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“Continuate a celebrare l’anno nuovo, mentre così tanti giornalisti sono in stato di arresto, così tanti bambini vengono molestati e violentati, la corruzione e l’abuso di potere sono a livelli esagerati e i bigotti condividono la loro merda per strada con i predicatori religiosi. Anneghi nella tua merda, Turchia”: il video [vedi qui sotto] che lo stilista turco Barbaros Şansal ha postato su Twitter per Capodanno non usava grandi giri di parole per descrivere la situazione nel paese mediorientale.

https://www.youtube.com/watch?v=Oqdogr0FCII

D’altra parte Şansal, che è anche un noto attivista per i diritti delle persone LGBTQI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali), non è mai stato tenero con il governo dell’islamista Adalet ve Kalkınma Partisi (Partito per la giustizia e lo sviluppo; AKP) e con il presidente Recep Tayyip Erdogan.

Questa volta, però, lo stilista ha avuto la sfortuna di pubblicare un messaggio critico con il potere legato al Capodanno poche ore prima dell’attentato rivendicato dall’ISIS al Reina, la discoteca di Istanbul in cui un killer vestito da Babbo Natale ha ucciso 39 persone e ne ha ferite altre 70 proprio mentre festeggiavano l’arrivo dell’anno nuovo. Chi vuole reprimere ogni voce dissidente ne ha subito approfittato per strumentalizzare la denuncia di Şansal e per fare montare uno scandalo gigantesco.

ESPULSO, AGGREDITO, FERITO E… ARRESTATO!

Il primo provvedimento inquietante è stata l’espulsione dello stilista da Cipro del Nord, la repubblica autoproclamata controllata dalla Turchia in cui Şansal era in vacanza. Ma questo fatto, pur essendo molto grave, è stato solo il primo passo di una vicenda che conferma per l’ennesima volta come in Turchia le violazioni dei diritti fondamentali e della logica siano ormai questione di tutti i giorni.

Atterrato all’Aeroporto di Istanbul-Atatürk, Şansal è stato aggredito fisicamente e verbalmente, con insulti legati al suo “tradimento” e soprattutto al suo orientamento sessuale, da un gruppo di passeggeri, aiutati da alcuni addetti ai bagagli, sotto gli occhi di poliziotti che non hanno fatto molto per fermare la violenza. Gli aggressori, che sono stati ripresi in un video [vedi qui sotto] diventato virale, hanno spiegato alla BBC di non aver potuto frenare i propri “sentimenti nazionali”.

https://www.youtube.com/watch?v=GQMAt4oQ8_A

Il colmo è stato che, al termine dell’aggressione, l’unica persona fermata dalle forze dell’ordine e portata in carcere, nonostante fosse ferita, è stato lo stesso Barbaros Şansal, con l’accusa di “incitamento pubblico all’odio”. La sorte dello stilista purtroppo non sorprende: dal fallito colpo di stato del 16 luglio 2016 sono state arrestate quasi 16mila persone, spesso per l’unica colpa di opporsi al potere dispotico (e assetato di vendetta) di Erdogan.

LA COMUNITÀ LGBQTI NEL MIRINO DELLA POLIZIA

Anche difendere le persone detenute è ormai un atto di coraggio. Tra le poche voci che hanno osato protestare c’è l’associazione omosessuale Kaos GL, che ha scritto: “Se si esprime la propria opinione, per risposta non si può diventare il bersaglio dei giornali, essere deportati, finire sotto custodia o subire un tentativo di linciaggio!”. Gli attivisti LGBTQI non hanno esitato neppure a definire l’attacco contro Barbaros Şansal come un “crimine d’odio”, in cui l’omofobia ha avuto un ruolo importante.

L’associazione ha chiesto l’immediata liberazione dello stilista, ma anche di Uğur Büber, studente e attivista gay della provincia di Balıkesir, arrestato il 27 dicembre con l’accusa di terrorismo perché aveva criticato in alcuni messaggi privati sui social network le violenze della polizia e un massacro contro la comunità degli aleviti, una minoranza musulmana.

E non si può dimenticare neppure l’arresto di Levent Pişkin, attivista per i diritti umani, difensore delle donne e delle persone LGBTQI e avvocato vicino all’Halkların Demokratik Partisi (Partito Democratico del Popolo; HDP), forza politica che rappresenta e difende i curdi [Il Grande Colibrì].

LA REPRESSIONE CONTRO DISSIDENTI E LAICI

Sicuramente il governo non se la sta prendendo solo con le persone LGBTQI, ma, più in generale, con chi difende la democrazia, i diritti e la laicità. Prima della strage del Reina, avevano pronunciato parole di fuoco contro il Natale e il Capodanno, presi come simboli di un’occidentalizzazione disprezzata, tanto alcuni gruppi nazionalisti e fondamentalisti quanto alcune autorità pubbliche: Mehmet Görmez, a capo della Presidenza degli affari religiosi, aveva diffuso sermoni in cui definiva la festa come “illegittima” perché “non ha alcun posto nelle tradizioni culturali islamiche e turche” [Hürriyet Daily News].

Le forze laiche sono tra l’incudine terrorista e il martello governativo, come denuncia anche il giornale di opposizione Cumhuriyet dopo l’attentato di Istanbul: “Ecco che la cricca conservatrice fa le sue condoglianze e augura pronta guarigione ai feriti. Come se non avessero decretato che festeggiare il nuovo anno fosse peccaminoso, illecito, imputo, maledetto e – parole pronunciate persino dalle bocche più ufficiali – illegittimo!”.

E allora è proprio difficile dare torto a Barbaros Şansal quando dice che la Turchia sta affondando nella merda.

 

Pier
©2017 Il Grande Colibrì

 

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