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Le seconde generazioni LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) non fanno share, non fanno notizia. Non un articolo, non un’intervista, non un discorso, eppure si lotta su due fronti: la comunità etnica, religiosa, culturale, linguistica di appartenenza, con le sue leggi, i suoi dogmi; e poi l’altro fronte, quello fuori da questa comunità, ovvero quello che ho davanti a me, proprio ora, voi! Un altro schema, altre leggi, altri colori.

Noi e le nostre identità

Ma spesso l’arcobaleno è ipocrita. Razzismo, islamofobia, antisemitismo… “far parte di una minoranza non ci preserva dalla possibilità di essere degli stronzi“. Alzarsi in piedi e portare con coraggio il peso delle proprie identità culturali, religiose, etniche, linguistiche, sessuali è la cosa più complicata e politica che si possa fare.

E quindi chi siamo ? Siamo persone LGBTQIA immigrate o di seconde generazioni, cresciute o nate in Italia, siamo soprattutto cittadin* che si riconoscono in più identità, in più passaporti, in più lingue, in più credi e nei diritti civili. Che lottano sia qui, in Italia, sia nei paesi d’origine dei propri genitori. Minacciate, schiacciate da tradizioni popolari, maschilismo, da quella terribile piaga che è la mascolinità tossica, spesso ci troviamo ad aver a che fare con un’altra piaga: il razzismo. Dai social al reale, dalle app di incontri a quel velato razzismo che inizia sempre con “Io non sono razzista, MAAA…” –  una frase che tutti noi sentiamo spesso anche in un’altra salsa: “Io non sono omofobo, MAAA…“.

Uno sgarro a Salvini

La parola “intersezionalità” e il suo valore appartengono completamente a noi cittadini e cittadine che vogliamo uscire dall’immobilismo culturale e religioso delle nostre comunità di appartenenza, per accendere, come una torcia, un dibattito su laicità, femminismo, apostasia, omosessualità, omobitransnegatività e diritti civili. Siamo quelli che spesso si sono ricercati due volte: prima con il passaporto, e poi con la nostra sessualità. Una generazione liquida.

Noi, che spesso proveniamo da paesi in cui l’omosessualità e l’allontanamento dalla religione dei propri genitori è reato. Ostracizzati dalle comunità etnico-linguistico-religiose di appartenenza e guardate con sospetto da una certa società italiana. Svelarsi, costa doppio. Ma che soddisfazione alzarsi in piedi e dire a Salvini, e al suo elettorato, di essere sia LGBTQIA che italomarocchini, italocamerunesi, italotunisini, italoghanesi e così via. Parlare di noi seconde generazioni LGBTQIA è un po’ lo sgarro verso chi fa finta di non vedere. Non siamo la parte tragica, passiva e spenta della storia, bensì quella che si muove per amore di conoscenza, che è libertà. Siamo quelli dei due fronti, dei due muri, ma siamo pronti a buttar giù qualsiasi recinzione e falsa narrazione.

Anas Chariai
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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