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Far parte di una minoranza non ci preserva dalla possibilità di essere degli stronzi. In estrema sintesi la ricerca condotta dalla rivista online inglese The Fact Side ci dice questo. Anzi, lungi dal voler generalizzare, sembra che essere un maschio gay o bisessuale bianco comporti una dose di disgustoso razzismo forse addirittura superiore. O almeno tanto appariscente da sembrare tale.

Partiamo da una constatazione. Le persone omosessuali non se la passano bene in un sacco di posti del mondo e perfino nei paesi dove gli ultimi anni hanno riservato grandi riconoscimenti di diritti, come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, la tendenza sembra ora indicare un regredire della situazione – marcato negli USA anche da scelte politiche della nuova amministrazione guidata da Donald Trump, nel Regno Unito con un altro elemento elettorale a fare da linea di separazione (la Brexit, dopo la quale gli attacchi omofobici sono aumentati del 147% in soli tre mesi; Il Grande Colibrì), ma fortunatamente senza scelte governative che mettano a rischio i diritti.

trump parole odio

Sì, c’è razzismo anche tra noi

Tuttavia le persone che appartengono a una minoranza etnica subiscono quotidiane discriminazioni all’interno della stessa comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali). E la ricerca del Fact Side, focalizzata sui maschi gay e bisessuali è impietosa: tre quarti dei ragazzi neri, l’81% di quelli asiatici orientali e sudorientali e l’86% di quelli dell’Asia del sud hanno dichiarato di aver sperimentato razzismo tra le persone LGBT. La percentuale arriva al 100% nel caso di ragazzi arabi, mentre scende “appena” al 30% per gli uomini latinoamericani.

La triste realtà è che queste discriminazioni non sono figlie della vittoria di Trump o del successo di Nigel Farage e dell’UK Independence Party (Partito per l’indipendenza del Regno Unito; UKIP): emergono più apertamente dopo queste affermazioni elettorali solo perché chi le pratica si sente più legittimato, un po’ come per la dilagante islamofobia dopo gli attentati che prendono di mira (anche) città occidentali (sebbene la rivista non abbia preso in considerazione le discriminazioni legate alla religione).

“No Asians, no black”

Il luogo più frequente dove si sperimenta questo tipo di razzismo è ancora, comunque, quello dove si mette meno la faccia: le app e i siti di incontri. Ma la dinamica non è nuova. Da molti anni prima che nascessero Grindr e i suoi fratellini, i profili dei siti di incontri quali Gayromeo (oggi Planetromeo), Recon o Gaydar pullulavano di frasi come “No asians” o “No Ghana”. E se per quest’ultima categoria poteva esserci una spiegazione giustificatrice (numerose truffe agli utenti dei siti erano state propinate da sedicenti uomini bisognosi di aiuto – ma incredibilmente dotati di muscoli e di altro – che risultavano risiedere nel paese africano), per il rifiuto verso gli asiatici non c’era nessun appiglio.

Certo, nei siti di incontro e nelle app uno mette le sue preferenze. Uno preferisce le persone anziane, un altro quelle giovani; qualcuno predilige un partner molto alto, qualcun altro le persone basse; c’è chi desidera un biondo muscoloso e abbronzato e chi preferisce un pallido mingherlino con i capelli neri… I gusti sono gusti, si dirà. Ma un conto è avere un’idea del ragazzo dei propri sogni, un altro è scremare in base ai propri stereotipi le persone da conoscere: non solo ci si precludono occasioni interessanti, ma si agisce in modo apertamente discriminatorio.

preferenze sessuali app

Così come discriminatorio, e solo apparentemente meno offensivo, è l’atteggiamento nei confronti delle persone di origine africana, spesso ricercate a causa dello stereotipo che vuole i neri particolarmente dotati fisicamente e, ovviamente, tutti attivissimi. Così il fatto di avere un pene normale o di essere passivo diventa oggetto di derisione e vergogna e, d’altra parte, anche rispondere allo stereotipo non fa altro che trasformare l’essere umano in un oggetto per alcune sue caratteristiche fisiche, che è una discriminazione solo apparentemente meno forte.

Dalle app alla vita reale

Con le app e i siti, comunque, si può convivere. “In fin dei conti – spiega  Marcus, 28 anni, nero e poco rispondente allo stereotipo del maschio attivo africano – preferisco essere rifiutato o bloccato da un razzista, piuttosto che trovarmi a un appuntamento con lui. Avanti così, bloccami: so che merito di meglio di un bigotto travestito da gay”.

Il difficile viene sicuramente nella vita reale. Entrare in un locale gay se sei un maschio bianco non comporta difficoltà, mentre se sei nero arriva inevitabile la domanda: “Lo sai che è un locale gay?” o “Sei già stato qui?” anche se il buttafuori è pure lui di colore… “E ovviamente una volta dentro sarà per tutti scontato che sei superdotato e attivo. E pure un escort” racconta Steve, 34 anni. E, tanto per dimostrare che non è un problema inglese, Manjinder racconta di quando ha vissuto a Berlino: “Era anche peggio. Ero come un animale esotico per le persone del posto”.

In effetti anche l’essere trattato come un oggetto è caratteristica frequente per tutte le minoranze intervistate: si sono sentiti in questa condizione l’85% dei neri, il 75% degli arabi, l’80% dei latino-americani e “solo” il 54% di chi viene dall’Asia del sud-est e dell’est.

africano pene banana

Linguaggio e rappresentazione

E che dire del linguaggio? Tanto in chat che dal vivo gli intervistati hanno sperimentato gli insulti più coloriti e quelli più classici: da “negro” e “paki”, a “scimmia gialla” e “schiavo nero”, passando per “puttana negra” e “ragazzo cioccolata”. Per arrivare al già citato “No asians” (c’è anche il “No blacks”, naturalmente) fino al BBC (“big black cock”, “grosso cazzo nero”) che rappresenta perfettamente lo stereotipo dell’immaginario collettivo gay.

Uno dei problemi che è riconosciuto da tutti i gruppi etnici è che la rappresentazione delle persone omosessuali nei media gay è fortemente discriminatoria: le etnie sono rappresentate correttamente e proporzionalmente solo per il 16% dei neri, il 9% degli asiatici, il 20% dei latino-americani, il 25% degli arabi e il 24% dei bianchi. E quasi tutti gli intervistati concordano sulla sovraesposizione di maschi bianchi nella narrazione della comunità LGBT, quasi fosse una “gerarchia” da rispettare.

Tutti questi dati conducono alla conclusione che la comunità gay ha un grosso problema di razzismo al proprio interno da risolvere.  Ne sono convinti il 100% degli intervistati arabi, l’81% dei neri, l’82% degli asiatici, il 70% dei latino-americani e delle persone di etnia mista e anche il 49% dei bianchi.

Riconoscere il problema

“Nel momento in cui riconosciamo che la scena gay è razzista siamo già a un buon  punto di partenza – spiega Marc – e dobbiamo ricordarci che quando parliamo di gay molte persone intendono ‘bianchi gay’. Gli uomini omosessuali bianchi devono imparare a fare i conti con il fatto che i loro fratelli neri, asiatici e di altre minoranze etniche subiscono un forte impatto a causa della loro etnia e devono agire di conseguenza”.

“Le persone appartenenti a tutte le minoranze etniche hanno bisogno di far sentire la loro voce – aggiunge Manjinder – di essere viste, rappresentate, mostrate interamente, non secondo gli stereotipi. E bisognerebbe portare gente delle minoranze a lavorare nelle organizzazioni e nei media LGBT in posizioni che contano. Fate in modo che le riviste passino dalle trattazioni superficiali alla realtà che sta cuore alle persone”.

Se non si agisce, si è condannati a vivere in una comunità che fa della discriminazione un suo punto di forza: “La comunità gay è tutto tranne che tollerante – dice Balwinder – Il razzismo cresce e quindi usare i colori dell’arcobaleno come logo è completamente ipocrita. Ho sperimentato più razzismo sulla scena gay che in qualunque altra situazione della mia vita”. Ma è anche vero che l’universo gay è composito: “La comunità gay è un arcobaleno – conclude Clif, 41 anni – Forse si può vedere un solo colore, un solo sesso. Ma noi siamo qui. E abbiamo le nostre storie che devono essere ascoltate”.

Michele Benini
©2017 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

4 Comments

  • Carlo ha detto:

    Sono d’accordo sull’articolo del razzismo tra minoranze gay. Purtroppo esistono, e sono ben visibili: non solo per il colore della pelle, ma pure per i ruoli. Direi che per i ruoli la cosa è parossistica addirittura. Ma da sempre: essere attivo passivo, fare cilecca, essere descritto come donna…tutti stereotipi che altro non fanno che ricalcare l’eterosessualità e i suoi innati pregiudizi verso di noi…e verso di loro pure. l’Italia è un paese provinciale e queste descriminanti fanno parte del suo DNA, ma da quando i diritti si sono legalmente diffusi ovunque nel mondo “bianco”, bisogna sottolinearlo, sono aumentati i fenomeni di violenza e discriminazione, soprattutto verso le minoranze all’interno della minoranza a cui noi tutti glbtq apparteniamo..non parliamo poi dei gay e delle lesbiche che sono dichiaratemente di destra. Una dicotomia lapalissiana che non ha nulla da salvare….come dire che non ha nulla da condividere col bellissimo film FRATELLANZA del 2009, vincitore di tutti i premi di quell’anno…un abbraccio a tutti

  • Ned ha detto:

    avere preferenze estetiche e fisiche non è razzismo, è legittimo, ma gli uomini e le donne di bell’aspetto sono di ogni etnia

  • Manlio Converti ha detto:

    Sugli asiatici il motivo è sempre legato alle dimensioni del pene, non fate finta di non saperlo.
    Personalmente ho avuto sesso occasionale con tutti i biotipi ma devo ammettere che le occasioni semplicemente non mi fanno incontrare tutti ‘sti biotipi.
    La chimica secondo me fa il resto. (la biochimica non le droghe)
    Di solito trovo vecchi, obesi o brutti ma proprio brutti e basta. Questa pure è una discriminazione!
    Insomma il primo ad essere ignorato sono io! Davvero!

  • Albert ha detto:

    Insomma per un essere razzista devi andare a letto con un bianco, un nero, un asiatico, un musulmano, un pelle rossa e un latino, ti resta il settimo giorno della settimana per andare e letto con chi vuoi.
    Fuor di scherzo. Ehm, ma vi rendete che questo vale per ogni minoranza? La minoranza nera, statunitense, non mi pare che nel suo complesso tratti bene la minoranza omosessuale, qualsiasi ne sia il colore, ma toh la minoranza GLTB* deve immediatamente essere black friendy altrimenti è razzista, mentre se fai notare che quella nera è generalmente omofoba sei comunque razzista. Forse è perché per noi primi siamo troppo abituali allo stereotipo dei gay bianco? e quindi già razzista per definizione.

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