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La Polonia continua a usare il pugno di ferro contro i diritti civili, ribadendo la sua posizione conservatrice e la sua mancata apertura verso la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali).

Un altro Pride vietato

Questa volta è stato Tomasz Budasz, sindaco della città polacca di Gniezno, a decidere di impedire il Pride, che avrebbe dovuto avere luogo nella città il 13 aprile. In una lettera inviata al sindaco, la European Pride Organisers Association (Associazione degli organizzatori dei Pride europei; EPOA) ha sottolineato che bandire la manifestazione va contro la Costituzione della Repubblica della Polonia. Infatti, l’articolo 57 della Costituzione protegge i cittadini garantendo il diritto di organizzare assemblee pubbliche pacifiche.

Ma non è la prima volta che le autorità politiche cercano di impedire queste manifestazioni: l’anno scorso a Lublino si era verificata una enorme campagna anti-LGBTQIA per bloccare il Pride cittadino, che ha comunque avuto luogo ma in un clima di forte tensione e con molte proteste.

Le sentenza della CEDU

Il diniego del Pride è stato oggetto di diverse sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU). La stessa Polonia, nel 2007, è stata condannata dalla Corte per questo motivo: nella sentenza, la Corte ha affermato che il divieto del Pride di Varsavia andava contro gli articoli 11, 13 e 14 della Convenzione europea dei diritti umani.

Questa posizione è stata fortemente ribadita nel 2018 nella sentenza del caso Alekseyev v. Russia, in cui la Corte ha sottolineato che il divieto di un’assemblea pubblica LGBTQIA imposta dalle autorità locali non è accettabile in una società democratica e che di conseguenza non vi sono motivazioni valide per ritenere un tale divieto necessario.

bandiera arcobaleno

La situazione peggiora

In Polonia la situazione è peggiorata in seguito all’assassinio del sindaco di Danzica, Paweł Adamowicz. Il politico, sostenitore dei diritti delle minoranze sessuali, è stato ucciso durante un evento pubblico. Questa tragedia ha lasciato la comunità LGBTQIA polacca senza un prezioso alleato politico, malgrado un mese fa la popolazione abbia eletto a succedergli, con oltre l’80% dei consensi, Aleksandra Dulkiewicz, che ha posizioni molto simili a quelle di Adamowicz.

È evidente come la crescente avversione verso le minoranze sessuali nel paese non permetta la creazione di un dialogo positivo: le possibilità di una futura apertura sul tema sembrano alquanto remote. Infatti, il clima propagandistico anti-LGBTQIA in previsione delle due importanti elezioni di quest’anno (le europee e le politiche, previste in autunno) si sta già facendo sentire.

Propaganda anti-LGBT

Nel paese infatti il riconoscimento dei diritti delle minoranze sessuali fa ancora fatica ad affermarsi. Soltanto qualche mese fa, il presidente della Polonia auspicava una legge sulla propaganda gay, prendendo come esempio quella in vigore in Russia.

Il partito al potere, Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e Giustizia; PiS), ha recentemente affermato che il supporto all’educazione LGBTQIA deriva dal liberismo occidentale e si scontra con i valori cattolici tradizionali. È chiaro come il discorso contro le minoranze sessuali nel paese si stia facendo molto più violento e deciso.

In previsione delle prossime elezioni, il ricorso a idee conservatrici di ispirazione cattolica e il rifiuto di qualsiasi concessione alla comunità LGBTQIA sembrano essere una potente arma politica contro l’affermazione dei diritti e della eguaglianza.

Antonella Cariello
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Silar (CC BY-SA 4.0)

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