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In Camerun, la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex, asessuali) è costantemente sotto attacco.
Soprusi, discriminazioni e violenze si susseguono a ritmo incalzante e con essi gli arresti che, nei giorni scorsi, hanno fatto finire dietro le sbarre Shakiro, una giovane donna trans di Douala molto nota come influencer e apprezzata per il suo impegno in favore dei diritti della comunitĂ  LGBTQIA del suo paese

Li e la sua amica Patricia sono state fermate da alcuni poliziotti mentre passeggiavano nelle strade del quartiere di Nkoulouloun, a Douala, la città dove entrambe abitano. Dopo aver chiesto loro di esibire i documenti di identità, gli agenti le hanno arrestate e condotte in carcere. Le accuse nei loro confronti sono di mancato possesso dei documenti di riconoscimento, di oltraggio del pudore (a chiamare la polizia sarebbero stati alcuni uomini che giudicavano indegno e indecoroso l’abbigliamento delle ragazze) e di violazione dell’articolo 347-1 del codice penale camerunense, che, di fatto, considera l’omosessualità un reato punibile con pene che vanno dai 6 mesi ai 5 anni di carcere (lo stesso trattamento è poi esteso dalle autorità anche al transgenderismo).

Abusi e torture

E in carcere sono purtroppo finite anche Shakiro e Patricia: per loro, dopo un breve e sommario processo, si sono purtroppo spalancate le porte della prigione di New-Bell, a Douala. Inutile dire che le condizioni in cui versano entrambe le detenute sono a dir poco strazianti: oltre ad aver subito abusi e torture da parte dei poliziotti incaricati di tenerle in custodia, le due donne sono anche state private dei rispettivi telefoni, oltre che della possibilitĂ  di ricevere visite e assistenza legale.

Come se tutto questo ancora non bastasse, Shakiro e Patricia sono anche costrette a condividere i ristrettissimi spazi della loro cella con piĂą di altri 30 detenuti, tutti uomini. Come ha raccontato la stessa Shakiro, i compagni di cella le avrebbero piĂą volte rese oggetto di soprusi, offese e minacce di morte. “Patricia e io siamo traumatizzate” ha sottolineato amaramente la donna, aggiungendo che quella che lei e l’amica stanno vivendo è una situazione particolarmente tesa e sempre meno sopportabile.

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La preoccupazione e lo sconcerto per le sorti di Patricia e Shakiro hanno spinto Working For Our Wellbeing (Lavorare per il nostro benessere), un’associazione camerunense in favore dei diritti LGBTQIA, a scendere in campo per aiutarle: nel tentativo di fornire un aiuto concreto, questa organizzazione ha lanciato una petizione attraverso la piattaforma All Out.  Nel testo, che è indirizzato direttamente al ministro della giustizia camerunense, si descrivono chiaramente le pessime condizioni di vita delle due recluse e si chiede con fermezza il loro rilascio.

La speranza che Shakiro e Patricia possano presto tornare libere cozza però irrimediabilmente con le posizioni di chi ritiene l’omosessualità “una devianza vecchia come il mondo” e le persone LGBTQIA degli esseri disgustosi e privi del benché minimo senso morale. Se poi a tutto questo si aggiunge anche una spruzzata di complottismo spicciolo (la richiesta di rilascio di Shakiro sarebbe solo un modo per attirare sul Camerun la non richiesta attenzione del neo presidente statunitense Joe Biden) si può davvero concludere che le speranze per il prossimo futuro sono ben poco rosee.

La strada per cancellare le discriminazioni omofobe dal paese africano è ancora molto lunga. Di passi in avanti ce ne sono da fare davvero tanti. Per il momento, l’unica cosa che si sa con certezza è che l’udienza del processo di Shakiro e Patricia è stata fissata al 10 marzo.

Nicola Zaramella
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: Il Grande Colibrì / elaborazione da Matthew Henry (CC0)

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