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Si può essere arrestati solo per aver sventolato una bandiera arcobaleno, simbolo della comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali e asessuali), durante un concerto dei Mashrou’ Leila? Sì, in Egitto sì [Il Grande Colibrì]. Ma quale sarebbe il reato contestato? Lo ha chiarito l’avvocato Samir Sabry: “Hanno commesso il crimine di incitare alla dissolutezza, durante un concerto per giovani trasmesso in TV, con un appello pubblico a unirsi alla loro cerchia dei mithaly”. “Mithaly (ideali)?, ha chiesto l’intervistatore, precisando che si dice “mithly” (omosessuale) e aggiungendo che sarebbe anche meglio chiamarli “shawaz” (deviati). Sabry si è subito detto d’accordo su tutto.

D’altra parte “shawaz” è stato il termine più usato per indicare i presunti omosessuali arrestati negli ultimi giorni, nell’ennesimo giro di vite contro le minoranze sessuali in Egitto. Il termine fortemente dispregiativo non lascia dubbi sulle posizioni di gran parte della stampa egiziana, che ha festeggiato la repressione contro quella che viene descritta come una minaccia morale in grado di far affondare il paese. Il predicatore Khaled Al-Guindy, membro del Consiglio supremo degli affari islamici, è arrivato a dire: “Li viziamo chiamandoli omosessuali, e invece sono un gruppo di persone che hanno distrutto tutto”.

Caccia al colpevole

Con atteggiamento servile nei confronti di un governo che usa la caccia ai gay come arma di distrazione di massa, i media hanno enfatizzato al massimo il pericolo, del tutto assurdo, rappresentato dalle minoranze sessuali [Mada Masr]. E spesso, cercando di apparire più realisti del re, i giornalisti sono partiti alla caccia di chi ha avuto la colpa di permettere ai Mashrou’ Leila, la band libanese guidata da un cantante dichiaratamente gay, di esibirsi al Cairo. Ne è seguito un tentativo patetico di rimpallarsi la patata bollente tra il sindacato dei musicisti, l’autorità per le opere artistiche e le forze di sicurezza.

Poi, con effetto paradossale, questa isteria nata per sostenere il governo ha preso vita propria ed è riuscita persino a trasformarsi in dichiarazioni poco lusinghiere nei confronti del potere: “È stato un grave errore delle autorità statali – ha tuonato il poeta Farouk Goweida su Al-Ahram – A meno che tra loro non ci sia chi appoggia e incoraggia questo serio difetto che affligge la famiglia egiziana. Le autorità hanno l’obbligo di spiegare apertamente al popolo cos’è successo al concerto dei deviati”.

Il “complotto gay”

Se tutte queste dichiarazioni suonano come assurde, si riesce anche a fare di peggio: Kabar Gabr, che guida l’autorità nazionale della stampa, ha scritto un articolo il cui titolo è tutto un programma: “I deviati e Daesh [l’organizzazione terroristica nota anche come ISIS; ndr]”. Nel testo si leggono frasi come le seguenti: “L’Occidente, che ha fondato Daesh, è la stessa entità che ha esportato da noi la devianza sessuale, nonostante il fatto che le nostre società siano completamente diverse dalla loro. Noi non accettiamo quello che accettano loro, e sono cose che non c’entrano con i diritti umani e tutti questi slogan falsi” [Youm7].

Dandarawy Al-Hawary non esita a evocare lo spettro di un complotto internazionale “contro i valori etici e nazionalistici”: l’obiettivo sarebbe quello di distruggere l’Egitto introducendo non solo i “diritti dei deviati”, ma anche quelli delle donne e dei disabili. In quanto a intolleranza il giornalista non si fa mancare niente… E se la prende anche con la rivoluzione del 2011, descritta come il principale strumento dell’assalto omosessuale [Youm7].

È ancora primavera

Anche il presentatore TV Ahmed Moussa se la prende con la primavera egiziana, nel primo video postato sopra: “Il terrorismo non intaccherà l’Egitto, e non lo intaccheranno neppure i paesi che lo assediano. Quello che intaccherà il nostro paese, e forse lo distruggerà, sarà questa roba [l’omosessualità; ndr], se dovesse venire permessa. Tutta questa distruzione, questa fogna, è salita alla superficie dopo il 2011. Avete visto quanta distruzione hanno portato? Prima li arrestavamo e li chiamavamo adoratori di Satana”.

Questo delirio ha un fondo di verità: la tanto vituperata rivoluzione ha acceso il fuoco della libertà nei cuori di moltissimi giovani, investendo inevitabilmente anche la sfera della sessualità. Una repressione feroce sembra avere spento tutto e lasciato solo un deserto di cenere. Ma sotto, anche grazie a internet [Il Grande Colibrì], è rimasta ancora viva una fiamma, pronta a riaccendersi dei vividi colori dell’arcobaleno durante un concerto dei Mashrou’ Leila.

Pier Cesare Notaro
©2017 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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