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Il piano del governatore di Dar es Salaam, principale città della Tanzania, per lanciare una gigantesca caccia agli omosessuali è stato sconfessato anche dal governo nazionale del paese africano, forse grazie alle pressioni delle organizzazioni non governative (ONG) e dell’Unione Europea (UE). Ma il pericolo non è affatto passato: anche se il piano fosse formalmente abbandonato, è comunque destinato a produrre gravi danni.

Paul Makonda, commissario regionale di Dar es Salaam, è abituato a minacciare, anche di morte, le persone omosessuali, ma settimana scorsa ha superato sé stesso, facendo parlare tutto il mondo: ha promesso, infatti, di lanciare una grande campagna di arresti contro gay e lesbiche (ma anche sex worker), chiedendo ai cittadini di denunciarli alle pubbliche autorità. Inoltre ha annunciato la formazione di una squadra speciale di 17 persone per identificare gli omosessuali sui social network, facilitandone la cattura.

La Tanzania frena l’omofobia?

Dopo la denuncia delle organizzazioni per i diritti umani, domenica il ministero degli esteri di Dodoma ha pubblicato sul proprio sito web un comunicato per precisare che Makonda avrebbe espresso un’opinione personale, mentre il governo della Tanzania “continuerà a rispettare tutti gli accordi internazionali sui diritti umani firmati e ratificati“. Parole condivisibili, se non fosse che per la legge tanzaniana i rapporti sessuali omosessuali possono essere puniti addirittura con l’ergastolo.

La presa di posizione ministeriale, insomma, in realtà non significa granché e sembra cercare solamente di tranquillizzare i governi stranieri che hanno espresso preoccupazione per l’annuncio di Makonda, a partire dall’Unione Europea: Bruxelles ha deciso di richiamare il proprio rappresentante a Dodoma. Anche gli Stati Uniti hanno lanciato un’allerta ai propri cittadini LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) presenti nel paese africano, avvertendo di fare molta attenzione anche nell’uso di internet.

Gay in Tanzania: quale futuro?

A questo punto non è chiaro se le minacce di Makonda si realizzeranno o no: secondo una fonte locale consultata da Il Grande Colibrì, il governatore di Dar es Salaam potrebbe “semplicemente” pubblicare il nome di un centinaio di gay, veri o presunti, e lasciare che la punizione arrivi dal resto della popolazione. L’attivista racconta che alcuni omosessuali si sono già nascosti o stanno cercando di fuggire dal paese, temendo un outing che potrebbe scatenare reazioni molto violente.

Dal 2015, infatti, l’omofobia è esplosa in Tanzania, uno stato considerato fino ad allora come relativamente tollerante: appena arrivato al potere, il presidente John Magufuli ha dichiarato guerra agli omosessuali, usandoli come capro espiatorio per ogni problema del paese. Da allora, non solo sono moltiplicati gli arresti, spesso di massa e senza fondamento legale, ma è peggiorato notevolmente anche l’atteggiamento della popolazione nei confronti delle minoranze sessuali.

L’attivista Geofry Mashala, rifugiatosi in California, ha raccontato: “Sei sull’autobus o per strada e due o tre iniziano a urlare: ‘Ehi, è gay, è gay!’. Si aggiungono subito 10 o 20 persone e iniziano ad aggredirti per strada. E non puoi farci nulla: non puoi andare dalla polizia, non puoi chiedere aiuto a qualcuno“. Erin Kilbride, coordinatrice dell’organizzazione per i diritti umani Front Line Defenders (Difensori in prima linea), aggiunge che le persone omosessuali sono spesso picchiate e violentate mentre sono sotto la custodia della polizia.

Pier Cesare Notaro
©2018 Il Grande Colibrì
foto: Max Pixel (CC0)

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