Skip to main content

La campagna astensionista promossa da un gruppo di realtà ungheresi, tra le quali spiccano Háttér Társaság (Società in background) e la sezione locale di Amnesty International, ha avuto il suo effetto ed il referendum abrogativo (ma che nelle intenzioni del governo doveva essere confermativo) di quattro parti della discussa legge ungherese “per la tutela dei bambini” non ha raggiunto il quorum.

Il referendum si è tenuto contemporaneamente alle elezioni politiche (che hanno visto una larga vittoria di Fidesz), e questa iniziativa era stata presa dal governo di Budapest anche per scongiurare il pericolo della mancanza del quorum.

Ma al 31,50% delle persone che non si sono recate a votare neanche per il parlamento, si è aggiunto il 20,91% dell’elettorato che, pur recandosi ai seggi per le politiche, ha annullato volontariamente la scheda referendaria. I voti validi sono stati quindi il 47.59% del totale. All’interno dei voti validi, il “no” all’abrogazione della legge aveva avuto tra il 92% ed il 95% delle preferenze nei quattro quesiti. Se dal punto di vista formale, cambia ben poco e l’assurda legge ungherese per la protezione dei bambini, molto simile alla sua omologa russa contro la propaganda lgbt, rimarrà in vigore, dal punto di vista politico si è trattata di una sconfitta per il primo ministro Viktor Orban, che aveva bisogno di poter portare un “volere di popolo” a Bruxelles, dopo le azioni dell’UE contro questa legge discriminatoria contro le persone LGBTQIA+.

Gli attivisti formano due X con tela bianca per incoraggiare gli ungheresi a effettuare un voto non valido al referendum proposto da Fidesz. Foto di REUTERS/Marton Monus

Gli attivisti formano due X con tela bianca per incoraggiare gli ungheresi a effettuare un voto non valido al referendum proposto da Fidesz. Foto di REUTERS/Marton Monus

La richiesta fatta al governo dalle associazioni LGBTQIA+ di cambiare la legge, dopo il risultato referendario ha ricevuto un secco rifiuto.
I cittadini erano chiamati a dare il loro parere se abrogare o no parti della legge “per la difesa dei minori” votata la scorsa estate, in particolare sulla possibilità di fare informazione nelle scuole su orientamento sessuale ed identità di genere senza il permesso dei genitori, se dovesse essere legale fare “propaganda” dei programmi di riassegnazione del genere e se i minori potessero fruire attraverso i media quei contenuti che parlino di identità di genere o di “contenuto sessuale che possa disturbare la loro crescita”.

Gli attivisti formano due X con tela bianca per incoraggiare gli ungheresi a effettuare un voto non valido al referendum proposto da Fidesz. Foto di REUTERS/Marton Monus

Gli attivisti formano due X con tela bianca per incoraggiare gli ungheresi a effettuare un voto non valido al referendum proposto da Fidesz. Foto di REUTERS/Marton Monus

Probabilmente a causa di questa sconfitta, è scattata la vendetta contro chi aveva sostenuto la fatto campagna per l’astensione, e la Commissione Elettorale Nazionale (NVB), all’interno della quale Fidesz, il partito di Viktor Orban, ha la maggioranza, ha multato 16 associazioni (includendone anche alcune che non avevano preso parte alla campagna) per l’equivalente di 430€, e le due principali, appunto Amnesty International ed Háttér Társaság, per 8.000€ ciascuna, per una punizione complessiva di 24.000€.
L’accusa è quella di avere fatto un abuso della legge favorendo l’astensione e l’annullamento del voto (le associazioni chiedevano di segnare sia il “sì” che il “no”), in quanto una campagna non dovrebbe andare contro il diritto di voto sancito in costituzione.

“È chiaro – ha dichiarato Dávid Vig, a capo di Amnesty International in Ungheria in un comunicato congiunto con le altre associazioni – che stiano cercando di ridurci al silenzio perché la nostra campagna ha avuto successo”, ed ha annunciato che la sua organizzazione farà ricorso al tribunale regionale.

Per Luca Dudits della direzione di Háttér Society, “il fatto che il referendum non sia valido, ha dato speranza a molte persone. Non lasceremo che questa ci possa essere portata via e continueremo a lavorare per un’Ungheria sicura e libera per tuttə”.

In Ungheria si sono tenuti sette referendum dal 1989, e solo due di questi hanno raggiunto il quorum del 50%.

 

 

Alessandro Garzi
©2022 Il Grande Colibrì
immagine: elaborazione da foto di Marton Monus da Reuters

 

Alessandro Garzi: “Ho sempre avuto un interesse per i diritti civili. Al momento, cerco di capire qualcosa sulle politiche verso le persone LGBTQIA+ nei paesi dell’Europa centrale ed orientale, e di far conoscere cosa sia l’orientamento asessuale e il mondo che lo circonda” > leggi tutti i suoi articoli

Leave a Reply