a comprare dei farmaci contro la malaria. Stavo molto male e gliel’ho detto, ma loro mi hanno deriso, mi hanno trascinato via, mi hanno preso in giro“.

uomo nero gay succhiaValanga di rabbia

Di fronte alla collera di un’intera generazione di giovani uomini e donne provenienti da tutte le classi sociali del paese e sostenuti da star internazionali come la rapper statunitense Cardi B e il fondatore di Twitter Jack Dorsey, l’11 ottobre il governo accetta  di sciogliere la SARS e di avviare una riforma della polizia. Le proteste, però, non si placano. Da una parte, la proposta di rimpiazzare la Special Anti-Robbery Squad semplicemente con una nuova unità con poteri speciali sembra una presa in giro. Dall’altra, giorno dopo giorno la ribellione si è allargata non solo nei numeri, ma anche e soprattutto nei suoi obiettivi. La goccia ha fatto traboccare un vaso persino più grande di quello della violenza della polizia.

La palla di neve della protesta è cresciuta a dismisura fino a diventare una valanga di rabbia e di frustrazione repressespiega Leena Koni Hoffmann della Chatham House, uno dei più importanti centri studi del mondo dedicati alla politica internazionale – La Nigeria è il paese al mondo con il numero più grande di giovani in condizioni di povertà. In Africa occidentale è il paese in cui le famiglie soffrono la maggiore insicurezza alimentare“. Anche per questo, una volta aperto il vaso di Pandora, le rivendicazioni politiche dei manifestanti sono sempre più numerose.

E i diritti LGBT?

Tra queste rivendicazioni rientreranno anche i diritti delle minoranze sessuali? Tra le persone LGBTQIA le opinioni sono divergenti. L’avvocata Timinipre Cole, per esempio, sottolinea come il video di Blaise sia stato accolto da commenti offensivi: “Probabilmente metà delle persone con cui ho protestato non sarebbe scesa in strada se la SARS avesse perseguitato solo le persone queer: non lo avrebbe considerato un problema“. Amara, una ragazza lesbica, ha denunciato il fatto che i manifestanti hanno aggredito lei e le sue amiche che reclamavano diritti per le minoranze sessuali. È anche vero che altri manifestanti sono intervenuti per difenderle e hanno permesso che il diverbio non avesse conseguenze peggiori. C’è qualche speranza, allora?

La risposta è “sì”, almeno secondo Matthew Blaise: “Ora vedono che mettiamo a rischio la nostra vita per parlare di quello che ci succede: stiamo creando consapevolezza sui problemi che dobbiamo affrontare, stiamo ricordando al governo che esistiamo e che le attuali leggi che governano le vite queer non vanno bene“. Blaise continuerà a manifestare: “Spero che conserveremo questo spirito se vogliamo la liberazione queer per noi e per i nostri fratelli queer più giovani. È importante mantenere lo spirito che abbiamo adesso. Vorrei che non dovessimo essere forti e combattere battaglie che nessun altro deve combattere, ma dal momento che siamo qui e dobbiamo farlo, spero che lo faremo bene e che conquisteremo il premio, che sono le nostre stesse vite“.

Pier Cesare Notaro
©2020 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì /  elaborazione da Tim Evanson (CC BY-SA 2.0)

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