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Come abbiamo scritto un’infinità di volte, malgrado le dichiarazioni di presidenti e governanti di paesi africani (e non solo) palesemente omofobi, la pretesa assenza di persone omosessuali in alcuni paesi è impossibile e se la loro visibilità appare scarsa è proprio per via delle leggi che ne criminalizzano l’orientamento e dell’atteggiamento popolare forgiato da decenni o secoli di intolleranza.

Spesso insieme ai governanti sono i rappresentanti delle religioni a prendere posizioni molto oscurantiste e ispiratrici di intolleranze e violenze e non è raro che le condotte sessuali non conformi alla maggioranza siano stigmatizzate in modo quasi sospetto, quasi a voler allontanare da sé, prima che dagli altri, il sospetto di una presunta omosessualità. E se fosse così?

A far nascere questo dubbio sono due notizie che arrivano da due diversi paesi africani: il Marocco, dove l’articolo 489 del codice penale punisce gli atti osceni contro natura con un individuo dello stesso sesso con pene da 6 mesi a tre anni e ammende da 120 a 1200 dirham (pressappoco da 10 a 100 euro); e il Camerun, in cui la sezione 347-1 del codice penale prevede una pena da sei mesi fino a cinque anni e multe da 20mila a 200mila franchi (da 30 a 300 euro circa).

Marocco, il divorzio del re

In Marocco re Mohammed VI starebbe per divorziare dalla moglie Lalla Salma, che non appare in pubblico da più di un anno e che molti pensavano di rivedere apparire durante la visita in Spagna del monarca nordafricano nei giorni scorsi. Il perdurare dell’assenza ha invece ridato fiato alle voci di una prossima separazione definitiva e ha alimentato il dibattito sulla ragione della situazione: l’atteggiamento troppo liberale di Lalla Salma, come sostiene qualcuno, o l’orientamento sessuale di Mohammed, da sempre al centro di grandi pettegolezzi?

re mohammed vi

Il giornalista spagnolo Ferran Sales Aige, già autore di una biografia dell’attuale monarca marocchino, ha parecchie pezze d’appoggio a sostenere la tesi dell’omosessualità del re, a cominciare dalle numerose testimonianze che lo davano assiduo frequentatore dei locali gay di Bruxelles quando studiava in Europa e di una corte di visitatori al palazzo principesco “Les Sablons” a Salé, vicino Rabat, che insospettirono anche i detective che il padre Hassan gli aveva messo alle calcagna. Buon per lui, sia chiaro. Se non fosse che i suoi sudditi non godono certo dello stesso diritto di vivere il proprio orientamento sessuale.

Camerun, la morte del vescovo

In Camerun, invece, paese a netta maggioranza cristiana (con una decisa prevalenza di cattolici) a finire nelle voci di corridoio è la morte del vescovo di Bafia, Jean-Marie Benoît Bala, avvenuta nel maggio del 2017 in circostanze mai chiarite. Secondo lo storico delle religioni Odon Vallet, il prelato si sarebbe ucciso dopo la morte del suo amante, un sacerdote, che si sarebbe pure lui tolto la vita.

Per la verità Vallet non ha fatto i nomi del vescovo e del suo presunto amante, ma parlando delle loro morti sospette e di ciò che le avrebbe originate è stato pressoché unanimemente interpretato in questo modo in Camerun. Le reazioni sono state molto scomposte, con richieste di risarcimenti e minacce più o meno velate – e a dirla tutta non è che lo storico abbia offerto grandi pezze giustificative della sua teoria.

Effetto boomerang?

In generale questo genere di notizie ci dovrebbe far fare un’alzata di spalle e potrebbe finire sulle testate scandalistiche. Ma fa comunque riflettere che coloro che tanto si spendono per diffondere l’omofobia finiscano poi per essere vittime di ciò che hanno creato. Potrebbe essere che hanno osato troppo, nell’essere così zelanti nella loro missione di diffusori di odio e intolleranza. Oppure può essere, semplicemente, che dio esista. E sia lesbica.

Michele Benini
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da ElizaC3 (CC BY 2.0) / Il Grande Colibrì

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