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La chiesa britannica apre le sue porte alle persone transessuali e lo fa attraverso un documento recentemente approvato dai suoi vescovi. Nel testo è presente una serie di linee guida che incoraggiano i sacerdoti ad accogliere i fedeli mettendosi in ascolto delle loro storie e del loro vissuto. L’invito è quello di mostrarsi “gentili e creativi”, evitando qualsiasi atteggiamento discriminatorio o giudicante e cercando di comprenderne le ragioni.

La cerimonia e il cambio del nome

Per celebrare l’ingresso del fedele trans nella comunità sarà possibile praticare un rito molto simile a un secondo battesimo. La cerimonia, che prevede anche l’utilizzo di acqua e oli santi, sarà preceduta da un incontro tra il ministro della chiesa e il fedele. Nel colloquio si chiariranno le modalità di svolgimento della celebrazione e il candidato potrà scegliere se e come parlare delle sue esperienze passate davanti alla comunità.

Durante il rito il sacerdote si impegnerà inoltre a riferirsi al fedele utilizzando il nuovo nome che lui o lei ha scelto. Si tratta di una scelta particolarmente importante e significativa, nonché “un momento profondo nella celebrazione” liturgica. L’obiettivo finale è quello di offrire un servizio che sancisca la piena accettazione della “nuova” identità del fedele e lo faccia sentire il benvenuto all’interno della comunità.

Al termine della cerimonia i sacerdoti potranno regalare al candidato una Bibbia con inciso il suo nuovo nome. A questo proposito i massimi esponenti della chiesa inglese ricordano che il cambiamento del nome è una pratica diffusa nella tradizione giudaico-cristiana. Come ricorda Alfonso Bianchi, anche gli apostoli scelsero per se stessi un altro nome, anche se per ragioni diverse.

arcobaleno colomba

L’inchiesta dei vescovi

Dall’Inghilterra arriva anche un’altra buona notizia per la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali). Secondo quanto riportato dal Times, i vertici della Chiesa anglicana avrebbero aperto un’inchiesta sulle “terapie di conversione” messe in atto dalle comunità religiose. Con questa espressione si indica tutta una serie di pratiche pseudoscientifiche volte a “curare” l’omosessualità.

Nel caso specifico si parlerebbe di digiuni, preghiere, consulenze individuali fino ad arrivare a trattamenti ormonali e stupri “correttivi”. L’iniziativa sarebbe scaturita dalla volontà di alcuni membri della chiesa britannica di far luce su queste pratiche terribili e sugli effetti che possono avere su chi le ha subite.

Le terapie di conversione non dovrebbero trovare spazio nel mondo moderno” ha spiegato Paul Bayes, vescovo e presidente della Ozanne Foundation. Bayes ha sottolineato inoltre che sia il governo che la chiesa inglese hanno condannato con fermezza l’utilizzo di metodi violenti e coercitivi che a lungo andare possono provocare danni particolarmente gravi. Ne sa qualcosa Jayne Ozanne, direttrice della Ozanne Foundation, che ha sperimentato in prima persona gli effetti di una tentata terapia di conversione.

Una preziosa testimonianza

Alcuni anni fa Jayne si è volontariamente sottoposta a diversi trattamenti che avrebbero dovuto guarirla dalla sua omosessualità. Però tutti i tentativi si sono rivelati infruttuosi e hanno costretto la donna a sottoporsi a numerose cure mediche per rimediare ai danni causati da ansia e stress. “Se fossi stata a conoscenza dei pericoli che correvo non mi sarei mai sottoposta a questo genere di abusi” sottolinea Jayne, che ora si batte affinché nessuno debba subire ciò che lei stessa ha passato.

Nicole Zaramella
©2018 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione di Il Grande Colibrì da Max Pixel (CC0)

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