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Come ho già raccontato in passato [Il Grande Colibrì], anche una persona che non prova istintivamente simpatia per le divise (eccetto nei giochi sadomaso, va da sé) può essere costretta dalle circostanze a rivedere il suo giudizio sulla polizia.

Pur rimanendo diffidente per natura, quando ho indegnamente partecipato a Londra alla Coppa del mondo di calcio LGBT, nel 2008, non ho potuto che compiacermi del fatto che tra i gazebo degli sponsor e delle associazioni c’era anche quello della Metropolitan Police, con gli agenti che regalavano gadget, distribuivano materiale informativo e posavano occasionalmente con qualcuno dei partecipanti (anche se la divisa della polizia cittadina è brutta come quella dei vigili urbani italiani e i poliziotti presenti erano tutto tranne che sexy).

Malgrado tutti gli sforzi per superare le discriminazioni fatti da molte forze di polizia nel mondo, ciò che continua a non piacermi è che le divise rappresentano sempre un potere, e in particolare un potere che può essere esercitato – e spesso, anche quando non è necessario, è esercitato – con la forza e con la violenza. E che, se molti eserciti e corpi di polizia nel mondo hanno con il tempo accettato formalmente di rispettare i diritti delle persone omosessuali e transessuali, le discriminazioni perdurano nei confronti di queste e, soprattutto, di altre minoranze.

Lo scorso anno il Pride di Londra fu percorso dalle polemiche per il programmato intervento  della pattuglia acrobatica della Royal Air Force [Il Grande Colibrì], vissuto da molti con disagio e con preoccupazione. Ma la polizia si era resa protagonista in positivo con anche un episodio di richiesta di unione tra due poliziotti nel bel mezzo della parata [Pink News].

Quest’anno, invece, è proprio il fatto che la polizia marci in uniforme nel corteo a essere sotto accusa e la protesta nasce dalla conferenza transgender della National Union of Students (Unione nazionale degli studenti; NUS), che accusano i poliziotti di frequenti maltrattamenti delle persone trans e di continue e improprie associazioni delle persone transgender con i lavoratori del sesso.

Durante la conferenza l’unione degli studenti di Manchester ha presentato una mozione in cui si accusano appunto le forze dell’ordine di avere pregiudizi nei confronti di parecchie minoranze, dalle minoranze etniche alle persone trans e ai lavoratori del sesso. Il risultato di questa targettizzazione poliziesca è che queste categorie finiscono a essere nella popolazione carceraria con una frequenza ben maggiore di altre.

Naturalmente la mozione, approvata insieme ad un’altra che chiederebbe, secondo quanto riportato da Pink News il rilascio di tutti i detenuti in carcere, ha scatenato le polemiche, con il candidato presidente della NUS, Tom Harwood, che l’ha attaccata come dannosa e influenzata da frange estremiste.

Eppure il rifiuto della polizia in divisa nel corteo dell’orgoglio LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) non è un caso solo inglese.

All’inizio dell’anno, infatti, il consiglio organizzativo del Pride di Toronto – che lo scorso anno fu temporaneamente interrotto da una manifestazione del movimento Black Lives Matter (Le vite dei neri contano), che chiedeva un impegno per il rispetto della minoranza nera, individuando nelle rivendicazioni della manifestazione e nella presenza di gruppi di agenti in divisa una sorta di marchio contro i neri – ha vietato espressamente che i poliziotti partecipino in gruppo e in divisa alla manifestazione, permettendo naturalmente la partecipazione dei singoli purché senza uniforme [Global News].

 

Michele
©2017 Il Grande Colibrì

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