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Per molti suona come un film già visto e, in un certo senso, lo è. Ricorda da vicino il ragazzo a tavola che inquadrato di fronte (dal punto di vista dei genitori), confessa di essere eterosessuale: poi la camera stacca sui due padri che deglutiscono e vanno avanti a mangiare facendosi andar giù il boccone amaro (il video era uno spot a favore dell’adozione per i gay reperibile su YouTube).

Ma la notizia è in realtà molto diversa ed è quella di una storia di confusione ed autoaccettazione, ma anche di un nucleo familiare aperto e disponibile. Michael è un ventunenne di Køge, una cittadina 40 chilometri a sud di Copenhagen: per anni porta a casa solo amici maschi, si appassiona al teatro più che alla Champions League, non ama la birra. Per gli stereotipi, che pure nella provincia danese faticano a scomparire, ce n’è a sufficienza per aspettarsi che il ragazzo sia gay. Lui stesso non deve avere avuto le idee chiare per un bel po’, ma ha certamente avuto una famiglia che l’ha protetto dalle facili ironie.

Va detto che non siamo in capo al mondo: Køge è collegata con un treno DSB suburbano per la capitale ogni dieci minuti dalle 5 del mattino a mezzanotte, il tempo di percorrenza è di quaranta minuti. Copenhagen è una città molto aperta e tollerante, vanta la prima unione civile tra le persone dello stesso sesso (per approfondire: Il Grande Colibrì) ma anche il Centralhjornet, primo locale apertamente dedicato alla clientela omosessuale al mondo, risalente agli anni Trenta. Insomma, fosse stato gay, con una famiglia molto aperta e un contesto piuttosto ovattato, non avrebbe certo avuto problemi.

Ma Michael ha da qualche tempo raggiunto la sua certezza sul sesso: aveva, in realtà, già incontrato una ragazza con cui aveva intrattenuto una relazione, ma da pochi giorni ha deciso di parlare con la famiglia e gli amici, per raccontare a tutti che è eterosessuale.

La reazione, tuttavia, assomiglia più di ogni altro particolare al filmato citato all’inizio: i genitori del ventunenne infatti, pur non essendo una coppia gay come nello spot, si erano probabilmente abituati alla presunta condizione del figlio e hanno tradito un po’ di delusione. Il padre è forse un po’ preoccupato all’inedita prospettiva di trovarsi presto dei nipotini per casa; la madre teme che non andrà più in compagnia del figlio a vedere i musical e gli spettacoli di danza.

Geniale la conclusione che offre Micahel della sua vicenda: “Spero di essere d’esempio per altri ragazzi eterosessuali. Oggi non è più così pericoloso dichiararsi etero: certo ci sono ancora un sacco di pregiudizi nei confronti delle camicie da boscaiolo, delle riviste porno e della birra, ma io sono un ragazzo tranquillo, non molto pruriginoso e al calcio preferisco Cats” (TokokoPosten).

Michele Benini
©2012 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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