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Dall’unica primavera araba sopravvissuta a se stessa e al pugno duro del potere, la Tunisia è preda di atteggiamenti molto divergenti tra loro e, visti da fuori, apparentemente schizofrenici. Si è sempre sul punto di cambiare in meglio le cose, ma probabilmente i tradizionalisti hanno ancora troppo potere perché questo accada e, per esempio, l’articolo 230 del codice penale che colpisce i comportamenti sessuali “innaturali” è ancora lì e le associazioni LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) sono sempre sul punto di essere messe nuovamente fuori legge.

In questi giorni è tornata sotto i riflettori, per esempio, una conquista che sembrava ormai assodata. Poco più di tre anni fa l’associazione Shams (Sole) ottenne un riconoscimento legale che quasi subito si tentò di toglierle e che fu salvato anche grazie alla mobilitazione internazionale, tra cui spiccò quella italiana in molte delle manifestazioni di appoggio alla legge Cirinnà del 23 gennaio 2016.

Allarme laicità

Sembrava tutto finito e sepolto, ma cinque giorni fa l’associazione ha ricevuto la comunicazione giudiziaria che lo stato tunisino ha fatto ricorso contro quella sentenza: l’associazione “non può continuare le sue attività che vanno contro le tradizioni dei tunisini che sono musulmani”, motiva l’avvocatura dello stato nel suo ricorso, aggiungendo che “l’islam vieta queste pratiche che sono ugualmente proibite dalla legge tunisina in virtù dell’articolo 230 del Codice penale”.

Il fatto che i funzionari che hanno difeso il ricorso dello stato facciano riferimento al partito islamista Ennahdha (Rinascita) è particolarmente sospetto: Yüsra Nemlaghi, giornalista dell’importante sito di informazione Kapitalis, si chiede come mai tanto zelo si indirizzi verso un’associazione pacifica senza mai prendere di mira un partito islamista radicale come Hezb Ettahrir (Partito della Liberazione), che non riconosce lo stato, la costituzione, il parlamento e la bandiera nazionale e lotta per la restaurazione del califfato e della sharia.

Michele Benini
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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