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Il Venezuela è nel caos, a causa di una tremenda crisi economica che va avanti da 5 anni alla quale, probabilmente, hanno contribuito anche le politiche delle amministrazioni “chaviste” che si sono succedute nell’ultimo ventennio.

L’inflazione in Venezuela è tra le più alte nel XXI secolo, anche se questi calcoli sono difficili da fare dato che, come ha detto l’economista Steve Hanke della Johns Hopkins University, la Banca centrale avrebbe diffuso dati “non adeguati” dal 2016. Secondo l’opposizione, il tasso di inflazione era del 4.000% nel 2017, ma nel luglio del 2018 la commissione dell’Assemblea nazionale ha riportato che i prezzi raddoppiavano ogni 28 giorni, portando a un’inflazione del 25.000%. Bloomberg ha calcolato tassi ancora più elevati (448.000%).

Il dibattito in Venezuela

La scomparsa dei beni di prima necessità ha generato un esodo verso i paesi vicini che rappresenta una delle peggiori emergenze di questo tipo in Sudamerica. Intanto l’Assemblea nazionale, il parlamento monocamerale venezuelano, con una maggioranza non favorevole al presidente Nicolás Maduro, è considerato “in stato di ribellione e oltraggio” da due anni e i suoi provvedimenti sono nulli.

È in questo contesto che 500 “saggi”, tutti vicini all’attuale amministrazione, stanno scrivendo una nuova costituzione per il paese. La nuova assemblea costituente vorrebbe inserire la “milizia”, un corpo formato da “cittadini volontari” (vicini, comunque, alla “rivoluzione bolivariana“) come quinta componente delle forze armate, dopo esercito, marina, aviazione e forze dell’ordine. Un altro punto in discussione è quello che vorrebbe implementare nel testo le “comuni”, una “forma socialista di governo e organizzazione” che sia “nelle mani del popolo“.

Tra le proposte, c’è anche quella di superare il concetto tradizionale di famiglia, permettendo anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e sembra che questo provvedimento goda del favore della maggioranza dei “cinquecento”. Tuttavia il presidente dell’assemblea, Hermann Escarrá, che ha scritto anche l’attuale costituzione “bolivariana”, si dichiara contrario e assicura che difenderà “il concetto classico e tradizionale di famiglia” che non concede nessun diritto alle famiglie omoparentali e che considera come matrimonio soltanto quello tra un uomo e una donna.

Il dibattito a Cuba

Una proposta simile di inclusione delle relazioni tra persone dello stesso sesso nella costituzione è discussa a Cuba, dove si sta scrivendo una nuova carta che dovrà essere ratificata da un referendum a fine 2019. La situazione nell’isola per la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) è decisamente migliorata negli ultimi anni, tanto che una radio di stato trasmette un programma settimanale, “Arcoíris” (Arcobaleno), dedicato proprio alla comunità.

La parte sui matrimoni tra persone dello stesso sesso (l’articolo 68) sembra essere quella dove c’è più dibattito nella stesura della nuova costituzione, anche perché, probabilmente, è l’unico punto dove una discussione può portare effettivamente a qualcosa. Non è neanche lontanamente in discussione, infatti, il sistema politico attuale, ad esempio il ruolo di “guida” riservato al Partido Comunista de Cuba (Partito Comunista di Cuba; PCC) o la censura sull’arte e sull’intrattenimento.

Il matrimonio tra persone dello stesso sesso ha uno “sponsor” piuttosto importante: Mariela Castro Espín, la figlia dell’ex presidente Raúl Castro (e nipote del più noto Fidel), a capo del Centro nazionale per l’educazione sessuale (CENESEX). Ma, nonostante l’appoggio del Partito, la proposta ha diversi avversari.

Opposizione e scetticismo

Ovviamente, al primo posto tra chi si oppone a una norma di questo tipo ci sono le varie chiese, a partire dalla Chiesa cattolica. Per l’arcivescovo di Santiago di Cuba, Dioniso García Ibáñez, il matrimonio tra persone dello stesso sesso è “un’idea aliena alla cultura cubana, un prodotto dell’imperialismo culturale e del colonialismo ideologico“. Inoltre, secondo García Ibáñez, legalizzare questi matrimoni “toglierebbe ai bambini il diritto di avere un padre e una madre“.

Altre chiese presenti a Cuba, come quelle evangeliche, battiste e metodiste, hanno invece puntato il dito sulla solita, quanto inesistente, “ideologia gender” e hanno aggiunto che questa è una cultura che non trova nessun riferimento “nei leader storici della rivoluzione cubana“.

Sono scettici anche gli oppositori: “Per me – dice José Daniel Ferrer, leader dell’Unión Patriótica de Cuba (Unione patriottica di Cuba; UNPACU) – l’articolo 68 è uno specchietto per le allodole, fatto in modo che le persone discutano di questo e non delle cose più importanti, come avere un salario dignitoso, la fine della corruzione e i diritti individuali e politici“.

Ferrer ha comunque puntualizzato che il suo gruppo supporta i diritti delle persone LGBTQIA, ma che non crede “alle buone intenzioni del regime che, dopo aver perseguitato per decenni le persone omosessuali, adesso vuole lavarsi la faccia davanti al mondo e presentarsi come un difensore delle minoranze“.

Alessandro Garzi
©2018 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione di Il Grande Colibrì da Pexels e Kurious (CC0)

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