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Sono giorni molto positivi per il movimento LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) tunisino, che festeggia importanti vittorie e continua a sfornare iniziative interessanti, nonostante chi si oppone ai diritti e all’uguaglianza non si sia ancora arreso e cerchi di escludere le minoranze sessuali dal costante cammino del paese verso una piena democrazia.

Diritto di esistere

A inizio anno, per esempio, il governo aveva chiesto di cancellare il riconoscimento legale dell’associazione Shams (Sole), perché, come aveva scritto l’avvocatura dello stato, la difesa dei diritti delle persone LGBTQIA “va contro le tradizioni dei tunisini che sono musulmani” e i rapporti omosessuali sarebbe vietati tanto dall’islam quanto dall’articolo 230 del Codice penale.

Queste motivazioni avevano indignato le forze laiche e gran parte dell’opinione pubblica e anche l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR) aveva condannato la volontà di chiudere l’associazione. Ora per fortuna è arrivata la sentenza della corte d’appello di Tunisi, che ha stabilito che Shams ha il diritto di esistere e di esercitare le proprie attività.

Attivisti coraggiosi

La comunità LGBTQIA tunisina festeggia anche il prestigioso premio vinto da Badr Baabou, cofondatore e presidente di Damj (Inclusione), che dal 2011 ha collaborato spesso con Il Grande Colibrì. Baabou, uno dei primi attivisti del paese africano per i diritti delle minoranze sessuali e di altri gruppi emarginati e per la lotta all’HIV/AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili (MST), è stato scelto come attivista dell’anno, nel cinquantesimo anniversario dei moti di Stonewall, da Front Line Defenders: questa importante organizzazione irlandese premia chi in tutto il mondo difende i diritti umani anche a rischio della propria incolumità.

Il premio è stato consegnato a Dublino il 17 maggio, giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. In occasione di questa ricorrenza, un’altra importante associazione arcobaleno tunisina, Mawjoudin (Esistiamo), ha pubblicato un video di Amen Sabtaoui che denuncia la pratica dei matrimoni forzati a cui sono ancora costrette troppe persone omosessuali e bisessuali. Nel cortometraggio una madre cerca di convincere la figlia sui vantaggi e le gioie dell’unirsi all’uomo scelto dalla famiglia, ma la ragazza proclama il suo amore per un’altra donna e rifiuta le nozze.

Alzare la testa

L’effervescenza del movimento LGBTQIA tunisino potrebbe essere una grande fonte di ispirazione per gli attivisti di tutto il mondo, se non ci fosse la convinzione che il “sud arretrato” avrebbe solo da imparare dal “nord avanzato”. Sicuramente la Tunisia rappresenta invece un faro per il resto del mondo arabo, in cui le persone appartenenti a minoranze sessuali continuano a essere perseguitate, ma sempre più spesso rifiutano di abbassare la testa.

Succede così che a Tafraout, una cittadina berbera nel sud del Marocco, quattro giovani (tre ragazzi e una ragazza) hanno teso un tranello a un presunto omosessuale: lo hanno spogliato nudo e picchiato selvaggiamente, filmando tutto. La vittima, invece di andare a leccarsi le ferite nella solitudine e nella vergogna, è andata a sporgere denuncia. Tre degli aggressori sono stati arrestati e subiranno un processo. Non è più tempo di subire in silenzio e al buio: il canto di attivisti come Badr Baabou ha annunciato un’alba nuova.

Pier Cesare Notaro
©2019 Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da ouss94 (CC0)

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