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Il sesso ha sempre avuto un ruolo importante nell’esercizio delle nostre libertà personali e sono poche le persone disposte a rinunciarci, però a volte ci troviamo costretti a privarcene per legge. Per una assurda legge che, come nelle carceri di molti paesi, Italia compresa, non riconosce ancora il diritto di avere rapporti intimi e affettuosi con il proprio o la propria partner, marito o moglie che sia.

Qualcuno associa il sesso e la galera a “Oz”, la serie televisiva statunitense drammatica ambientata in un carcere maschile, caratterizzata da bande di detenuti appartenenti a una specifica etnia o a una religione, come il gruppo dei neonazisti chiamato gli Ariani, in continuo contrasto con il gruppo dei Musulmani e degli Zombie (fratelli afroamericani). Oppure il gruppo dei Gay, soprannominati “checche” per la loro sessualità manifesta, talvolta presi di mira dai Cattolici.

Altre persone penseranno a una serie TV comica più recente, “Orange Is The New Black”, girata all’interno di un carcere femminile fittizio. La protagonista Piper Chapman inizia la sua avventura nel penitenziario ritrovando la sua vecchia fiamma, l’indomabile Alex Vause, trafficante internazionale di droga, con la quale ha viaggiato in giro per il mondo prima di accasarsi con il suo nuovo fidanzato, Larry.

Sappiamo che, sui 47 stati del Consiglio d’Europa, sono 31 quelli che autorizzano con differenti modalità e strumenti le visite affettive ai detenuti. Un anno fa è stato proposto il progetto “Love rooms” (Stanze dell’amore) nel disegno di legge di riforma del processo penale italiano, su cui tra l’altro il Consiglio dei ministri pochi giorni fa, il 3 marzo, ha deciso di mettere la fiducia.

La proposta garantirebbe la cura degli affetti non solo alle persone detenute, ma anche ai loro cari, e inevitabilmente metterebbe fine all’ingiusta negazione della sessualità dei detenuti di entrambi i sessi. Nonostante le buone intenzioni dell’ex magistrato Felice Casson, relatore del testo della proposta, la riforma non darebbe nessun valore ai rapporti affettivi tra le persone dello stesso sesso all’interno delle strutture penitenziarie della penisola [L’Espresso].

Dall’altra parte del mondo, esattamente negli USA, il Williams Intitute dell’Università della California ha pubblicato la prima relazione approfondita sulle persone LGB (lesbiche, gay e bisessuali) presenti nelle carceri di tutti gli Stati Uniti. Il dottor Ilan H. Meyer scrive nel suo rapporto che ci sono 238mila detenuti appartenenti a minoranze sessuali e dichiara che lo scopo della sua ricerca è di gettare luce sui rischi che devono affrontare le persone LGB lungo il tempo che dovranno trascorrere all’interno delle strutture carcerarie.

La ricerca ha messo in evidenza che la presenza di persone LGB nelle galere è più numerosa di quello che si pensava all’inizio; inoltre, stupisce il fatto che si trovino più donne lesbiche e donne bisessuali rispetto ai maschi omosessuali e bisessuali.

Durante lo studio del fenomeno, i partecipanti hanno diviso la ricerca in due parti: la prigione come luogo di reclusione temporanea in attesa di processo, e il carcere penale destinato ai condannati a pene detentive di medio-lunga durata. Nelle strutture di detenzione temporanea i maschi gay, bisessuali e etero che hanno avuto esperienze omosessuali sono al 6,2%, mentre la percentuale femminile sale al 35,7%. D’altronde, il numero dei maschi gay e bisessuali nelle carceri penali di lunga durata aumenta al 9,3% e quello delle donne lesbiche e bisessuali risale ancora al 42,1% di tutta la comunità femminile reclusa.

Inoltre, i risultati di questa ricerca ci espongono altri dati sconcertanti sulla salute mentale dei detenuti LGB e sugli abusi sessuali da loro subiti in infanzia: si evidenzia il fatto che quasi il 30% dei maschi gay e bisessuali soffre di qualche forma di patologia mentale, mentre nelle donne lesbiche e bisessuali è pari al 24,7%.

Non solo: sorprendentemente lo studio ci dice anche che, tra i detenuti, il 33% dei maschi gay e bisessuali e il 53,7% delle donne lesbiche e bisessuali hanno subito violenze sessuali durante l’infanzia. Paragonando questi dati alle percentuali dei maschi e delle donne eterosessuali, troviamo che “solo” il 6% dei maschi ha subito violenza sessuale in tenera età, mentre il 31,4% di donne etero rimane un numero incredibilmente alto per una società civile.

Lo studio ha anche dimostrato come i detenuti LGB di entrambi i sessi siano più a rischio di subire persecuzioni e abusi sessuali da parte dei compagni di cella e talvolta anche dalle guardie stesse, come è successo al 17,5% dei maschi gay e bisessuali e al 13,1% delle donne lesbiche e bi.

Anche se per molte persone LGB le fantasie sessuali ambientate in carcere sono tra situazioni le più eccitanti, anche se le regole del mondo dei penitenziari sono leggermente diverse da quelle delle società “libere”, rimane il fatto che i rapporti sessuali con persone non consenzienti sono violenza. Perché è proprio come dice Stanislaw Jerzy Lec, uno scrittore polacco del secolo scorso: “Nei paesi nei quali gli uomini non si sentono al sicuro in prigione, non si sentono sicuri neppure in libertà”.

 

Lyas
©2017 Il Grande Colibrì

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