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A San Pietroburgo il 12 novembre la polizia, insieme ad alcuni membri del Rospotrebnadzor, l’agenzia federale russa incaricata del rispetto dei diritti dei consumatori e dell’igiene pubblica, ha chiuso la serata inaugurale del festival cinematografico a tematica LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) Bok o Bok (Fianco a fianco). Le autorità, secondo quanto affermano gli organizzatori dell’evento, avrebbero chiesto ai partecipanti di liberare la sala dove stavano avvenendo le proiezioni e, per ottenere questo scopo, avrebbero usato violenza.

L’accusa, che ha portato sette giorni dopo alla decisione da parte del tribunale di sospendere il festival per due settimane, è quella di non avere misurato la temperatura corporea ai partecipanti, di non avere fatto rispettare alcune regole sul distanziamento, come quelle che prevedevano l’uso di mascherina e guanti, e di non avere effettuato la pulizia dei locali. Secondo Alina Pchelintseva, dell’organizzazione di Bok o Bok, “è una cosa inquietante e ridicola allo stesso tempo. È stato mostrato un filmato per accusarci di non aver fatto rispettare le distanze mentre gli addetti alla sicurezza controllavano le borse dei partecipanti. Ma, allo stesso tempo, si vede che un’altra persona misura la temperatura e distribuisce mascherina, guanti e detergente”.

Dato che la sospensione decretata dal tribunale decorre dal giorno in cui il festival è stato chiuso, gli eventi non potranno tenersi ancora per una settimana. “Noi consideriamo anche questo giudiziocontinua Pchelintseva – come parte delle intimidazioni che il festival deve subire”. Come è già accaduto in passato, non sono mancate le minacce di gruppi nazionalisti contro gli organizzatori. Gli eventi del festival proseguiranno comunque online.

Alessandro Garzi
©2020 Il Grande Colibrì
immagine: Il Grande Colibrì

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